«Metto i dischi, poi giù a bere con Johnny Rotten». Gonzo reportage dal Siren Festival | Rolling Stone Italia
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«Metto i dischi, poi giù a bere con Johnny Rotten». Gonzo reportage dal Siren Festival

Immersi in un triathlon di concerti, attacchi di panico e litigate sulla commerciale che Sfera ha rubato a Gigi Dag, scopriamo che solo al Siren ci si risveglia in un giardino al fianco della voce dei Sex Pistols

«Metto i dischi, poi giù a bere con Johnny Rotten». Gonzo reportage dal Siren Festival

Cosmo sul palco del Siren Festival 2018. Foto via facebook

Un mezzo attacco di panico in aereo. Esercizi di respirazione. Poi in van da Roma a Vasto con Frank Ocean nelle cuffie e il cantante dei Deus che non capisce l’umorismo italiano, ma ci racconta di quando ha fatto un complimento a John Lydon per una camicia e l’ex cantante dei Sex Pistols gli ha urlato you can’t have it!. Hotel, piscina, doccia. A cena con Cosmo il cuoco decide di mettere a tutto volume L’ultima festa portando una nuvola di imbarazzo sopra il nostro tavolo.

Il Siren Festival ha una location per cui vorresti piangere, con quattro palchi dislocati nello splendido borgo antico del paesino abruzzese e una vista che dal promontorio si libera sull’Adriatico. Mettici che, mentre ascoltiamo gli Slowdive con il magone, c’è l’eclissi e la luna diventa un Supersantos nel cielo. I Lali Puna continuano il viaggio nostalgia e ci portano nella filmografia di Sorrentino. Perdiamo la testa quando Cosmo picchia forte e la vodka inizia a spingere. Incontro David and Stephen Dewaele aka 2 Many Djs aka Soulwax. Parliamo della loro etichetta di musica elettronica, la DEEWEE, e ci danno consigli per la nostra, Ivreatronic. Io e Cosmo gli regaliamo una chiavetta con la musica ironica e sopra ci disegnamo dei cazzi con un pennarello nero. Just in case. Nel loro dj set, il duo belga passa dai Tame Impala ai fratelli La Bionda, da Fango ai Blur. Ma sono le tre del mattino e questo gigantesco mash up senza senso funziona benissimo così. Dietro di loro il mare è diventato un buco nero. La festa in spiaggia è lontana. Beviamo tutti amorosamente assieme fino all’ultimo goccio di backstage, fino all’alba, fino allo svenimento nel letto. Fine.

Il sabato arrivano i miei soci Ivreatronic e pranziamo alle 4 del pomeriggio su una terrazza affacciata su quella distesa di blu marino. La cameriera ha lavorato tutta notte e continua a sbagliare gli ordini in stancante euforia. Ci tuffiamo in mare mentre Francesco De Leo ci fa dondolare con la sua saudade italiana. Siamo al Siren Beach Stage e ci sono tutti gli artisti itpop e tutti i fan itpop e il dj passa itpop e penso a quando Ghemon rappava ‘ma fare rap che parla di rap e parlare alla gente che ascolta rap è un controsenso / come se i libri parlassero di libri e d’ogni foto stampassimo i negativi’. Nemmeno il tempo di togliermi la salsedine che corro al festival per moderare un talk sui videoclip con Jacopo Farina e i Ground’s Oranges, registi di Cosmo, Colapesce, Zen Circus, Baustelle. Maria dice “apriamo tra cinque minuti”, ma passa un’ora e cado in una conversazione sull’importanza di Cristiano Ronaldo. Il talk è pieno di gente, in educata attesa del live di Rodrigo Amarante (quello che ha fatto la colonna sonora di Narcos, è la frase del giorno). Noi ci facciamo seghe su quanto siano importanti concetti filmici come estetica, immaginario, libertà espressiva. Con i Ground’s Oranges accendo un diverbio sul video di Apeshit dei The Carters di cui sostengo l’importanza concettuale del video, mentre loro la minimizzano ad una bassa manifestazione monetaria. Finito il talk, il pubblico scopre che Amarante è stato rimandato di due ore e rumoreggia. Un esagitato se la prende con i Ground’s Oranges per la loro dichiarazione sui The Carters.

Al ristorante mangio un paio di gamberetti prima che i miei fratelli Ivreatronic scoprano che sono andati a male. Ho un attacco di panico immaginandomi a vomitare senza tregua con la febbre alta; il pianista nella terrazza esegue i Doors e poi Mad World in versione Gary Jules. Suonano gli Amari, Colpesce, Deus, Bud Spencer Blues Explosion. Poi è il turno dei P.I.L. e John Lydon è gigantesco e sul palco sputa whiskey in un cestino. Un’ora e mezza intensa, ma interminabile nel contesto di un festival. Nell’accoppiata Rise / This is not a love song cedo alla lacrimuccia. I could be wrong, I could be right, no?. In backstage gli Amari mi raccontano che nel loro dj set di ieri notte in spiaggia, il pubblico randomico chiedeva la commerciale, e discutiamo di come il termine sia passato dalla dance di Gigi D’Agostino alla trap italiana di Sfera. Come Ivreatronic facciamo due ore e mezza di dj set nella splendida cornice del Cortile D’Avalos e chiudiamo il festival con l’unica volontà di far ballare il pubblico fino allo sfinimento.

Un’ora e mezza dopo, un sole di fuoco albeggia sul mare. Mi ritrovo in un giardino, innamorato, circondato da persone bellissime a bere e fumare con a fianco John Lydon, che in quel momento è enorme e nella mia testa è comunque e pur sempre Johnny Rotten dei Sex Pistols. E non ho il coraggio di rivolgergli la parola perché CRISTO SANTO È JOHNNY ROTTEN DEI SEX PISTOLS e ci sto facendo after assieme. Parlo con John Rambo, l’angelo custode di Lydon. Ci tiene a spiegarmi che anche se non fanno festa tutte le sere, non sono delle fuckin nuns: ma è bello godersi il fottuto relax dopo una giornata di duro lavoro. Word hard, play hard, drink hard, you know what I mean mate?

Arrivo in hotel che stanno servendo la colazione. Banana, brioche integrale, bottiglietta d’acqua. Perché è sempre divertente quando il corpo ubriaco cerca di pensare alla tua salute.
Cheers mate. God save the queen.