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10 libri musicali usciti nel 2021 da leggere durante l’estate

Biografie e autobiografie, ricostruzioni storiche di generi e scene del passato, narrativa e poesia: da Mark Lanegan al punk italiano, dai Camillas a Tracey Thorn, qualche consiglio di lettura

Foto: Travis Keller

L’ultimo anno, nonostante tutto quello che è successo, è stato un periodo paradossalmente positivo per l’editoria. Non sappiamo con certezza se lo sia stato anche per quella musicale, storicamente uno dei settori più negletti (almeno in Italia) del mercato librario, ma quello che è certo è che le uscite interessanti non mancano, nel nostro Paese e all’estero (parlando di musica pop, per “estero” intendiamo soprattutto l’ambito anglosassone).

Dalle biografie (e autobiografie) di singoli artisti e band a ricostruzioni storiche di generi o scene del passato, dai volumi di narrativa e poesia firmati da musicisti ai saggi di grandi firme della critica internazionale, il panorama cartaceo offre spunti di interesse un po’ per tutti.

Provando a fornire una piccola mappa utile per cominciare a selezionare, abbiamo scelto 10 titoli pubblicati nel corso della prima metà del 2021 o poco prima, cercando di bilanciare tra volumi italiani (o comunque tradotti) e altri per i quali ci si deve cimentare con l’inglese.

“You Are Beautiful and You Are Alone: The Biography of Nico” Jennifer Otter Bickerdike (Faber)

Sono passati 33 anni dal giorno in cui Christa Paffgen, in arte Nico, è morta appena cinquantenne in seguito a un banale incidente in bicicletta a Ibiza. Del resto, già in vita aveva sempre dato l’idea di non appartenervi del tutto, a questo mondo. Figura come si dice “avvolta nel mito”, ma anche in tanti, troppi luoghi comuni come questo appena citato. In gran parte frutto dell’ottica maschile che ha sempre dominato critica e storiografia rock. La biografia di Jennifer Otter Bickerdike racconta, grazie anche a molte testimonianze dirette, la donna e l’artista – una delle più inclassificabili del dopoguerra – con evidente amore per il soggetto ma senza indulgenza, contestualizzando anche diversi punti oscuri (ad esempio alcune sue dichiarazioni apparentemente razziste). Rendendo finalmente il miglior omaggio possibile a una figura talentuosa, affascinante e tragica, in costante lotta con se se stessa e i suoi demoni autodistruttivi.

“Sing Backwards and Weep” Mark Lanegan (Officina di Hank)

Per chi è cresciuto in mezzo al turbine grunge/alternative degli anni ’80 e ’90, Mark Lanegan è una specie di totem. Con gli Screaming Trees prima, e successivamente in una carriera solista che lo ha istituzionalizzato come una sorta di Johnny Cash punk, ha incarnato tutto quanto c’è stato di buono e di pessimo in quella epopea nata a Seattle (e dintorni, come la sua Ellensburg). Talenti grezzi, energia, voglia di riscatto, senso di comunità (almeno agli inizi) nel primo caso; pulsioni suicide, negatività e disperazione come orizzonti ineludibili e naturalmente l’eroina nel secondo. A leggerne l’autobiografia, pubblicata ora in traduzione italiana, ci si rende conto che solo il caso, e forse un vago istinto di conservazione, ha impedito a Lanegan di fare la fine di amici come Kurt Cobain e Layne Staley. A tratti il racconto di sé è talmente auto-denigratorio da sfociare (involontariamente?) nell’autoironia, alternando aneddoti oggettivamente divertenti a momenti di oppressiva cupezza. Tuttavia, se si è amato il personaggio e il contesto da cui proviene, si tratta di una lettura indispensabile.

“My Rock’n’Roll Friend” Tracey Thorn (Canongate)

La storia di una meravigliosa amicizia femminile, raccontata da una delle due protagoniste quasi come fosse un regalo all’altra. Un’amicizia che, peraltro, si è sviluppata e mantenuta nel tempo a dispetto, o forse a ragione, delle differenze apparentemente insormontabili tra le due donne (e musiciste). Tanto controllata, inglese, timida, riflessiva e portata all’introspezione Tracey Thorn (Everything but the Girl), quanto sboccata, travolgente, spericolata e votata all’azione la sua “rock’n’roll friend” Lindy Morrison, batterista della band australiana – all’epoca, primi anni ’80, trapiantata a Londra – Go-Betweens. Chi conosce già la scrittura di Thorn, autrice di diversi altri libri e frequente collaboratrice del Guardian, ne ritroverà lo stile brillante, fluido, elegantissimo. Qui al servizio di una biografia che è in parte anche la sua, in cui oltre alla narrazione di un rapporto umano profondo si possono trovare anche acute considerazioni sul sessismo endemico del mondo rock.

“Shock antistatico. Il post-punk italiano 1979-1985” Stefano Gilardino (Goodfellas)

Parliamo di storie di casa nostra. Storie importanti, che il flusso inesorabile del tempo rischia di portarsi via. Ben venga quindi un libro come questo, che fissa in una foto di gruppo il fenomeno del post-punk italiano della prima metà degli anni ’80, di cui negli ultimi tempi si è tornato a parlare ma mai in questo modo esaustivo e enciclopedico. Stefano Gilardino, già autore di una Storia del punk e una Storia del rock in Italia (con Roberto Caselli) chiude probabilmente il cerchio immergendosi in quel periodo vitalissimo, pieno di contraddizioni, sfuggente e aperto alle contaminazioni più diverse (dalla grafica ai fumetti, dal mondo del fashion underground a quel che restava della politica e molto altro). Un universo contro/sotto-culturale che si ispirava all’Inghilterra ma poi traduceva in un argot tipicamente italiano ciò che importava. E nel quale le scene metropolitane (Bologna, Firenze, Milano, Roma) contavano allo stesso modo di quelle di provincia (Pordenone, e non solo).

“I Camillas, che storia” Vittorio Ondedei (People Records)

Lo scorso anno il Covid si è portato via Mirko Bertuccioli a soli 46 anni. Una tragedia che ha posto fine a una delle avventure più surreali, picaresche e genuine nella storia recente della musica italiana, quella dei Camillas. Un viaggio pieno di vita, di situazioni assurde, di canzoni che facevano stare bene chiunque le ascoltasse, sui dischi o meglio ancora in uno dei loro improbabili e divertentissimi concerti. “Un cestino di giunchiglie, solido e leggero assieme”, nella parole di Vittorio Ondedei, il Ruben della band, che qui ripercorre di getto e di cuore la parabola vissuta insieme all’inseparabile Zagor (Bertuccioli). Che storia, davvero, la storia dei Camillas. Tenerissima e meravigliosa, nonostante l’epilogo che mai avremmo voluto vedere.

“Un arpeggio sulle corde” Kae Tempest (E/O)

Quella di Kae Tempest (nome che ha assunto al posto di Kate, con il quale l’abbiamo conosciuta) è una delle voci più potenti di una generazione alla ricerca di una identità, e proprio per questo ben decisa a non farsi stringere in definizioni, schemi e soprattutto generi. Da quelli sessuali a quelli artistici. Maschile, femminile, non binario da un lato; poesia, prosa, musica dall’altro. Nelle parole di Kae, e in particolare in questa sua nuova raccolta, c’è tutto ciò e niente di tutto ciò, in un tourbillon emotivo nel quale a essere al centro è sempre l’amore in ogni sua fase e declinazione. Rime che grondano dolori e speranze, vulnerabilità e consapevolezza di sé messe su carta con la forza di un concerto spoken word nel quale chi legge è l’unico spettatore.

“Extraordinaire 1. Di musiche e vite fuori dal comune” Eddy Cilia (Autoproduzione/Amazon)

Critica e giornalismo musicali, si sa, non stanno vivendo un periodo particolarmente felice. Dipende molto da questioni strutturali e cambi di paradigma epocali, ma anche dal fatto che è sempre più raro trovare chi sa raccontare la musica con la triangolazione perfetta tra stile, competenza e passione. Ecco allora che ogni tanto si sente l’esigenza di rivolgersi ai maestri. “Venerato maestro o…” è proprio il nome – auto-ironica citazione di Arbasino (e dei Love) – del blog di Eddy Cilìa, critico di lungo corso che ha svezzato i gusti e ampliato le conoscenze di almeno un paio di generazioni di appassionati. Extaordinaire 1. Di musiche e vite fuori dal comune è la sua nuova raccolta di monografie dedicate a vite e carriere straordinarie, siano queste di divinità come Dylan o Elvis oppure di personaggi di culto. La capacità di inquadramento storico e la prosa elegante sono motivi più che sufficienti per consigliarne la lettura a chi crede ancora nel valore dello storytelling musicale.

“You’re History: The Twelve Strangest Women in Music” Lesley Chow (Repeater)

Argomenti classici della critica musical/culturale – la marginalizzazione e stereotipizzazione del ruolo femminile, il concetto di popstar, la differenza di approccio e di valutazione del pop rispetto ad altri generi ritenuti più “alti”, il rapporto tra una certa dose di eccentricità, per non dire di follia, e la creatività – affrontati da una prospettiva fresca, disinibita e finalmente slegata dalle convenzioni del biografismo pedante. Non sono tanto le vite e le carriere di musiciste come Kate Bush, Carly Simon, Nicki Minaj, Neneh Cherry, Janet Jackson, le TLC o le Shakespears Sisters (per citare solo alcuni degli esempi) a essere messe sotto la lente d’ingrandimento, né i loro eventuali traumi (altro stereotipo: se sei donna la tua arte deve nascere in qualche modo dalla sofferenza). Più, invece, la loro visione obliqua della musica e dell’arte, la loro capacità di messa in scena (anche dal punto di vista delle coreografie, del look, dell’utilizzo di tutti quei prop che completano il talento di un’artista oltre alla voce e all’abilità strumentale e di scrittura), insomma quella “stranezza” che fa di loro figure ognuna a modo sua archetipica. Un libro divertente e acuto, scritto magnificamente da una delle critiche musicali (e cinematografiche) più brillanti degli ultimi anni.

“Beeswing: Fairport, Folk-Rock and Finding My Voice 1967-75” Richard Thompson, Scott Timberg (Faber & Faber)

Nel 1975, quando si interrompe la narrazione di questo (si presume primo) suo memoir, Richard Thompson ha 26 anni, ma sembra già aver vissuto mille vite, artistiche e non. Chitarrista prodigio nella Londra magica del ’67, fondatore a soli 18 anni di quello che diventerà uno dei gruppi cardine del folk-rock inglese nonché una istituzione della musica popolare dell’ultimo mezzo secolo (i Fairport Convention), anima inquieta alla ricerca di un centro di gravità permanente sia sul piano personale che spirituale e espressivo, compagno di strada e amico di personaggi come Jimi Hendrix, Nick Drake, Pink Floyd, Led Zeppelin e naturalmente Sandy Denny, creatore con la moglie Linda Peters di almeno un paio tra i più bei dischi folk-rock-cantautorali degli anni ’70, hippy convertitosi all’islamismo sufi, e molto altro: il fatto che Thompson sembrasse sempre più vecchio della sua età anagrafica in fondo ha una ragione. Beeswing è un’autobiografia attesa da tempo, che non tradisce le aspettative. Tra le sue righe si riconoscono la stessa profondità di sguardo, la stessa acre ironia, lo stesso pessimismo cosmico redento dalla poesia che animano le canzoni più memorabili di uno dei grandi misconosciuti della musica britannica.

“Mi porta a casa, questa curva strada” Ian Penman (Atlantide)

La “curva strada” del titolo (raffinata citazione di W.H. Auden) è il solco di un disco. Quante volte ci ha riportato a casa, quella strada. Un altro modo, altrettanto retorico, per dire che la musica ci ha salvato la vita. Eppure nella scrittura densa e avvolgente di Ian Penman la retorica è da intendersi nella sua accezione più nobile. Saper parlare della musica, di chi la crea, delle connessioni che istituisce, dei suoi effetti a breve o lungo termine su chi la ascolta è un’arte, e pochi sanno padroneggiarla come questo critico inglese dal curriculum sfolgorante e dalla capacità introspettiva senza paragoni (anche se spesso viene associato a nomi come Simon Reynolds e Mark Fisher). Una raccolta di saggi su argomenti da far tremare i polsi e a forte rischio di banalità quali James Brown, Charlie Parker, Elvis, Steely Dan, Prince (le 40 pagine a lui dedicate sono tra le più illuminanti e intense mai scritte sull’artista di Minneapolis), e allo stesso tempo uno studio su tematiche come il senso di comunità da ricostruire, l’incontro tra musica bianca e nera, la dialettica tra bellezza delle creazioni artistiche e l’inferno dei tormenti privati. Un libro che da solo riabilita la critica musicale contemporanea.

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