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Vademecum per i miei wannabe

Lo Sgargabonzi in un pezzo provocatorio, arrogante e ombelicale: una guida per conoscere i suoi emuli.

Vademecum per i miei wannabe

Lo Sgargabonzi

1. Allora signori miei voglio essere squisitamente chiaro: io sarei due minutini uno scrittore che ha scritto libri brossurati con bandelle. Molti di voi, dopo sei capolavori letterari, si ostinano a ricordarmi solo per gli status che anticamente scrivevo nella mia pagina Facebook e a scrivere status simili ambiscono. Vi faccio una rivelazione: a me degli status non è mai fregata una bella sega, sono sempre stati come gli scarabocchi che si fanno durante una telefonata noiosa. Ma mi volete spiegare cosa ve ne frega a voi degli status? Cioè per voi il massimo della vita è uno che azzecca uno status ficcante? Sono gli status a farvi la differenza? “Stephen King per me è incredibilmente sopravvalutato. No, non ho letto i suoi libri ma ha scritto uno status su Clizia Incorvaia che gridava vendetta della serie: ma tutto bene fra’?!?!”

2. Un problema di voi emuli è che semplificate tutto, lo riducete alla vostra altezza, imparate solo la lista degli ingredienti e poi pensate di rifare in cinque secondi la Coca Cola originale semplicemente mischiandoli, senza sapere come vanno trattati e cucinati. Vi basta mettere “Alfredino Rampi” e “cancro” nella stessa battuta per cercare di sortire un effetto a-la Sgargabonzi. Se pensate di esserci riusciti: non è così. Se pensate di aver scritto qualcosa di inerte, bolso e stucchevole: è così.

3. Siete troppo ansiosi, vi trema la mano. Si vede che sudate all’idea di non far ridere. Da lì: i maiuscoli, le faccine, le missioni-simpa vaporizzate in ogni singola parola. Colpa di questa società: ormai far ridere è l’unica mossa possibile, si è costantemente valutati per quanto siamo divertenti o meglio ancora sagaci, pugnaci, caustici, figli di puttana ma quel figlio di puttana che piace.

A latere: a me di far ridere non me ne frega niente, mi frega solo di rappresentare il mio mondo interiore flautato e iridescente. L’umorismo è roba molto più seria d’una somma di risate, cari pulcini. Cosa detta in un milione di interviste. Le leggete, mettete il like ma non le capite. “Gli status sul sapido serpentello Quaglione mi hanno fatto SNOFFARE!!!” e affini e quanti di paraffini.

Espansione per gli haters: lamentarsi che Lo Sgargabonzi non fa ridere è come lamentarsi che Brahms, Kubrick o Antonello Da Messina non fanno ridere.

4. In quello che scrivo non ci sono “layer” (spero di averlo scritto giusto) da capire, quella è un’ossessione squisitamente vostra. C’è gente malata che vede dei layer anche nel mio amore per la Riviera Romagnola, gli Oasis e il cinema di Renato Pozzetto (tre cose bellissime). Se dicessi che mi piacciono Napoli, Battiato e Lynch invece andrebbe tutto liscio. E invece, guarda un po’, li odio.

I miei scritti sono le macchie di Rorschach del suo autore. Personalità intensa, stratificata e dai molti segreti (tra cui una ceppa così), come chiunque lo abbia conosciuto nella vita può testimoniare. E ho fatto anche cornuti diversi cretini!!!

5. Cosa differenzia Alessandro Gori dal personaggio che interpreta? Niente: sono la stessa identica cosa. Invece la differenza fondamentale fra me e altri che hanno una pagina è che io sono uno scrittore di libri, altri sono gente che hanno una pagina. È CHIARO?!?!?!

6. Va bene, scuse accettate.

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