Adam Yauch racconta i Public Enemy: «Con loro, l’hip hop non era solo intrattenimento» | Rolling Stone Italia
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Adam Yauch racconta i Public Enemy: «Con loro, l’hip hop non era solo intrattenimento»

Nel giorno del compleanno di Chuck D, rileggiamo che cosa diceva della band di 'Fight the Power' il rapper dei Beastie Boys scomparso nel 2012: «Hanno ispirato chi pensa che la musica possa cambiare le cose»



Adam Yauch racconta i Public Enemy: «Con loro, l’hip hop non era solo intrattenimento»

I Public Enemy

Foto: Mark Allan/Invision/AP/Shutterstock

Nessuno è riuscito a eguagliare l’approccio politico che i Public Enemy hanno portato nell’hip hop. Per me sono al livello di Bob Marley e di pochi altri, rari casi di artisti in grado di fare grande musica e allo stesso tempo trasmettere un messaggio sociale e politico. Ma se la musica di Marley ti attirava dolcemente a sé, Chuck D ti prende per il collo e ti costringe a stare a sentire.

Ricordo perfettamente la prima volta che ho sentito Rebel Without a Pause: eravamo in tour con i Run-DMC e un giorno Chuck D ha messo su una cassetta che avevano appena registrato. Era la prima volta che usavano i fiati su beat così violenti ed era diverso da quel che avevo ascoltato fino a quel momento. Mi ha fatto andare fuori di testa. Più avanti, ricordo che ho ascoltato Black Steel in the Hour of Chaos a ripetizione, era sempre nelle cuffie quando è uscito It Takes a Nation of Millions to Hold Us Back. La premessa del pezzo – il parallelo tra il sistema carcerario americano e lo schiavismo – mi ha sconvolto e la musica è incredibile, sia il sample di Isaac Hayes che le rime di Chuck D su un’evasione. Come molte loro canzoni, è come guardare un film.

Rebel Without A Pause

I Public Enemy hanno cambiato tutto anche musicalmente. Nessuno nell’hip hop usava il rumore e i sintetizzatori atonali, soprattutto abbinati a elementi della musica di James Brown e Miles Davis. Nessuno nell’hip hop era mai stato altrettanto duro e forse nessuno lo sarà più. Al loro confronto, gli altri suonavano pulitini e allegri. La potenza della loro musica era perfetta per i testi. Sono stati anche il primo gruppo rap a concentrarsi sul formato album: potete ascoltare Nation of Millions o Fear of a Black Planet dall’inizio alla fine, non sono canzoni messe insieme a casaccio.

Per me, Chuck D è l’MC più importante della storia dell’hip hop. A livello di tecnica è uno dei più grandi: la sua potenza e la cadenza delle rime non hanno paragoni. Se in più consideriamo le cose che dice, è su un altro pianeta. Anche la combinazione con Flavor Flav è incredibile: Chuck è diretto e onesto, mentre Flav ci mette un po’ di follia. Sono perfettamente complementari.

I Public Enemy hanno trasformato l’hip hop in qualcosa di più del semplice intrattenimento. Hanno ispirato chi pensa che la musica possa cambiare le cose, e sono ancora oggi una fonte di ispirazione.

Il testo che avete appena letto fa parte della lista 100 Greatest Artists che Rolling Stone USA ha pubblicato tra il 2004 e il 2005. Potete leggerla qui.

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