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Se i politici devono usare TikTok in questo modo, tanto vale nobilitare il cörsivœ

La Gen Z critica duramente i candidati che provano a raccattare consensi sul social cinese. Tra tour dell'ufficio e «forse vi ricorderete di me per», forse è meglio Letta che chiede ai follower se preferiscono pancetta o guanciale. Magari nella lingua resa celebre da Elisa Esposito

Prima o poi qualcuno che ti dice che «ti devi aggiornare» lo incontri. Un nipote che ha quindici anni in meno, un amico che non accetta il passare del tempo e va ancora in giro in skate dopo i quaranta. A me lo dicevano quando utilizzavo ancora un lettore CD portatile nell’epoca in cui le canzoni si ascoltavano su piccoli lettori MP3 a forma di chiavetta USB. Avanguardia. Io però il mio lettore non lo volevo mollare: era un po’ ingombrante, sì, ma stavo benissimo con i miei CD. Li ascoltavo bene tutti, fino al vomito, poi cambiavo.

Quel momento dev’essere successo anche qualche settimana fa nelle sedi dei principali partiti italiani. Dev’essere entrato qualche adulto vestito da ragazzino, me lo immagino con una t shirt tie dye e siga elettronica, magari con parlata in cörsivœ: «Ohi, raga, bisogna svecchiariem se vogliamo i giœvanim». Segue tirata di siga elettronica (e conseguente rumore di liquido che bolle). Voilà: da due giorni non si parla d’altro che dei video su TikTok dei politici. Berlusconi, Renzi, Calenda, Zan, Toti: tutti in fila a inaugurare profili personali o dei partiti di cui fanno parte.

La sfida dei follower l’ha vinta chiaramente Silvio, che ha optato per una linea editoriale coerente, detta anche «La sai l’ultima». Forse avrà perso un po’ di smalto da barzellettiere, ma ecco, su TikTok Silvio si comporta proprio da Silvio. Discorso leggermente diverso per gli altri: da «vi riassumiamo il PD in un minuto» a Calenda che ci chiede se abbiamo mai visto Il giorno della Marmotta, passando con Zan che si presenta come Troy McClure («forse qualcuno mi conosce per il DDL», cit.) o a Toti, che perde la battaglia dei follower ma ci fa fare un giro panoramico del suo ufficio (spoiler: ha un salottino squisito). Insomma: un bagno di sangue da ovunque lo si guardi. In primis, perché si vede da lontano che preferirebbero farsi prendere a sberle che fare questi video (non sono mica tutti nati Antonio Razzi). Poi perché farlo a due settimane dalle elezioni puzza di disperazione, ma di quella disperazione che se stringi gli occhi quasi la vedi. Infine, e qui mi merito anche io il titolo di vecchio che vuole fare il giovane, per funzionare su TikTok bisogna conoscere TikTok, utilizzarlo un po’, capire. Non basta decidere che bisogna farlo perché lo fanno tutti e che quindi bastano un paio di sottotitoli e una canzone di Harry Styles in sottofondo per colpire l’elettorato che sta sui social.

Altrimenti saremmo tutti media strategist, pure mia zia che pubblica i buongiornissimi kaffè (dico zia perché su quelle di solito si ha meno potere, ai genitori lo si impedisce in qualche modo). Ma cosa pensa la Gen Z, vero target di questa rivoluzione digitale? Male, malissimo. «Andate via da qui», dice Emma Galeotti, tiktoker con 700 mila follower e che gli italiani hanno già eletto a Giovanna D’Arco del social cinese (viviamo un’epoca in cui basta pochissimo). «Avete Instagram, avete Facebook, avete un sacco di cose. Non state qua. Non c’entrate niente, fate proprio brutta figura. Pensate che la gente che vi metterà dei commenti è gente che vi supporta? No. Vi pigliamo tutti per il culo, carissimi. Forse qualcuno vi supporta pure ma vi fermo subito: non è che siamo così stupidi che ci basta vedere un video su TikTok per votarvi, perché pensate sia l’unica cosa che conosciamo. Date anche l’idea di pensare che noi siamo proprio plasmabili e rincoglioniti. Come se ci bastasse un video con delle scritte e delle musichette accattivanti e boom: voto per voi! Non credo proprio, ragazzi. L’unica cosa che possiamo fare se vi vediamo, è prendervi per il culo. Per cui, se ci volete intrattenere, va benissimo. Però, vi dico, non perdete tempo perché potreste fare molto altro».

Sulla chiusa siamo decisamente d’accordo. Non che TikTok i politici non possano utilizzarlo, sono tantissimi i deputati europei che raccontano quello che fanno senza sembrare nonni alle prese con Skam Italia. Perché il punto è questo: l’arrivo dei politici su TikTok è una roba inevitabile, ma si può fare in modo graduale, costante, credibile, e non come grido disperato a due giorni dalle elezioni. Altrimenti tanto vale tenerci Razzi che balla, il cörsivœ, o magari i politici in cörsivœ. Sarebbe incredibile vedere Letta chiedere se preferiamo guancialem o la pancettam, amio. A naso manca poco.

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