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10 grandi performance live di Layne Staley, con e senza Alice in Chains

Il 5 aprile 2002 moriva uno dei grandi cantanti anni '90. Lo ricordiamo con una selezione delle sue migliori esibizioni dal vivo, dal metal anni '80 con gli Sleze all'Unplugged, passando per i Mad Season

Foto: Frank Micelotta/Getty Images

Il cantante degli Alice in Chains, Layne Staley, è scomparso il 5 aprile 2002: la sua morte non è stata una sorpresa per chi lo conosceva bene e per chi ha seguito con attenzione la sua carriera. Anche nel periodo di massimo del successo della band di Seattle, non nascondeva la dipendenza dall’eroina. Dopo il 1998 era sparito dalla circolazione.

Anche se è impossibile separare la sua arte dalla sua dipendenza, è bene ricordare che Staley era anzitutto un cantante incredibilmente talentuoso e carismatico, un artista capace di performance da pelle d’oca. Invece di soffermarci sui tragici eventi che hanno portato alla sua morte, meglio goderci queste 10 perle della sua breve ma incredibile carriera.

“False Alarm” Sleze (Lakeside School, 1985)

Pochi sanno che Staley, prima di diventare un cantante, era un discreto batterista. Il cambio è avvenuto nel 1984, anno in cui si è unito agli Sleze, una metal band di ragazzi provenienti da alcune scuole della zona di Seattle. «Eravamo sconvolti dal suo talento», ha detto il chitarrista Johnny Bacolas a Greg Prato, autore del libro Grunge Is Dead. «Aveva già qualità da superstar. Certo, era più timido – mentre cantava guardava per terra – ma la sua voce era già lì, la sua anima veniva già fuori». Staley aveva decisamente superato la sua timidezza il giorno in cui è stata registrata questa performance del brano degli Armored Saint. Il concerto era alla Lakeside School di Seattle: anche vestito con un blazer e con dei pantaloni assurdi è impossibile non immaginarselo tra le divinità del rock.

“Love, Hate, Love” Alice in Chains (Seattle, 1990)

Uno dei brani migliori del debutto degli Alice in Chains, Love, Hate, Love mostra già i segni del passaggio dal metal anni ’80 all’hard rock più claustrofobico, con la voce di Staley al centro della scena. «La sua voce sembrava provenire dal corpo di un biker di 100 chili, non da quella del piccolo Layne», ha detto a Rolling Stone il chitarrista del gruppo Jerry Cantrell. «La sua voce era la mia voce». Questa incredibile performance, registrata al Moore Theater di Seattle per il video Live Facelift, ci permette di capire esattamente di cosa stesse parlando Cantrell.

“It Ain’t Like That” Alice in Chains (dalle riprese di “Singles”, 1991)

Nel 1991 gli Alice in Chains non erano ancora famosi a livello nazionale. È in questo periodo che Cameron Crowe ha ripreso il loro concerto al DeSoto, a Seattle. Il video è apparso in Singles, la commedia romantica del 1992 con sullo sfondo la scena grunge della città. In questa performance adrenalinica – inclusa come bonus della versione BluRay del film – Staley e gli altri componenti del gruppo dominano il palco. Crowe ha raccontato come i dirigenti di Warner Bros fossero piuttosto confusi dalle riprese: «Harry ti presento Sally era il film del momento. Immagino che gli executive avranno pensato: “Ma perché quel tipo con i dread si muove in quel modo?”. “Ehi, Quello è Layne degli Alice in Chains!”. E loro: “E dove sta Billy Crystal? Dai, dacci roba che conosciamo”».

“Man in the Box” Alice in Chains (“ABC in Concert”, 1991)

Il pezzo che apriva Facelift passò parecchio in radio e diventò subito un punto fermo di tutte le scalette dei concerti degli Alice in Chains. Era perfetto per mettere in mostra la qualità della voce di Staley e la sua presenza scenica. «È uno dei frontman più impressionanti che io abbia mai visto. Era cool e inquietante, davvero figo», ha detto Mike Inez, il bassista che ha rimpiazzato Mike Starr nel 1993. Non ci sembra giusto contraddirlo, soprattutto dopo aver visto questa performance estratta da ABC in Concert.

“Junkhead” Alice in Chains (festa di “Singles”, 1992)

Scritta durante il primo di moltissimi periodi di rehab, Junkhead – come del resto Sickman e God Smack, altri due brani di Dirt – racconta la lotta del cantante con la sua ansia e il disprezzo verso se stesso, conseguenze della dipendenza da eroina. Nonostante questo, il produttore di Dirt Dave Jerden fu subito colpito dall’energia e dalla visione del cantante in studio di registrazione, soprattutto durante le incisioni della voce. «Sapeva perfettamente cosa fare prima ancora di iniziare. Mi diceva solo: “Fammi fare un’altra traccia, voglio sovraincidere questa frase”. Sapeva tutto, ci diceva cosa fare e noi lo facevamo», ha detto il produttore all’Atlantic. Nonostante i suoi demoni, Staley appare incredibilmente concentrato in questa performance registrata al Park Plaza Hotel di Los Angeles due settimane prima dell’uscita del disco.

“God Smack” Alice in Chains (tour con Ozzy Osbourne, 1992)

Tre giorni dopo l’inizio del No More Tours di Ozzy Osbourne, Staley si ruppe il piede nel backstage. Di solito infortuni del genere mettono fine alle tournée, ma in questo caso le cose sono andate diversamente. «La voce era ok e lui non era tipo da ballare sul palco», ha detto Sean Kinney a Rolling Stone. L’infortunio, paradossalmente, ha aggiunto un elemento teatrale alla performance. Staley faceva God Smack in sedia a rotelle e, come si vede in questa clip, cantava da dio anche da seduto. «Mi piaceva da morire l’effetto-sedia-a-rotelle. Non so, lo faceva sembrare più cattivo», ha detto il bassista Mike Starr.

“Would?” Alice in Chains (Rio de Janeiro, 1993)

Scritta da Jerry Cantrell, Would? è diventata subito una delle canzoni più note degli Alice in Chains, un perfetto distillato dell’essenza della band: tre minuti di riff potentissimi, ritornelli spaventosi e atmosfere e disperate. Il brano, poi, è un perfetto esempio dell’unicità degli arrangiamenti vocali di Staley e Cantrell. Non solo le loro voci si mescolavano alla perfezione, ma le armonizzazioni erano fondamentali. «Ho iniziato a cantare solo ed esclusivamente grazie a lui», ha detto a MTV News Sully Erna, il frontman dei Godsmack. «Cantrell e Staley erano il team migliore del mondo per me, secondi solo a Joe Perry e Steven Tayler. Il modo in cui si armonizzavano, lo stile vocale era una cosa così diversa da tutto quello che si sentiva all’epoca. Era impossibile non esserne influenzati». Questa versione live dimostra come l’intesa tra i due fosse perfettamente replicabile anche sul palco.

“River of Deceit” Mad Season (Seattle, 1995)

Mentre gli Alice in Chains erano temporaneamente in pausa, anche a causa dei problemi di Staley con la droga, il cantante cantava coi Mad Season, il progetto parallelo del chitarrista dei Pearl Jam, Mike McCready. Anche lui veniva da un periodo di riabilitazione e sperava che suonare con musicisti sobri avrebbe aiutato Staley a superare i problemi. «Gli ho detto: “Fai quel che vuoi, scrivi le canzoni e i testi, sei il cantante”. Lui entrava in studio e faceva questi pezzi incredibili», ha detto McCready a Rolling Stone nel 2002. Uno dei brani più interessanti del disco, River of Deceit, è suonato divinamente in questo concerto del 1995, l’ultimo di Staley con i Mad Season.

“Down in a Hole” Alice in Chains (“MTV Unplugged”, 1996)

Gli Alice in Chains hanno registrato la loro performance per MTV Unplugged nella primavera del 1996. I quattro membri della band non suonavano insieme sullo stesso palcoscenico dal 1995. Staley sembrava molto fragile, ma i suoi problemi con la droga hanno dato a Down in a Hole un significato nuovo, più cupo. Il brano, scritto da Cantrell, parlava delle sue difficoltà a conciliare la vita on the road con quella di coppia. Questa performance sembrava offrire qualche speranza, come l’intero set di Unplugged. «Non è facile individuare i pezzi migliori di quel concerto», ha detto Cantrell, «ma non avevamo mai suonato Down in the Hole dal vivo ed è venuta davvero bene».

“Again / We Die Young” Alice in Chains (“Late Show with David Letterman”, 1996)

Solo un mese dopo le registrazioni di Unplugged, gli Alice in Chains hanno suonato al Late Show di David Letterman. Staley era ancora più provato del mese precedente: la sua performance in Again, un singolo estratto dall’album del 1995 Alice in Chains e suonato live per la prima volta, era debole. Nonostante tutte le sue difficoltà, però, l’attacco di We Die Young è da brividi, come se il cantante fosse riuscito in un istante a riaccendere il fuoco della giovinezza. Purtroppo questa è una delle sue ultime apparizioni dal vivo.

«Layne aveva una voce incredibile, piena di bellezza, tristezza e inquietudine», ha detto Billy Corgan degli Smashing Pumpkins, dopo la morte del cantante. «Era unico perché i suoi demoni erano nella sua voce. Ho visto una delle ultime performance degli Alice in Chains, aprivano un concerto dei Kiss al Tiger Stadium. Si esibirono con la luce del sole e fu incredibile. Pensare a quel concerto è un bel modo per ricordare qualcuno che ci mancherà molto».

Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.

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