Giovanni Robertini: Hai visto chi è la nuova vice segretaria della Lega? La public enemy number one di tutti i trapper, la queen of dissing dei talk show di Rete 4, l’eurodeputata Silvia Sardone. Chi non la conosce può prendere confidenza facendo un giro sul suo profilo IG: «Bambini costretti a pregare Allah, AGGHIACCIANTE», «NO alla scuola islamizzata!», «Erba altissima a Milano, cittadini infuriati». Propaganda di destra, ovvio, soliti bersagli – islamici, immigrati, rom, Ilaria Salis e le occupazioni – ma con una sensibilità pop, tra TikTok e YouTube, trap e centri sociali. Già nel 2014, quando era consigliera di zona per Forza Italia a Milano, se la prendeva con la multietnica via Padova, vista come un covo di delinquenti, proponendo di tradurre le scritte in arabo sui muri per vedere se erano violente. Qualche anno dopo si era finta, con una parrucca nera e una felpa, frequentatrice del centro sociale Macao chiedendo, format Le Iene, se vendessero bamba, ma le offrirono solo ketamina. Fino ad arrivare ad avere come bersaglio maranza e presunte gang («Basta con i trapper delinquenti», scrive su X postando le foto di Simba La Rue e Baby Gang), pronti poi a rispondere per le rime con il trapper Mowgli CLL e con i pesanti insulti in quattro quarti di un altro cantante, Melons. Sempre sui social elenca le minacce subite dagli islamisti radicali che la costringono a vivere sotto scorta. Ciliegina sulla torta di ricino, un videoclip del marito, il leghista Davide Caparini, che chitarra in spalla a zonzo per via Padova, su base rock canta rivolgendosi ai trapper con voce generata dall’AI: “Per scrivere una canzone devi insultare la mia nazione/ Non è colpa della Sardone se sei un coglione”. Ah, dimenticavo, l’altro nuovo vice segretario è Vannacci. Nessun posto di rilievo ancora per i due di Podcasterone, ma c’è tempo.
Alberto Piccinini: Bravo. L’inchiesta prima di tutto. Al dossier Sardone – per puro interesse blobbistico/sociologico, beninteso – posso aggiungere alcune cose sparse: a) è andata nella notte fonda di Rai 1 a Donne al bivio da Monica Setta a mostrare il suo anello di fidanzamento, telefoni bianchi style; b) è interista: ha distribuito davanti allo stadio tremendi volantini in maglia nerazzurra con lo scudetto e lo slogan “Inter campione/ vota Sardone”; c) una volta su Facebook se l’è presa coi «sermoni comunisti» di Elodie e Rose Villain a Sanremo. Poi, fate come volete. Ieri, assieme a Vannacci, è comparsa per un videosaluto al temibilissimo Remigration Summit di Gallarate, i neonazisti della purezza etnica che sognano una linea aerea diretta per cacciare gli immigrati (Remigration Airlines), anzi se la tatuano addosso, e finiranno per espellersi l’un l’altro come nelle migliori gag comiche. Però non fa ridere, il contrario. Racconta l’inviato del Manifesto che ai partecipanti del summit – in arrivo da tutta Europa – era richiesto un dress code business casual, in modo da non dare troppo nell’occhio. Giacchette e camicie. Mi vengono in mente soltanto Visitors e i rettiliani come idea. «Pensieri forti», secondo il Ministro dell’interno che ha fatto menare il piccolo corteo antifa che avrebbe preso il Malpensa Express per Gallarate. Giustamente. Che musica ascoltano? Non so, indagherò, ti farò sapere, ma gli (hitler)jugend dell’Afd tedesca si fanno gli spot con l’intelligenza artificiale, li abbiamo visti, musica compresa. E al presidio di Elly Schlein a San Babila si cantava Bella ciao con i Modena City Ramblers, più o meno come andare a petto nudo incontro al fuoco nemico. La vedo male.
G.R.: Aspetta. Ti segnalo che un video degli scontri con la polizia di sabato a Milano fatto da giornalisti d’area militante che sta girando sui social in queste ore ha come soundtrack un pezzo in levare dei Queen of Saba, duo indie elettronico che si intitola Rallenty e fa così: “Avevi gli occhi rossi come lui, i lacrimogeni nell’aria cento contro uno, e io volevo dirti scappa e abbi un po’ paura, ma a te la lotta ti fa bella e hai la testa dura”. Bel pezzo che invita a “scopare sulle ceneri del capitale”, ritmi dub, tanti saluti ai Modena City Ramblers. E pure a Ghali, che è tornato con un pezzo nuovo, Chill, caruccio, un po’ jovanottesco – si sente l’eco de L’ombelico del mondo – con il plus poetico dell’Auto-Tune. “Dormivo con mamma per strada, non arrivavo a fine mese / Penso che, tutto sommato, dai, mi sono integrato bene”. Resta da capire se la guerra contro la minaccia retorica della remigrazione la si farà con le armi spuntate dell’ironia e della coolness di Ghali o con quelle altrettanto spuntate degli scontri di piazza inna dub style.
A.P.: Sai cosa? L’importante è non farsi spaventare, come dicevano i soliti Clash: “Don’t mind to throw a brick” (ce ne fosse bisogno). Ma del resto mica sono io ossessionato dalle occupazioni e dai centri sociali. A sentire Sardone dovremmo essere ancora nel 1993 o giù di lì. Magari. Allora senti qua. Dal Salone del libro di Torino mi porto a casa Napoli balla (Tamu) di Gennaro Ascione, professore di studi culturali all’Orientale, scatenato teorico di Napoli Segreta, e nostro amico. Leggo: “Il primo e unico dancefloor completamente illegale attivo 24h che Napoli ricordi era nel garage al di sotto dello stadio San Paolo di Fuorigrotta, vicino al sottopasso che dalla Curva B spunta dalla parte opposta proprio davanti all’ingresso del commissariato di polizia. Il garage di 180 posti costruito per i Mondiali di Italia 90 (…) risulta inagibile. I techno-raver napoletani ne cambiano drasticamente la destinazione d’uso. Ci montano un soundsystem dal wattaggio clamoroso, alternano generatori di corrente elettrica a gasolio con allacci pirati dell’illuminazione pubblica (…) Il nome di questo locale non era scritto da nessuna parte, se non nella memoria di chi c’era: La Ragnatela”. Vabbè, che gli vuoi dire. Forza Napoli. Continuo a leggere. Torneremo.