10 album fondamentali del rap italiano anni ’90 | Rolling Stone Italia
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10 album fondamentali del rap italiano anni ’90

La golden age del rap italiano è stato un terreno fertile su cui si è potuto sperimentare e costruire un linguaggio inedito per la musica nostrana. Ripercorriamo questa storia in dieci tappe fondamentali

10 album fondamentali del rap italiano anni ’90

I Colle Der Fomento nel 1996. Foto: profilo instagram @collederfomento.official

Per il rap italiano gli anni ’90 sono stati anni agitati e tormentati, anni di incubazione per un genere che, importato dagli States, stava provando a camminare da sé nelle strade impervie della musica italiana. Prima l’esperienza politica delle posse, la formazione dei canoni, le sperimentazioni. Poi l’innamoramento di Radio Deejay, i primi successi radiofonici, la rottura di un sodalizio, la caduta e il buio.

Per tutto il decennio il genere si era impegnato a costruire una propria identità, sonora e visiva, giungendo al 1999 in piena forma. È in quell’anno che escono dischi incredibili come Chicopisco di Neffa, 950 di Fritz da Cat, L’attesa di Kaos, 3 Mc’s al Cubo dei Sacre Scuole (da cui nasceranno i Club Dogo), Scienza Doppia H dei Colle Der Fomento, Melma & Merda, il progetto Kaos, Deda e Sean, Sindrome di fine millennio degli Uomini di mare, Sotto lo stesso effetto dei Sottotono, Sotto Assedio dei Cor Veleno, Lotta Armata dei Gente Guasta e Dio Lodato, il disco postumo di Joe Cassano. Sembrava l’apice del successo e, invece, in un attimo, le radio e le major staccarono la spina al rap e la scena implose, perdendo artisti fondamentali come Neffa, Deda e, a stetto giro, Fritz Da Cat, La Pina e Fede dei Lyricalz.

Noi vogliamo celebrare quel decennio fantastico che ha costruito e dato le fondamenta ad uno dei generi più intriganti della storia musicale italiana. Ma come per ogni classifica, anche qui c’è una buona dose di celebri esclusi. Si pensi a dischi fondamentali come Terra di nessuno degli Assalti Frontali, Zero Stress di Dj Gruff, L’attesa di Kaos, Una vita non basta di Leftside, Piovono Angeli de La Pina, B-Boy maniaco di Ice One, a progetti di nicchia come 41º parallelo de La Famiglia, Wessisla dei SR Raza, Ca’Pù di Dj Lugi o a lavori più mainstream come La morte dei miracoli di Frankie Hi-NRG, Sotto effetto stono dei Sottotono, Comunque vada sarà un successo di Piotta. Oltre a tutti i singoli del periodo posse qui non inseriti perché non considerati album.

“SxM” Sangue Misto (1994)

Questa è la prima riga tirata all’interno del rap italiano: dopo i Sangue Misto infatti nulla sarà più come prima. È bastato un solo disco, l’incredibile SxM, per rendere i Sangue Misto, il trio formato da Neffa, Deda e Dj Gruff, il nome che racchiude tutta l’essenza del rap italiano. SxM è un disco figlio del suono delle posse (i tre militarono nella bolognese Isola Posse All Stars), con momenti di profondo e cupo impegno socio-politico (Clima di tensione, Lo straniero, Cani sciolti), ma introduce nuovi elementi funky jazz d’oltreoceano (Senti come suona, In dopa, Manca mone, La notte). Tre differenti flow per tre personalità che, nelle rispettive carriere soliste, guideranno il rap italiano per tutto il decennio. Plus: l’artwork è opera di un altro mostro sacro dell’hip hop italiano, Speaker Dee Mo.

“Dritto dal cuore” The Next Diffusion (1995)

A volte basta un disco per entrare nella storia: è questo il racconto di The Next Diffusion, il trio torinese composto da The LeftSide, The Right Voice aka MauryB e The Next One, una delle figure fondamentali nella costruzione della cultura hip hop italiana, nonché b-boy di fama internazionale capace di trionfare ai Break-Dance World Championship nel 1985 e nel 1986. Dritto dal cuore è un album storico e lo si può comprendere già dall’intro lasciato alla voce di una delle icone dell’hip hop americano, Afrikaa Bambaataa, che qui benedice il gruppo come esponente di Zulu Nation, l’organizzazione fondato dallo stesso artista per promuovere la cultura della doppia h nel mondo. Ventitré tracce dalle vibes jazz, un tentativo quasi unico in Italia di suonare davvero internazionale, davvero americano, in particolare grazie alle produzioni di The Next One che, ancora oggi, suonano magnificamente.

“A volte ritorno” Lou X (1995)

A volte ritorno, il secondo disco del rapper abruzzese Lou X, è una manata hardcore, veleno denso che si riproduce su beat claustrofobici. A risentirlo, a oltre venticinque anni dalla sua pubblicazione, sembra assurdo pensare che questo lavoro così scuro uscì per una major, la BMG. Un lavoro politico di scuola posse, che disegna quadri di quotidiana illegalità, come si può respirare in brani come La ragione e l’odio, Cinque minuti di paura, Dove sono i bastardi. La forza di questo album è però la sua capacità di costruire ambientazioni di strada credibili, come raramente è accaduto nel rap italiano. Sarà l’irruenza interpretativa di Lou X o i beat cupi di DJ Disastro, ma a risentirlo si torna subito indietro al lato oscuro del 1995.

“Neffa & i messaggeri della dopa” Neffa (1996)

Ai tempi ci si chiedeva: ma il rap italiano può diventare mainstream? La risposta fu Aspettando il sole, il singolo di lancio di Neffa e i messaggeri della dopa. La prima avventura solista del Chico Snef dopo i Sangue Misto è forse l’opera omnia del rap in Italia: c’è la storia (il funk, il soul), la scena (i messaggeri: Giuliano Palma, Deda, Dre Love, Speaker DeeMo, Phase II, Kaos, DJ Lugi, Esa, Elise, Sean, Storyteller, DJ Gruff, F.C.E., TopCat, Fede, LeftSide, P.P.T., Cenzou), il presagio di un futuro (sperimentazioni linguistiche, palleggi sillabici, la costruzione di una grammatica personale, ma condivisibile). Nessuno è mai più riuscito a ripetere il feeling di brani come In Linea, Puoi sentire il funk, La ballotta in cui il funky-groove del Chico, la sua presa bene e quel senso di comunità senza confini stavano scrivendo qualcosa di semplicemente unico. E irripetibile. “E’ il ritorno del guaglione sulla traccia / il tipico stile del mistico chico sul ritmico boom-cha”; ed è storia.

“Dalla sede” Otierre feat. La Pina (1997)

Che gli Otierre fossero qualcosa di speciale lo si era già intuito dal loro esordio del 1994, Quel sapore particolare, ma è nel 1997 con Dalla sede che il gruppo varesino formato da Esa, Polare e DJ Vigor lascia un punto indelebile nella discografia rap. Il disco vanta l’ampia partecipazione de La Pina, ai tempi fidanzata di Esa, qui presente in cinque brani tra cui C’è ne e Rispettane l’aroma, due delle canzoni più celebri del gruppo. Dalla sede ospita inoltre una serie di rapper della Mixmen Connection (Toni-L, Rival Capone, SoulBoy), un’etichetta-collettivo di respiro europeo e celebrerà Esa come uno dei rapper più forti del decennio. Il gruppo si scioglierà subito dopo, nel 1998, ma Esa e Polare continueranno il loro percorso come El Presidente e Polaroide in un nuovo e fondamentale progetto, Gente Guasta.

“Foto di gruppo” Bassi Maestro (1998)

Bassi Maestro ha il merito di introdurre nei testi la sfera personale/emotiva dell’MC. Il rapper come essere umano: qual è il suo ruolo, il suo scopo, la sua relazione con gli altri? Bassi svolge nel rap italiano la stessa funzione che gli 883 hanno avuto nel pop nostrano: sdogana il concetto di provincia (esplicitato da subito nell’intro Una sera a Basiano) indagando i dubbi del giovane alternativo al mainstream (MC generico, Foto di gruppo, Il tipo di persona, Family & Business con I Poeti Maladetti aka Tormento dei Sottotono e Fede dei Lyricalz, con cui Busdeez condivide l’esperienza Area cronica), in un clima malinconico, orgoglioso e, in un certo modo, ‘sfigato’, inteso come una mistura di onirica provincialità e ingenua ma fiera giovinezza.

“Scienza Doppia H” Colle Der Fomento (1999)

I Colle Der Fomento stanno al rap come il Colosseo a Roma. Danno, Masito, Ice-One sono un’istituzione, i massicci della scienza della doppia H, l’hip hop in sé. Dopo il feroce esordio di Odio Pieno del 1996, Scienza Doppia H è la consacrazione del trio, una bibbia del b-boy degli anni ’90, nonché una dichiarazione d’amore all’hip hop e, soprattutto, a Roma, qui immortalata in tutte le sue contraddizioni nella splendida Il cielo su Roma. Membri del collettivo Rome Zoo, in cui militavano, tra i tanti, anche Piotta e Cor Veleno, i Colle Der Fomento si riconosco per i beat tagliati freschi da Ice-One e testi costruiti su strofe molto lunghe e narrative che mettono in luce, in particolare, l’espressività di Danno, sul quale stile si formeranno tantissimi rapper a venire.

“950” Fritz Da Cat (1999)

Forse basterebbe leggere gli ospiti di 950 di Fritz Da Cat per spiegare il rap italiano degli anni ’90: Dj Lugi, Piotta, Kaos, Neffa, Inoki, Joe Cassano, Turi, Bassi Maestro, CDB, Chico MD, Yoshi, Fabri Fibra, Dj Inesha, Lyricalz, Sean, Polare, Lord Bean. Fritz Da Cat. Per conoscere l’hip hop in Italia, infatti, basterebbe conoscere e studiare questi nomi. 950, oltre a portare in Italia (e al massimo livello) il concetto di producer album, ci regala alcuni dei brani più iconici di quegli anni: da Cose Preziose a Street Opera, da Giorno e notte a Schiaffetto correttivo. 950 è la sintesi di un decennio, un puzzle di artisti che immortala in una fotografia il rap degli anni ’90.

“Melma & Merda” Melma & Merda (1999)

Sicuramente il disco più difficile e meno conosciuto di questa decina, un cult per i veri amanti del genere. Se nei ’90 ti sei sporcato le mani con l’hip hop, devi essertele sporcate con la melma e la merda di un trio unico, quello formato da Kaos One, Deda e Sean. Pensato, scritto e realizzato in dieci giorni, Melma & Merda è un disco che non ha paragoni. Tra l’italiano di Kaos e Deda e il l’inglese di Sean, Melma & Merda è un album di contrasti, tra atmosfere cupe e rarefatte e liriche aguzze (un esempio su tutti, Trilogia del tatami). È la fine distopica della golden age italiana, nonché il prematuro addio di Deda al rap.

“Sindrome di fine millennio” Uomini di mare (1999)

Non è un caso che il disco che chiude ufficialmente il decennio, nonché la golden age del rap italiano, sia proprio Sindrome di fine millennio degli Uomini di mare, il duo formato da Fabri Fibra e dal beatmaker Dj Lato. Appena prima della tempesta che farà scomparire il genere dai radar di classifiche e radio, Fabri Fibra intercetta la fine di un periodo storico e assume il ruolo di pioniere, e faro, per un nuovo capitolo della storia del rap. Sindrome di fine millennio di per sé si caratterizza per il suono peculiare delle produzioni di Lato, tra grandi sample e una grana sempre e comunque sporca, e per una particolare e audace scelta di fx sulla voce di Fabbri Fil, a quei tempi un alieno di tecnicismi e colpi di genio al microfono, come dimostrano brani come Verso altri lidi, Non dimentico, La monomania. Un disco che, in questa classifica, si pone da spartiacque tra l’old school e il suono del millennio che verrà. Come titola una traccia dell’album, Il domani è oggi.