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10 cose che forse non sapete di ‘My Generation’ degli Who

Un carro funebre, la Regina Madre, un balbettamento, quattro bassi elettrici: ecco com’è nato il grande inno generazionale degli anni ’60

“Spero di morire prima di diventare vecchio” è uno dei versi più celebri nella storia del rock. L’uomo che l’ha scritto, Pete Townshend, ha abbondantemente superato l’età della pensione. La canzone che lo contiene, My Generation, è passata alla storia come l’inno definitivo del conflitto generazionale degli anni ’60. Pubblicata dagli Who come 45 giri nel Regno Unito il 29 ottobre 1965, con Shout and Shimmy sul retro, My Generation nasce nel periodo in cui i rocker inglesi stanno definendo uno stile personale. Smettono di scimmiottare il blues e il r&b americani per diventare la voce della g-g-g-gioventù dell’epoca. Per celebrare la canzone, abbiamo assemblato 10 cose che forse non sapete.

1È dedicata alla Regina Madre

Foto: Evening Standard/Getty Images

Dio salvi la Regina Madre e la sua decisione di far rimuovere un carro funebre parcheggiato nel quartiere di Belgravia. La madre di Elisabetta II non voleva vederlo quando passava di lì, e in quel periodo lo faceva tutti i giorni, perché le ricordava il funerale della buonanima del marito Giorgio VI. Quel mezzo, un Packard V12 del 1936, apparteneva a Pete Townshend che l’aveva comprato con il batterista Keith Moon e il bassista John Entwistle. Incazzato, Townshend dedicò My Generation alla Regina Madre.

2Parla di lotta di classe

Pete Townshend agli Interlet Studios dove i Rolling Stones registravano il loro show televisivo, il 10 dicembre 1968. Foto: Mike Lawn/Fox Photos/Getty Images

Nell’autobiografia Who I Am, l’autore della canzone Pete Townshend racconta che «la sensazione che sentivo crescere in me non era tanto il risentimento verso i potenti che mi circondavano a Belgravia quanto la paura che la loro malattia potesse essere contagiosa». A Townshend non interessava la questione generazionale, ma le differenze di classe. Lui, aspirante rocker, era circondato in quel quartiere da ragazzi che studiavano per diventare la futura classe dirigente. «Le loro abitudini e aspettative obsolete mi sembravano trappole mortali, mentre io mi sentivo vivo e non solo perché ero giovane. Ero vivo davvero perché svincolato dalle tradizioni, dalla proprietà e da certe responsabilità».

3Il titolo è ispirato al drammaturgo David Mercer

Pete Townshend nel giorno del matrimonio con Karen Astley, 1968. Foto: Hulton Archive/Getty Images

Nel dare il titolo alla canzone Townshend si ispirò alla trilogia del drammaturgo David Mercer (1928-1980) intitolata La generazione. «Era un socialista di tendenza marxista» ha scritto Townshend «e il modo di cui si ergeva a paladino degli antieroi della classe operaia mi illustrò in seguito la via per entrare in sintonia con i fan che venivano dai quartieri operai di West London».

4In principio era un talking blues

La canzone più esplosiva del 1965, modello per generazioni di rocker intenzionati a farvi venire gli acufeni, nasce prendendo come modello i talking blues della tradizione americana, brani parlati a metà fra la ballata e il blues lontani dal frastuono del rock. «My Generation è nata come singolo folk», ha spiegato Townshend, che all’epoca era influenzato da Bob Dylan. Non gli sembrava un granché. È stato il produttore Chris Stamp a convincerlo a dare una seconda possibilità alla canzone, trasformandola in un pezzo più duro. Un altro modello era Young Man Blues di Mose Allison, che gli Who rifaranno in modo strepitoso in Live at Leeds, uno dei dischi dal vivo più celebri della storia del rock. Disco che conteneva una versione di My Generation, sì, di 15 minuti di durata.

5Il balbettamento è un’idea del manager

Roger Daltrey nel 1968. Foto: Fox Photos/Getty Images

Presente quando Roger Daltrey canta della sua g-g-g-generazione? Il balbettamento in quello e in altri passaggi è una delle caratteristiche della canzone e spinse la BBC a censurare il pezzo (i dirigenti cambiarono poi idea) perché sembrava una presa in giro dei balbuzienti. Non lo era. Townshend aveva presentato agli altri Who un demo della canzone contenente un lieve balbettamento. Quando il cantante Roger Daltrey cominciò a provare la canzone, lo eliminò. Il manager Kit Lambert gli chiese di tenerlo e, anzi, di sottolinearlo. In fondo, ricordava il farneticare di un mod strafatto. E poi quel «Why don’t you all f-f-f-fade away» faceva pensare a «Why don’t you all f-f-f-uck yourself» che era in fin dei conti il sentimento espresso dalla canzone. «Il balbettamento non era un segno di debolezza», ha scritto Daltrey, «era rabbia contenta a stento». Che ironia: Giorgio VI, il motivo per il quale il carro Packard di Townshend era stato rimosso, era balbuziente – si veda il film con Colin Firth Il discorso del re.

6Deve molto alla musica afroamericana

Il primo album degli Who, intitolato come il singolo My Generation (negli Stati Uniti The Who Sings My Generation), è pieno di cover r&b. E la struttura call-and-response delle strofe, col cantante Roger Daltrey che urla «I hope I die before I get old» e il chitarrista Pete Townshend e il bassista John Entwistle che rispondono «talkin’ ‘bout my generation», è uno schema tipico di quello stile che a sua volta l’ha ereditato dal gospel. My Generation è l’inno di ragazzi bianchi inglesi che amano la musica afroamericana.

7Furono usati quattro bassi elettrici

John Entwistle nel 1975. Foto: Wood/Evening Standard/Hulton Archive/Getty Images

Quante canzoni contenevano assolti di basso elettrico nel 1965? Le altre band, del resto, non avevano John Entwistle. «Stava diventando il più rivoluzionario bassista del momento» ha scritto Townshend «e volevo fornirgli un mezzo per esprimere il suo incredibile modo di suonare». All’epoca, Entwistle usava bassi Danelectro con corde sottili che tendevano a rompersi ed erano difficili da trovare. Quando si rompevano, cambiava basso. Nel corso delle varie session durante le quali il pezzo fu inciso usò tre diversi bassi Danelectro e per la registrazione definitiva un Fender Jazz.

8Le modulazioni sono ispirate ai Kinks

Le modulazioni contenute nella canzone, ovvero i passaggi da una tonalità all’altra che la rendono palpitante, sono ispirate ai Kinks, il gruppo di Ray Davies che, con gli Who, rappresenta col senno di poi l’essenza del rock inglese dell’epoca. Anzi, Townshend temeva di essere accusato di copiare Davies. Pochi anni dopo, Kinks e Who sarebbero diventati indirettamente rivali anche nell’ideazione e nella registrazione di concept album e opere rock.

9Non arrivò al primo posto in classifica

Pochi si ricordano oggi di una canzone intitolata The Carnival Is Over – “Il cuore batteva come un tamburo e il tuo bacio era dolce come vino” – eppure questo pezzo dei Seekers impedì a My Generation di arrivare al primo posto in classifica del Regno Unito, forse a causa della decisione dell’etichetta Decca di non stampare copie del 45 giri in quantità sufficiente. Negli Stati Uniti, dove il lato B era Out in the Street, il singolo si fermò al 74esimo posto.

10È amata dai punk

Una decina d’anni dopo My Generation i punk s’affacciarono sulle scena inglese ripromettendosi di fare piazza pulita dei vecchi scoreggioni… pardon, dei vecchi rocker. Tranne di una certa band che amavano per la violenza sonora e lo spirito iconoclasta: gli Who. In Inghilterra i Sex Pistols rifecero Substitute e I’m a Boy. Per molti è My Generation la prima canzone punk-rock della storia, ma la sua influenza è vasta e duratura. È stata rifatta in sala d’incisione e in concerto da Oasis, Green Day, Pearl Jam, Melvins, Iron Maiden, Hollywood Vampires, persino da Hillary Duff. La versione più celebre è forse quella punk-rock di Patti Smith, che la piazzò sul lato B del singolo Gloria aggiungendo nel finale l’urlo straziante “I’m so goddamn young!”. Il basso è suonato da John Cale dei Velvet Underground.

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