Ha aperto al pubblico il 31 maggio e diventerà una delle tappe imprescindibili del percorso turistico-culturale londinese. Perché la V&A Storehouse è un luogo unico al mondo, un museo-magazzino e molte altre cose, che anche nel posizionamento sul territorio e nella location è fuori dagli schemi.
Prima di tutto: cos’è? È il luogo in cui sono stati raccolti e catalogati gli oltre 500mila pezzi della collezione del Victoria and Albert Museum, una delle massime istituzioni culturali britanniche, fondata dalla regina Vittoria e dal consorte Alberto, poi pianto dalla monarca dopo la sua precoce dipartita. Entrambi erano grandi amanti dell’arte e il V&A nacque con lo scopo preciso di conservare, preservare e restaurare la memoria artistica dell’umanità in tutte le sue forme. Per lungo tempo è stato chiamato il museo delle copie, perché in effetti nella collezione ci sono molte repliche di opere famose, ma soprattutto negli anni è diventato molto di più. O meglio, ha raggiunto la dimensione con cui assolvere alla missione iniziale dei suoi fondatori.
Dall’arte classica all’architettura, dal pop al bizantino, dal rinascimento al K-Pop, il V&A ha racchiuso nei suoi oltre 170 anni di storia tutto questo. Negli ultimi anni tra le sale della sede originale di South Kensington si sono avvicendate le mostre sui Pink Floyd e Mary Quant, adesso e fino a novembre c’è quella sull’arte di Cartier. Da alcuni anni si è affiancato il Young V&A, dedicato a bambini e ragazzi, un modo per instradare le giovani generazioni verso l’amore per l’arte. È a Bethnal Green, nella zona est di Londra, un decentramento importante anche dal punto di vista sociale, così come quello deciso per la V&A Storehouse, per cui è stata scelta l’area di Stratford, nel cuore del villaggio olimpico del 2012 e zona che nel giro di dieci anni è stata completamente gentrificata. Il Sadler’s Wells, la compagnia per eccellenza per balletto e danza contemporanea a Londra, ha aperto qui il suo secondo teatro, proprio di fianco agli studi di BBC Music, alle spalle di quella che sarà la terza sede del V&A, che aprirà a maggio 2026.

Il soffitto del palazzo spagnolo di Torrijos. Foto: David Parry/PA Media Assignments.
A circa un chilometro c’è un’enorme area di stoccaggio, e una corposa fetta di questo magazzino è adesso la casa di un vero e proprio scrigno dei tesori dell’umanità. La Storehouse si sviluppa su quattro livelli, di cui tre accessibili al pubblico. È un capolavoro già di per sé, una struttura architettonica incredibile (il progetto è di Diller Scofidio + Renfro, uno degli studi più famosi del mondo) in cui le opere sembrano posizionate quasi a caso, ma non è così, c’è un criterio preciso che regola dove e come sono state stoccate.
Può sembrare bizzarro che la prima cosa che ci si pone di fronte quando si entra al livello di accesso sia uno scooter sovrastato da un enorme piatto da portata replica del 1700 di un originale dell’area mesopotamica. Invece ha un senso, è il filo che lega la creatività e il progresso nel corso dei secoli. Sullo stesso piano c’è anche la prima Brompton, la bicicletta pieghevole orgoglio della produzione britannica e bellissimo pezzo di design. Storia, arte e società, tutto si fonde in questo magazzino, come nel caso dei Robin Hood Gardens, un complesso di case popolari che è stato uno dei presidi sociali più importanti di East London e di cui il V&A ha acquisito una sezione che è adesso esposta nella Storehouse, con le sue mille storie da raccontare. O come il Kauffman Office, uno dei capolavori dell’architetto Frank Lloyd Wright, anche questo perfettamente riallestito. A pochi passi, a fare da tetto a due poltrone 41 di Alvar Aalto, c’è la cupola spagnola del XV secolo del palazzo Altamira di Torrijos. Passeggiando tra gli scaffali si può ammirare un pezzo unico di Balenciaga e un numero uno del manga di Ghost in the Shell, una chitarra di P.J. Harvey e il fondale per la rappresentazione del balletto (scritto da Jean Cocteau) Le train bleu, la più grande opera mai realizzata da Pablo Picasso, 11 metri x 10.
A settembre aprirà l’area dedicata al fondo David Bowie, che raccoglie parte dell’enorme collezione di opere d’arte e di design messa insieme dal Duca Bianco nel corso della sua vita, mentre negli enormi armadi archivio a temperatura e pressione controllate è conservata la collezione fotografica donata da Elton John al museo, protagonista di una delle mostre più importanti del V&A nel 2024.

Il fondale per la rappresentazione del balletto ‘Le train bleu’, la più grande opera mai realizzata da Pablo Picasso. Foto: David Parry/PA Media Assignments. Stage Cloth Copyright, the estate of Pablo Picasso
La Storehouse non è solo un magazzino o un museo di nuova concezione, ma anche un luogo in cui le opere tornano a nuova vita e dove è possibile toccarle con mano. Il laboratorio di restauro è visibile al pubblico attraverso un lucernario, quasi fosse una sala operatoria nella quale chimici, sarti, restauratori di dipinti e libri allungano l’esistenza di oggetti che sarebbero andati altrimenti perduti. Andando sul sito ufficiale della V&A Storehouse è poi possibile richiedere dei pezzi per consultazioni private più accurate, per motivi di studio, ricerca o lavoro. Io mi sono emozionato nell’osservare e toccare con mano una locandina di un concerto di Lou Reed a Glasgow nel 1973, poster opera della Blue Egg Printing and Design, azienda che per quasi un secolo ha prodotto veri e propri capolavori per teatri, cinema e concerti.
La V&A Storehouse è già una tappa imprescindibile dei futuri tour londinesi, e per una ragione assai importante che esula da questioni squisitamente artistiche. Per andare a scoprire questi tesori bisogna lasciare il centro, niente Soho con i suoi locali, ormai molti trappole per turisti, niente Knightsbridge e i suoi eleganti e ricchi palazzi. Bisogna prendere la Overground, la metropolitana a cielo aperto che congiunge le periferie della metropoli, arrivare a Hackney Wick, zona che fino a pochi anni fa era popolata da senzatetto e legioni di consumatori di crack, oggi dimora di artisti e post-hipster che occupano eleganti e moderni appartamenti di recente costruzione, la cui droga al massimo sono le creazioni gourmet di Unlock, pizzeria-galleria d’arte fronte canale rigorosamente italo-napoletana.

Foto: David Parry/PA Media Assignments
È un’altra Londra, quella vera in realtà, che mette di fronte, separati da un ponte di dieci metri, la prossima sede del V&A e lo stadio del West Ham. È l’anima di questa città, ancora oggi, nonostante la Brexit, i conservatori e Farage, la più incredibile del mondo. Sacro e profano soddisfano la loro lussuria in questo paese dei balocchi in cui perdersi è il piacere più grande.