A Los Angeles con i Red Hot Chili Peppers | Rolling Stone Italia
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A Los Angeles con i Red Hot Chili Peppers

Dalla stella sulla Walk Of Fame al concerto al leggendario Fonda Theatre, la conferma che i quattro sono musicisti ed intrattenitori di razza. Teniamoceli stretti

A Los Angeles con i Red Hot Chili Peppers

Foto: Enzo Mazzeo

Venerdì 1° aprile. Davanti all’ingresso del Fonda Theatre compare uno di quei nomi che difficilmente si vedono campeggiare sulle insegne di un piccolo teatro: Red Hot Chili Peppers. Pesce d’aprile? Può darsi, ma siamo a Hollywood, e tutto è possibile (e a pensarci bene, era proprio il 1° aprile di sei anni fa quando i Guns N’ Roses diedero il via alla reunion sul palco del Troubadour, sempre da queste parti).

Lungo il perimetro dell’isolato, una lunga fila di persone è accampata sul marciapiede fin dal giorno prima. E casualmente, ma forse no, poco più in là, davanti alla nuova sede di Amoeba Music, famoso negozio di dischi cittadino, un’altra fila lunghissima circonda l’edificio. In entrambi i casi pare di trovarsi in un accampamento: tende, sacchi a pelo, seggiole e coperte, cartoni della pizza, lattine di ogni genere e gente che dorme, mangia, beve, fuma o pensa a come combattere la noia. La differenza è che da Amoeba verranno distribuiti i biglietti per assistere alla speciale performance che i Chili Peppers terranno giovedì proprio all’interno dello store, uno show già annunciato sui profili della band qualche giorno prima. I tagliandi verranno assegnati all’apertura del negozio ai primi 500 tenaci fan che acquisteranno Unlimited Love, il nuovo e attesissimo album del gruppo, che esce in giornata. Al Fonda, invece, ancora non si sa bene cosa succederà, ma evidentemente le voci corrono. E infatti, quando in mattinata il “secret show” viene svelato, e di conseguenza annunciata la messa in vendita presso il box office del locale delle poche centinaia di biglietti disponibili, ormai è troppo tardi per muoversi. I campeggiatori metropolitani sono già in pole position per aggiudicarseli.

Foto: Enzo Mazzeo


In una settimana mediaticamente dominata dal ceffone degli Oscar, tocca ora a Anthony Kiedis e soci smuovere la grande macchina dello show business: del resto, Hollywood è casa loro, anzi, pochissime altre band hanno impersonificato l’immaginario californiano come hanno fatto i Peppers. Unlimited Love arriva a sei anni dall’ultimo The Getaway, ma è anche il disco post-pandemia, nonché quello che segna il (nuovo) ritorno del figliol prodigo John Frusciante. A partire da giovedì, quando la città di Los Angeles ha onorato il gruppo con la meritata stella sulla Walk Of Fame, la mitica via delle stelle, Hollywood è stata un susseguirsi di eventi targati RHCP, dalla simultanea partecipazione ai late show con Jimmy Kimmel e Jimmy Fallon (compresa la performance registrata sul tetto del Roosevelt Hotel), all’annuncio dello showcase di Amoeba, al concerto “segreto” del Fonda. Tutto sulla stessa strada, quella Hollywood Boulevard che in un certo senso ha dato i natali alla band.

Foto: Enzo Mazzeo

 

Fortunatamente, a noi della stampa è stato concesso di entrare nel locale con un certo anticipo rispetto all’apertura generale. Riusciamo quindi a posizionarci su una balconata posta di fianco al palco, dalla quale poterci godere il concerto da posizione ottimale. Ad aprire la serata troviamo gli interessanti Irontom, band di area post punk con forti influenze psichedeliche e progressive, tra le cui fila militano il cantante Harry Hayes e il chitarrista Zach Irons, entrambi figli dell’ex-batterista dei Peppers (e per qualche tempo Pearl Jam) Jack Irons. Quando finisce il loro set il locale è stipato. C’è l’atmosfera dei grandi eventi. Quelli a cui bisogna esserci per forza, come direbbe qualcuno.

Hype a parte, non appena i Peppers attaccano a suonare, confermiamo subito l’impressione che, al netto degli spazi dispersivi in cui li vediamo di solito, dei grandi palchi, delle luci e dei lustrini riservati a chi ha raggiunto il loro livello di fama, questa sia innanzitutto una grande rock band. Una band che proprio su un palco come quello di stasera trova la propria dimensione ideale. Insomma, questi ex disadattati sono prima di tutto musicisti e intrattenitori di razza. Altro che i ricchi bolliti di cui a volte si legge fra i commenti dei soliti leoni da tastiera.

Stasera i quattro suonano vicini, compatti, sudati. Come ai vecchi tempi. E sprigionano quel groove che permea i loro dischi ma che in uno stadio o nel contesto di un festival non sempre riescono a trasmettere. Anthony Kiedis e Flea sono entrambi prossimi ai 60 anni ma sul palco sembrano quelli di sempre: i fisici atletici e al solito molto scoperti, i capelli super tinti nero corvino di Kiedis e multicolori di Flea, gli outfit strambi, oltre alla solita, animalesca presenza scenica. Due icone vere. Accanto a loro, gioiamo nel vedere Frusciante, con la chioma che ne nasconde il viso, i pantaloni larghi e la maglia dei Black Flag. Il tocco del chitarrista è inconfondibile e dona una dimensione in più al sound della band, con tutto il rispetto per chi è subentrato al suo posto negli anni, incluso il sottovalutatissimo Josh Klinghoffer. E poi c’è Chad Smith, una vera sicurezza dietro le pelli. Questa sera il batterista omaggia Taylor Hawkins con un kit customizzato con il nome dell’amico recentemente scomparso impresso sull’immagine del falco con le ali spiegate, che lo stesso Hawkins aveva tatuato sul braccio e che negli anni era diventato il suo simbolo.



I brani di Unlimited Love vengono privilegiati: i singoli innanzitutto, ovvero il più recente These Are The Ways, che apre il set, e Black Summer, che dal vivo sembra avere tutte le carte in regola per diventare un classicone. E poi il debutto live delle funkeggianti Here Ever After e Aquatic Mouth Dance, e della ballad pianistica Not The One, in cui Flea si siede proprio al piano. Questo è un evento dagli intenti chiaramente promozionali, con un set ridotto, ma i Peppers sanno bene che hanno comunque degli “obblighi” nei confronti dei fan: la cartuccia Snow (Hey Oh), infatti, la sparano subito all’inizio. E poi Can’t Stop, By The Way e l’intramontabile Suck My Kiss, dal loro disco-simbolo Blood Sugar Sex Magik. Le hit sono talmente tante che è difficile fare previsioni.

Ma le vere sorprese sono la cover di Your Song di Elton John, cantanta da John Frusciante, che diventa un sentito omaggio, ancora una volta, a Taylor Hawkins, e poi il finale con una Give It Away dilatata a mo’ di jam, in cui la band viene raggiunta sul palco da George Clinton, leader dei Parliament/Funkadelic nonché collaboratore di lunga data del gruppo.

Soltanto il giorno prima, come accennato sopra, il gruppo aveva ricevuto la propria stella sulla Hollywood Walk Of Fame, accanto a quelle di tutte le grandi icone dello spettacolo. Alla cerimonia, alla quale hanno presenziato amici, parenti e collaboratori della band, i Peppers sono stati introdotti prima da George Clinton e da Bob Forrest dei Thelonious Monster, e poi da Woody Harrelson. Il primo ha ricordato i suoi trascorsi da produttore di Freaky Styley a metà degli anni ’80 («Sapevo che sarebbero diventati il più grande gruppo al mondo»), mentre il secondo ha rimarcato la sua lunga amicizia con Kiedis e Flea («Nel 1983 Hollywood era un posto molto diverso… i ragazzi come noi, quelli traumatizzati, quelli che si sentivano diversi o avevano problemi di droga, si ritrovavano qui su Hollywood Boulevard. Insieme abbiamo costruito una comunità basata sullo scambio di energie e sull’amore, che sopravvive 39 anni dopo»). Harrelson ha invece lodato l’impegno sociale della band.

Foto: Enzo Mazzeo

Nel frattempo, una folla oceanica si è radunata intorno alla location in cui si svolge la cerimonia, tanto che la polizia si è vista costretta a dover chiudere al traffico tutta la strada invece del solo spazio che era originariamente stato riservato all’evento. Quando i membri del gruppo prendono la parola, è un boato continuo. Kiedis dichiara che nel corso della sua vita avrà molto probabilmente e inavvertitamente vomitato su qualcuna di quelle stelle. «Di sicuro ci ho dormito sopra», dice.

Foto: Enzo Mazzeo

Flea ricorda invece il periodo in cui suonava la tromba per la banda della Hollywood High, la profonda amicizia con Anthony e il legame profondo con i luoghi in cui ci troviamo. «Ovunque io vada nel mondo, questa strada rimane parte imprescindibile di me. E sono felice del fatto che finalmente anche noi siamo diventati parte di essa». Lo stesso Frusciante, prima di ringraziare i fan, ricorda, rivolgendosi agli astanti, che una volta aveva un appartamento soltanto un isolato più in là. Chad Smith invece ci tiene a nominare anche gli ex membri del gruppo, Dave Navarro, Jack Sherman, Cliff Martinez, Jack Irons, Hillel Slovak e Josh Klinghoffer, e non manca di omaggiare Taylor Hawkins, che viene salutato dalla folla con un applauso.

L’anno prossimo i Red Hot Chili Peppers festeggeranno 40 anni di carriera. E sono ancora indiscutibilmente rilevanti. Teniamoceli stretti.

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