Bono e la madre Iris: «Dopo la sua morte, in famiglia non abbiamo più parlato di lei» | Rolling Stone Italia
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Bono e la madre Iris: «Dopo la sua morte, in famiglia non abbiamo più parlato di lei»

In un capitolo tratto dal libro autobiografico 'Surrender', in cui racconta la sua vita in 40 canzoni, il cantante degli U2 ricorda la madre morta quando lui aveva 14 anni. A quel punto «in casa eravamo tre maschi irlandesi che, per scansare il dolore, evitavano di pensare a lei»

Bono e la madre Iris: «Dopo la sua morte, in famiglia non abbiamo più parlato di lei»

Bono

Foto: AFP via Getty Images

Bono ha cantato in pubblico davanti alla madre una sola volta in vita sua. In un capitolo tratto dal libro autobiografico Surrender che uscirà l’1 novembre (in Italia per Mondadori, ndr), il cantante spiega che è stata la morte della donna, avvenuta nel 1974, a spingerlo a cercare di diventare una rockstar.

Nel capitolo “Iris (Hold Me Close)”, che prende nome dalla canzone degli U2 ispirata alla donna, Bono ricorda il giorno in cui la madre è morta improvvisamente a causa di un aneurisma cerebrale. Il futuro cantante degli U2 aveva 14 anni. La donna è collassata al funerale del proprio padre ed è poi morta in ospedale.

«Portano me e Norman [il fratello di Bono] in ospedale per dirle addio. È a mala pena viva. C’è anche il sacerdote Sydney Laing, sto uscendo con sua figlia», scrive il cantante. «Ruth sosta fuori dalla camera, e piange. C’è anche papà. Nei suoi occhi c’è meno vita che in quelli di mamma. Entro in stanza arrabbiato col mondo intero. Non mi capacito che una parte importante di lei già non ci sia più. Le teniamo la mano».

Col senno di poi, Bono pensa di avere ereditato il talento musicale dal padre. La madre neanche sapeva della sua inclinazione. Ricorda, anzi, lo stupore nei suoi occhi quando lo sentì cantare per la prima volta. «Con indosso un tailleur pantalone di mia madre con incollati sopra dei lustrini argentati, apro bocca e tiro giù il locale. Iris non fa che ridere. Sembra sorpresa del fatto che sappia cantare, che abbia un talento musicale», ricorda Bono di quando ha interpretato la parte del faraone nel musical di Andrew Lloyd Webber Joseph and the Amazing Technicolor Dreamcoat.

In casa non c’era un pianoforte, ma Bono restava affascinato dallo strumento ogni qual volta lo vedeva nell’atrio della chiesa. Aveva supplicato i genitori di portare a casa quello che la nonna aveva messo in vendita, ma la madre era convinta che il ragazzo non provasse «alcun interesse nel canto».

«Sono nato con in testa delle melodie e cercavo un modo per farle uscire», scrive Bono. «Iris non cercava in me quel tipo di talento e quindi non lo vedeva». Non ha però mollato e dopo la morte della madre ha paragonato il cambiamento di clima in casa a un’opera lirica, annotando: «Il soggetto dell’opera è l’assenza di una donna chiamata Iris. La musica descrive il silenzio che avvolge la casa e i tre uomini, uno dei quali non è che un ragazzo».

È stato il fratello a insegnargli a suonare la chitarra. «Grazie a lui ho imparato a suonare If I Had a Hammer e Blowin’ in the Wind. Ho capito come fare I Want to Hold Your Hand, Dear Prudence e Here Comes the Sun usando la sua chitarra».

La musica ha aiutato Bono a riprendersi dalla morte della madre, ma la famiglia non è stata più la stessa. «Ho pochi ricordi di mia madre Iris. Idem mio fratello maggiore Norman. La spiegazione più semplice è che, dopo la sua morte, in casa non si è più parlato di lei», scrive il cantante. «Temo però che la verità sia peggiore. E cioè che non abbiamo più pensato a lei. Eravamo tre maschi irlandesi che, per scansare il dolore connesso al ricordo, evitavano di parlare di lei, di pensare a lei».

Iris è una delle 40 canzoni che costituiscono la struttura di Surrender. Il libro racconta la vita di Bono attraverso i dischi degli U2. Ogni capitolo, una canzone. «Surrender, “arrenditi”, è una parola carica di significati per me», afferma Bono in un comunicato stampa. «Essendo cresciuto nell’Irlanda degli anni ’70 con i pugni alzati (musicalmente parlando), non era una prospettiva che mi venisse naturale. È una parola che avevo solo sfiorato prima di mettermi a raccogliere le idee per il libro. Ancora oggi sono umilmente alle prese con questo imperativo».

Tradotto da Rolling Stone US.

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