Romanità vera, vino rosato e manifesti: anche quest’anno, Calafuria ha incontrato l’arte | Rolling Stone Italia
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Romanità vera, vino rosato e manifesti: anche quest’anno, Calafuria ha incontrato l’arte

Siamo stati a Roma alla presentazione della nuova Magnum D'Artista, affidata quest'anno a Santomanifesto. Tra sottobosco della capitale e un motto: "nel bere e nel mare"

Calafuria

Foto: Rossella Carnevali

Cinque maggio, Roma. Presentazione della nuova Magnum D’Artista in edizione limitata Calafuria, il rosé prodotto nella tenuta salentina di Tormaresca di Cantina Antinori. A vestire la bottigliona, la decima del progetto Magnum D’Artista di Calafuria, è stato Santomanifesto, il collettivo artistico romano nato nel 2021 che ha scelto come forma espressiva quella, appunto, del manifesto. A coordinare e introdurre nel contesto culturale della città Calafuria è stato il magazine indipendente capitolino, che ha fatto del mondo visual una vera e propria cifra del suo piano editoriale Siamomine.

La presentazione del nuovo progetto Magnum D’Artista si è svolta prima in una conferenza stampa proprio nella sede di Santomanifesto, che per chi non lo sapesse si trova in una delle vie più belle della città, dei Coronari. Per poi proseguire a poca distanza da lì, per il party, nelle sale dell’eclettico e coloratissimo Spazio Giallo Interiors.

Calafuria

Foto: Rossella Carnevali

Tornando al progetto artistico, che è stato seguito nello specifico dalla giovane Chiara Sterbini, ci troviamo davanti a un condensato di tanti elementi diversi. Colori, parole, simboli identitari (e pure immaginifici ed evocativi come le sirene) che raccontano di Calafuria e del Salento. E poi c’è la carta. Sì la carta, perchè checché se ne dica della modernità iperdigitalizzata e iperdigitalizzante da Santomanifesto è ancora, ovviamente, super protagonista. Il manifesto entra infatti a pieno nel progetto artistico della Magnum D’Artista di Calafuria: accompagna la bottiglia in formato 50×70 e riporta il motto: nel bere e nel mare. Altra carta ancora la troviamo poi nella velina che impacchetta la Magnum D’Artista, che se ben srotolata è pure lei un’altra versione del manifesto.

La famiglia Antinori non è nuova al dialogo con il mondo dell’arte. Nel 2012 con il rinnovo della cantina – anch’essa, ricordiamolo, d’autore, realizzata dall’architetto Marco Casamonti – inaugura anche l’Antinori Art Project, seguito da Alessia Antinori e presente al lancio della nuova Magnum D’Autore a Roma.

Calafuria

Foto: Rossella Carnevali

Ma cos’è Antinori Art Project? Una sorta di attività mecenatistica moderna. In continuità e prosecuzione proprio con una tradizione di famiglia – giusto per ricordarlo, Cantina Antinori esiste dal 1385, cioè da prima che fosse scoperta l’America – Alessia Antinori porta avanti una serie di collaborazioni che coinvolgono il mondo delle arti visive moderne commissionando annualmente opere. Le quali entrano a far parte della collezione permanente della Cantina, ad artisti di fama nazionale e internazionali. Come la mega Natura Morta o Giant Fruit, l’opera site-specific realizzata nel 2013 dell’artista svizzero Nicolas Party (che vive a New York.

Come da nome dell’opera, Party ha voluto rappresentare all’interno degli spazi di Cantina Antinori una piramide di frutta gigante e colorata, gettando lo spettatore in uno stravolgimento di scala prospettica e visiva, grazie all’uso di colori che staccano completamente dai toni e dai materiali. Il tutto in armonia con la natura circostante della Cantina.

Il lancio della nuova edizione della Magnum D’Autore di Calafuria del 5 maggio è stata però anche una festa – dieci anni non sono pochi. Ospite la musicista e produttrice romana Costanza Puma, in arte Coca Puma, che appena ci ha incontrato ha sottolineato la cosa più fica di Spazio Giallo, secondo lei: le “tette” colorate all’ingresso. Effettivamente si fanno notare, entrando proprio su una pensilina sulla sinistra. Sono le Bobbies di Olimpia Montani.

Calafuria Coca Puma

Coca Puma. Foto: Rossella Carnevali

Così tra colori, forme varie e di varia ispirazione, sonorità analogiche e nu jazz, che ci si sente immersi in quella Roma di nicchia, un po’ giusta e anche caricaturale. Ci si sente nel suo sottobosco urbano, che è chic ma in modo idiosincratico. Ed è allora che ci viene a trarre in salvo una cosa, la più necessaria prima che ci si inizi a vergognare di essere quello che siamo noi romani, che ci riscatta dalla Grande Bruttezza e dal situazionismo spinto. Cosa? La romanità vera. Come? Sotto forma di angelo custode de’ Garbatella, con Elda Alvigini dei Cesaroni. È lei che in prima fila, con gli occhiali da vista montatura bianca a forma di cuore, ascoltando Coco Puma si gira e ci dice: «Mi piace come suona questa ragazza, mi ricorda le prime sonorità elettroniche del cinema anni ’70. Infatti: lo sapete che fa colonne sonore per film?!». Così, dopo questo interludio, ci racconta della nuova stagione della serie alla quale è tornata a lavorare (I Cesaroni, ça va sans dire), con la regia di Caludio Amendola. Nel cast ci sono due nuovi ingressi d’eccellenza, Lucia Ocone e Richy Memphis, oltre ad alcune assenze dolorose come quella di Antonello Fassari, recentemente scomparso.

Calafuria

Foto: Rossella Carnevali

E così Calafuria, con la sua splendida nuova Magnum D’Autore, bevuto in questa incerta primavera romana fa pensare a quanto i vini possano rappresentare immagini e immaginari diversi. Calafuria è un vino di Puglia, che nasce però dall’intraprendenza e dalla saggezza di una storica famiglia toscana che fa vino da ventisette generazioni. Ma è anche un oggetto narrativo, una tela bianca su cui far esprimere giovani artisti per veicolare messaggi, raccontare storie, aprire orizzonti e spazi di dialogo. Ma come negare però che Calafuria, con la sua super-identità, in realtà un po’ pop e un po’ raffinata – come il rosso e lo Champagne con cui nasce il suo rosé – possa essere l’incarnazione emblematica e perfetta di una serata romana. E di Roma stessa, così elegante e pure così sorniona. Così Rinascimento e tette colorate.

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