Rolling Stone Italia

Billy Idol racconta Billy Idol


La rivelazione a un concerto dei Sex Pistols, il colore dei capelli, i synth e il punk, la cocaina: fresco del duetto con Miley Cyrus, il cantante inglese ricorda i momenti chiave della sua carriera

Billy Idol in Munich in June 1984 | usage worldwide Photo by: Fryderyk Gabowicz/picture-alliance/dpa/AP Images

Billy Idol se ne frega delle regole imposte dal tempo, a cominciare dall’anacronistico look punk anni ’70 che ha imposto a MTV negli anni ’80. Ha compiuto 65 anni il 30 novembre, tre giorni dopo l’uscita del nuovo album di Miley Cyrus, Plastic Hearts, in cui duetta con la cantante nell’eccellente Night Crawling. Il pezzo è quasi un revival del suono synth-punk dei classici di Idol.

In occasione dell’uscita del disco, il cantante ci ha raccontato i momenti chiave della sua carriera.

Dopo aver visto i Sex Pistols ha lasciato l’università e fondato un gruppo punk

«Nel ’76 ho ricevuto una cartolina postale da Steve Bailey, che più avanti avrebbe suonato nei Siouxsie and the Banshees (col nome di Steven Severin, nda). Aveva visto i Sex Pistols, nella cartolina diceva che era la band che stavamo aspettando e che dovevo assolutamente andare a Londra. All’epoca frequentavo l’Università del Sussex, a Brighton. Sono andato a Londra e ho visto un po’ di concerti, compresi i Pistols. All’inizio facevano cover, tipo Substitute degli Who. Poi una volta hanno provato un pezzo nuovo, Pretty Vacant. Non era solo una canzone. Era una grande canzone. Una settimana dopo hanno aggiunto al repertorio Anarchy in the U.K. Quando l’ho ascoltata ho subito pensato che era l’inno dei nostri tempi. Credevamo davvero a quello che stavamo vedendo. Ero convinto che era quello il destino della nostra generazione».

Il taglio di capelli è nato per caso

«Volevo aggiungere dei riflessi blu. Una ragazza me li ha decolorati, che è quello che devi fare prima di aggiungere i riflessi e ritingerli di nero. A quel punto ha aperto la borsa e si è accorta che non aveva il necessario per farli blu. Mi ha detto che ci avrebbe riprovato la settimana dopo. Mi sono guardato allo specchio e ho pensato che non fosse poi male. Era un po’ arancione, ma figo, soprattutto per un punk. Li ho tenuti così e sono andato alle prove del mio gruppo, i Chelsea. Appena sono entrato, il cantante Gene October mi ha detto: “Mica avrai intenzione di tenere i capelli così, vero?”. Gli ho spiegato tutta la storia, ma era determinato a farmeli cambiare. Forse aveva paura che gli avrei rubato il centro della scena. Gli ho detto che li avrei tinti di nero, ma ovviamente non l’ho mai fatto. Sono diventati il mio marchio di fabbrica».

Ha mischiato sintetizzatori e punk perché ascoltava i Suicide e Donna Summer

«Se mettevi un disco dei Suicide la gente scappava dalla stanza. Ma io ci sentivo della melodia. Sentivo le canzoni. Alan Vega mi ricordava David Bowie e i Kraftwerk… ascoltavo quella roba già negli anni ’70. Kraftwerk, Neu, i Can, gruppi che usavano l’elettronica pur non essendo band elettroniche. Poi mi è venuta voglia di usare anche la disco. Appena ho sentito quello che Giorgio Moroder faceva con Donna Summer, ho pensato che sarebbe stato grandioso fare qualcosa di simile, ma in chiave punk-rock».

I problemi con Steve Stevens nascono dalla droga

«È stato Bill Aucoin, il manager, a parlarmi di Steve Stevens. Diceva che era un chitarrista fantastico. Quando l’ho incontrato mi è piaciuto subito, abbiamo deciso che mi avrebbe aiutato a mettere su una band per il tour. Anni dopo ci siamo allontanati. È successo perché esageravo con la droga. In particolare con la coca. In realtà non sono un tipo da cocaina. È uno dei grandi rimpianti della mia vita, sapevo di non essere quel tipo di persona, ma ho iniziato comunque a prenderla. E come tutti i tossici, ho cercato una libertà che io stesso facevo in modo di non raggiungere. Sono contento di essermi liberato dalla droga, e oggi sono felice».

Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.

Iscriviti