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Addio al “Totem” Malasoma, il fonico dei capolavori della musica italiana

Da 'Il mio canto libero' di Lucio Battisti a 'Samarcanda' di Roberto Vecchioni, ha curato il suono di album storici. Poche parole, molti fatti e tantissimi i ricordi di chi ha lavorato con lui

Ci ha lasciato Bruno Malasoma, che definire soltanto un “fonico” sarebbe riduttivo. La sua lunga carriera parla da sola, benché non sia conosciuta al grande pubblico. Stiamo parlando, infatti, di un ingegnere del suono che ha lavorato per artisti come Lucio Battisti, Ivano Fossati, Francesco Guccini, Adriano Celentano, Patty Pravo, Gianna Nannini, Paolo Conte, Zucchero, Fabio Concato, Biagio Antonacci, Gianluca Grignani e molti altri.

A 79 anni è deceduto a Coccaglio (Brescia) a causa delle complicazioni legate al Covid. Ce lo ha confermato il figlio Lorenzo, che è stato sommerso dai messaggi di condoglianze: «Mi ha fatto piacere che lo abbiano ricordato sia come professionista che come uomo. Evidentemente aveva trasmesso tanto, al di là del lavoro. Un riconoscimento, sebbene postumo, che mi rende un po’ più leggero questo addio al mio papà che ha tenuto duro fino all’ultimo per rimanere con noi».

Un gran lavoratore Malasoma, come testimoniano i tanti post di chi ricorda «le nottate passate insieme» e che non ha mai spettacolarizzato il suo mestiere. Poche le foto con gli artisti, così come del tutto assenti gli aneddoti da parte sua: «Non li voleva divulgare, per rispetto di quello che accadeva nello studio di registrazione» ha aggiunto il figlio. Dal suo mixer sono passati moltissimi brani che hanno segnato il nostro immaginario: da Il mio canto libero e Il nostro caro angelo (Battisti) a Domenica bestiale e Rosalina (Concato), da Eskimo e L’avvelenata (Guccini) a a Samarcanda (Vecchioni), ma nel mezzo ce ne sarebbero così tanti che è impossibile elencarli.

Per circa quindici anni, poi, sono stati moltissimi i musicisti che si sono affidati a lui all’Isola di via Privata Vivarini a Milano, lo studio di registrazione in seguito acquistato da Eros Ramazzotti. E proprio in un periodo come quello che stiamo attraversando, con il mondo dello spettacolo bloccato a causa della pandemia e i lavoratori della musica in grande difficoltà, figure come quella di Bruno Malasoma acquistano ancora maggior valore. Perché da un lato ricordano un tempo in cui il mestiere del fonico era un misto di passione, voglia di scoprire e sperimentare e dall’altro che ancora oggi persone come lui, che da sempre operano dietro le quinte, sono fondamentali per la riuscita di un grande successo.

Gianluca Grignani ricordandolo sui social ha scritto: «Lui mi ha insegnato tanto! Ciao grande amico», seguito dal paroliere Alberto Salerno che ha ripercorso le tante collaborazioni comuni: «Con te ho realizzato dei grandi dischi, il tuo contributo non era solo tecnico, e che contributo poi! Ma anche umano. Abbiamo condiviso tanti momenti bellissimi, magari a volte lavorando fino alle tre del mattino. Non ti dimenticheremo, Bruno caro». Ma è impossibile riportare tutti i post di coloro che hanno usufruito della sua competenza, come il collega Antonio Baglio che ha sottolineato il «lavoratore instancabile e sempre concentrato che mi ha insegnato due grandi concetti fondamentali nel nostro mestiere: la semplicità, cioè se hai un dubbio su come intervenire sul suono di una canzone scegli sempre la via più semplice. E l’equilibrio: fai sempre un passo indietro e ascolta». Oppure la cantautrice Susanna Parigi, che ne ha delineato un profilo perfetto: «Lo chiamavamo Totem (che era il suo soprannome, nda) perché era una specie di entità soprannaturale, come un albero con radici così profonde che ti ci potevi appoggiare con tutto il peso. Cosa insegnava? Niente a parole. Nei fatti il significato vero della passione: non conosceva orari, giorni di festa, lavorava di notte, di domenica… e questo non si fa solo per i soldi».

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