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Tifando Marocco disperatamente

Pure i rigori li inquadrano da dietro il tiratore, come nel videogioco 'Fifa'. Per chi è cresciuto al campetto sono le ultime ore utili per tifare Marocco (e abbasso Salvini). Sarà banale, ma abbiamo bisogno di romanzi, riscatto, rock’n’roll

Tifando Marocco disperatamente

I tifosi del Marocco festeggiano per le vie di Milano la vittoria contro la Spagna

Foto: Claudia Greco/Getty Images

Alberto Piccinini: Brasile fuori, Argentina dentro. Hai fatto caso che adesso i rigori li inquadrano da dietro il tiratore, come nel videogioco Fifa? Viene la tentazione di muovere le dita. Penso sia una novità: i rigori me li ricordo quasi tutti con una telecamera in tribuna o dietro il portiere. Anche per questo assaporo le ultime ore utili per tifare Marocco. Disperatamente. Lo so, è banale, ma noi boomer siamo fatti così, abbiamo bisogno di romanzo, riscatto, rock’n’roll. Siamo cresciuti al campetto mica davanti a un videogioco. Sono patetico? Boh. Ho guardato svariate volte la telecronaca originale dei rigori del Marocco contro la Spagna, in arabo stretto («Hakim ak habibi Hakim allah allah»). Bello. Lo stesso mood di Luglio agosto settembre nero degli Area, hai presente? Più Demetrio Stratos che Lele Adani. E per caricarmi di più tenevo sul telefonino il tik tok di Salvini incazzato per i festeggiamenti a Milano («Ma percheh, ma percheh, ma percheh?») girato con lo sfondo di un vecchio telefono a gettoni che ha appeso in casa, penso. Non è la prima volta ma ora si capisce bene quel che pensa del pos e del tetto al contante uno che ha nostalgia dei gettoni.

Giovanni Robertini: Sto ancora a smaltire l’hangover della festa del weekend scorso, era il compleanno di Mari, 50 anni, te la ricordi? Le serate nello squat in Pergola, il cineforum autogestito in Garigliano, il corteo della May Day Parade, insomma la sinistra per come ci piace ricordarla. Da viva. Si è ballato da boomer ma benissimo: Beastie Boys, Joy Division, un po’ di drum and bass, il reggae delle dancehall. Unico pezzo italiano, Lo straniero dei Sangue Misto di Neffa, Deda e Dj Gruff: “Quando andavo a scuola da bambino / la gente della classe mi chiamava marocchino / terrone ‘Muto, torna un po’ da dove sei venuto'”. Era il 1994, mentre oggi Baby Gang, o meglio Zaccaria Mouhib, rappa così: “Giro per tutto il blocco, col completo tarocco, faccia made in Marocco”. Un po’ movida da maranza un po’ lotta di classe, la torcida rosso verde che ha invaso le strade italiane è forse il primo grande rave ai tempi del governo Meloni.

AP: Auguri a Mari, io comincio a sentire profumo di bilanci di fine anno. È l’anno degli underdog, lo dicevano di sè Giorgia Meloni e pure Aboubakar Soumahoro ahilui. A X Factor tifavo la tenera Linda, pure interessato dallo sviluppo turbofolk del personaggio di Beatrice. Non lo diciamo a nessuno ma tutto quello spreco di luci e di energie per fabbricare un clone di Madame, uno di Elodie, una band di zarri e un duo di nerd in puro stile ne valeva veramente la pena? T’appartengo di Ambra mi è piaciuta però l’aveva già fatta in giro altre volte, sarà la terza o quarta riscoperta, c’è un limite.

GR: È che ormai di avere l’x factor non frega niente a nessuno, è roba vecchia, dieci anni e passa a inseguire la performance perfetta ci hanno messo ko. Secondo Oxford la parola dell’anno è goblin mode, che tradotto nello slang dei regaz (come li chiama la Michielin, anche se a me sembra di sentire l’eco del Paninaro di Drive In di Beruschi) significa più o meno “fare schifo”. Cioè comportarsi fregandosene delle aspettative sociali, della performance, essere pigri, sciatti, autoindulgenti e sordi al giudice che dice come dovremmo essere. Che sia Fedez, l’algoritmo o lo spot di un paio di jeans non importa, importa solo fregarsene, M’importa ‘nasega come cantava Giovanni Lindo Ferretti quando era ancora punk. Altro che underdog! Cani sciolti nelle strade delle città, per citare di nuovo i Sangue Misto…

AP: Lascia stare Lindo Ferretti, il monumento ai nostri sbagli, ci metto una x sopra. Ti ho già detto l’altra volta che il Wrapped di Spotify mi ha rivelato J.S. Bach come musicista più ascoltato dell’anno? Leggo adesso su Pitchfork una novità (credo): la classifica dei lettori, il referendum come ai tempi delle nostre rivistine. Addirittura i risultati sono divisi per classi di età, ti dico i boomer: The Smile, Fontaines DC, Big Thief. Come se fosse ancora il 1999. Capisco tutto, specialmente la nostalgia, ma non ce la faccio, allora preferisco la Scala. Boris Godunov in russo con sottotitoli, una palla clamorosa, più di metà sull’agonia infinita dello zar zozzone e usurpatore, che muore e canta, canta e muore, una specie di parodia del melodramma. Però ora so tutto sulla Russia, mi posso risparmiare i talk di Vespa e di Rete 4.

GR: Sai che il cenone di Natale e il party di Capodanno mi mettono ansia, come le classifiche di fine anno e la prima della Scala con tutto il baraccone che si porta dietro. Per rilassarmi mi regalerò la compilation Ukrainian Yoga Mix, la compilation ambient fatta dai musicisti elettronici ucraini per fare yoga e meditare perché – scrive il produttore Bodya Konakov su Instagram – «lo yoga permette di scoprire il potere senza fine dentro al corpo e alla mente ed è un’eterna sorgente di forza contro il nemico». Il ricavato va in beneficenza, per la causa, te ne metto una copia sotto l’albero.

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