La scena di Sheffield in 10 album | Rolling Stone Italia
Raccontare il futuro

10 album per capire la scena di Sheffield degli anni ’80

Spaziando tra synth pop, industrial e sperimentazioni elettroniche, la città inglese è stata culla di un’evoluzione unica che a partire dagli anni ’70 ha sfidato l’egemonia cultural-musicale londinese

10 album per capire la scena di Sheffield degli anni ’80

Gli Human League nel 1986

Foto: Fryderyk Gabowicz/picture alliance via Getty Images

Dalla seconda metà degli anni ’70 Sheffield si era trasformata in quel party di periferia che è un po’ di nicchia, che invita a suonare sconosciuti che mettono musica strana, ma di cui poco a poco cominciano tutti a parlare. La città del South Yorkshire, particolarmente nota per essere riferimento industriale per la produzione dell’acciaio, aveva innescato in quel momento un discorso che negli anni cambierà la mappa Londra-centrica dell’alternative music in Regno Unito, portando al successo internazionale nomi come Human League, Cabaret Voltaire (e Richard H. Kirk anche nel progetto da solista), Pulp e altri collettivi, band e formazioni che nel tempo giocheranno con sperimentazione eccentrica, new wave dadaista e forme embrionali di techno tra synth pop, industrial, psichedelia, fino ad arrivare a larghi passi a scombinare le carte del versante elettronico.

Ne ripercorriamo le tappe più significative in 10 album che spiegano questo melting pot di spinte creative tanto suggestive quanto significative per mettere il Regno Unito, a cavallo tra ’70 e ’80, ancor di più al centro della mappa.

Dare

The Human League

1981

Se non il capitolo più avanguardista del lotto sicuramente il più popolare: Dare è una delle prime tappe che disegnano la svolta di casa Sheffield. Formati inizialmente da Martyn Ware e Ian Craig Marsh, che successivamente invitano un vecchio amico di scuola a completare la band (Philip Oakey), gli Human League nascono da diversi progetti smanettoni che flirtano con l’elettronica e il glam rock (The Future). Di lì a poco, con l’uscita di scena di Ware e Marsh a formare gli Heaven 17, il superstite Oakey recluta le cantanti Joanne Catherall e Susan Ann Sulley e, sotto le pressioni della Virgin Records, torna su un linguaggio più pop e morbido, funzionale però se unito alle possibilità di synth e sequencer di primissima mano. Trascinato dal successo inarrestabile di Don’t You Want Me l’album raggiunge le vette delle classifiche in Regno Unito e sperimenta anche le prime forme di promozione pop vere e proprie, con il video del brano che esce in concomitanza con il lancio di MTV. L’alba del synth pop e dei tastieroni elettronici nella musica radiofonica comincia qui.

Penthouse and Pavement

Heaven 17

1981

Pur non riuscendo nell’impresa di replicare il successo degli ex colleghi, i “separatisti” dell’originaria formazione degli Human League, Martyn Ware e Ian Craig Marsh, debuttano su Virgin con un album che continua a far crescere l’hype attorno al nuovo corso synth pop di Sheffield. Il singolo scelto per lanciare il disco, (We Don’t Need This) Fascist Groove Thang, ha inoltre una storia particolare: nonostante un promettente inizio viene bannata dagli airplay di BBC perché contenente (tra le altre goliardiche trovate) un velato dark humour contro Ronald Reagan, appena eletto presidente degli Stati Uniti, che nel testo viene tacciato di fascismo.

Red Mecca

Cabaret Voltaire

1981

Il nome della band ispirato al nightclub di Zurigo che diventò riferimento per il movimento dadaista nei primi del Novecento, quello dell’album al club che cambiò la cultura musicale di Sheffield negli anni ’80 (il Jive Turkey, la mecca della scena black del soul, funk, jazz, disco). Tutti i presupposti, insomma, che garantiscono ai Cabaret Voltaire un ruolo pesante in questo contesto. Stephen Mallinder, Richard H. Kirk e Chris Watson lavorano a lungo nell’ombra mescolando le loro origini post-punk alle tape machine elettroniche scrutando quanto fatto dai Roxy Music e studiando le sperimentazioni di Brian Eno. Red Mecca è tra le primissime uscite del gruppo a vedere la luce, ma ci mette poco a raggiungere la vetta della UK Independent Albums Charts, avvolgendo la scena in un suono industrial cupo e dalle tinte sci-fi e forgiando un suono che avrebbe cementato il tocco della narrativa Sheffield-centrica.

It

Pulp

1983

Si tratta dell’album di debutto per la band di Jarvis Cocker, e seppur sicuramente dentro territori più indie rock rispetto ciò che il suono di Sheffield stava raccontando, si avventura in maniera interessante in un’evoluzione psichedelica e folk, tra ispirazioni e riferimenti a Leonard Cohen e il suono dei colleghi di Manchester, gli Smiths. It mette in risalto un linguaggio diviso tra lirismo romantico e melodie nebulose, anticipando però anche alcune idee del brit pop che li avrebbe consacrati una decina di anni dopo con titoli come His ’n’ Hers (1994), Different Class (1995) e This Is Hardcore (1998).

Advantage

Clock DVA

1983

Dichiaratamente ispirati ad Arancia meccanica di Anthony Burgess per il nome, Adolphus Newton e Steve Turner collaborano con il collettivo The Studs – dove militano anche membri di Cabaret Voltaire – e nel progetto The Future con alcuni membri degli Human League. Advantage è il terzo album a vedere la luce dopo diverse variazioni nella formazione – che a questo punto contava il chitarrista dei Siouxsie and the Banshees, John Valentine Carruthers – in un intreccio di nomi che vede associarsi alcune delle personalità più di spicco per la musica che stava cambiando il suono del Regno Unito. È uno degli altri tasselli che fanno saltare il banco (viene pubblicato dalla Polydor), combinando rumore bianco e musica concreta su tappeti di sassofono e batteria.

Into the Gap

Thompson Twins

1984

Attivi per poco più di dieci anni, i Thompson Twins fanno in tempo ad esibirsi con Madonna durante lo storico Live Aid tenutosi a Philadelphia nel 1985. Particolarmente attenti a mutare le loro origini new wave in una corazza pop, in Into the Gap piazzano due singoli — Doctor! Doctor! e You Take Me Up – che raggiunsero rispettivamente la terza e seconda posizione della classifica inglese. Diventati successivamente un duo dopo l’uscita di Joe Leeway dalla band e nonostante un discreto successo commerciale che li fa arrivare negli States, i Thompson Twins si sciolgono ad inizio anni ’90 per dedicarsi ad altri progetti.

Black Jesus Voice

Richard H. Kirk

1986

Black Jesus Voice è il terzo lavoro da solista di Richard H. Kirk, padrino della scena industrial di Sheffield e mente dietro le intuizioni futuristiche che i Cabaret Voltaire stavano lanciando con una fionda impazzita sulla scena. Pur rimanendo in quel periodo nei Cabaret Voltaire, Kirk avvia diversi progetti sotto diversi alias, per se stesso e per altri. In questo lavoro si cimenta in una trasposizione matta ma allo stesso tempo elegante di sonorità che ricordano Brian Eno e David Byrne travolte in una nebbia industrial-elettronica. Tra le decine di sperimentazioni di Kirk è quella che anticipa in modo più nitido il linguaggio di Sweet Exorcist, l’alias con cui avrebbe poco dopo intrapreso virate bleep techno e suggerito l’alba di una nuova riconosciuta e significativa cultura dance made in Sheffield

10 Days in an Elevator

Chakk

1986

Band attiva solo per una manciata d’anni e formata da sei membri (tra cui Mark Brydon, che qualche tempo dopo sarebbe diventato più noto con il progetto Moloko insieme a Róisín Murphy), i Chakk giocano un ruolo particolare nel racconto della scena di Sheffield di quel periodo. Dopo il singolo di debutto Out of the Flash, registrato insieme a Kirk e Mallinder dei Cabaret Voltaire, vengono infatti scovati da John Peel che li invita a una sua Peel Session, cosa che gli garantisce abbastanza slancio per produrre il primo vero album, 10 Days in an Elevator. L’anticipo che la MCA dà alla band per quel debutto è diventato una sorta di leggenda visto che con quei soldi il gruppo finanziò nel 1985 la costruzione del primo grande studio di registrazione commerciale di Sheffield, il FON (acronimo di Fuck Off Nazis) che diventerà particolarmente noto per essere stato il primo con registratori a 24 tracce nel South Yorkshire (tra i clienti ci sarà anche David Bowie). Con una curiosa traiettoria, qualche anno dopo a rilevare lo studio sarà Robert Gordon, già produttore e ingegnere del suono dei Chakk, che con Steve Beckett e Rob Mitchell, due appassionati raver che lavoravano nel negozio di dischi interno al FON stesso, darà vita alla Warp Records, un’altra e più recente narrativa di successo made in Sheffield, capace di consegnare alla storia altre folli esplorazioni sonore.

Köda

In the Nursery

1988

I gemelli Nigel e Klive Humberstone, forse tra i nomi più di nicchia di questa lista, sono tra i pochi progetti rimasti ancora attivi di questa lunga storia, partita ormai quasi quarant’anni fa. Il loro percorso è però inverso alla maggior parte dei colleghi di Sheffield: cresciuti nella periferia di Londra i due raggiunsero Sheffield per motivi di studio, dopo il liceo, proprio quando tutta questa scena stava per nascere. Köda, così come buona parte della loro discografia, è un omaggio quasi dichiarato alla musica cosmica dei Tangerine Dream e al misticismo dei Popol Vuh e incasella un capitolo sicuramente più unico che raro nell’evoluzione utopico-modernista raccontata dai synth di Cabaret Voltaire e soci. Per quanto più distante dal racconto, resta essenziale per capire più da vicino le diverse sfaccettature di un’evoluzione sonora tanto turbolenta quanto ispirata.

CC EP

Sweet Exorcist

199

 

Conosciuto anche come Clonk’s Coming, CC è il primo EP del progetto Sweet Exorcist, che nel nome si ispira all’album del 1974 di Curtis Mayfield e che rappresenta il nuovo corso delle frenetiche intuizioni di Richard H. Kirk. Arrivato al gate degli ancor più futuristici anni ’90, qui fa combo con Richard “DJ Parrot” Barratt, resident delle club night del Jive Turkey (di cui raccontavamo proprio in merito alle ispirazioni dei Cabaret Voltaire). L’EP esce poco dopo il celebre singolo di debutto Testone, ovvero una delle primissime release della Warp, segnando in maniera importante il percorso della stessa etichetta. Nelle idee di Kirk e Barratt la label di Sheffield trova un suono distintivo che ne avrebbe fatto le fortune, tra forme proto-bleep techno (o bleep & bass) e un ennesimo nuovo corso per il suono rivoluzionario della città, “condannata” ancora una volta a raccontare il futuro.