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Rivogliamo i Neri per Caso

In un momento in cui il pop non riesce nemmeno a sfornare tormentoni, c'è bisogno di qualcuno che riporti agli antichi lustri la tradizione vocale italiana. Magari un bel gruppo a cappella. Magari loro.

Rivogliamo i Neri per Caso

Domanda a bruciapelo: qual è il tormentone dell’estate? Di solito uno risponde al volo, sparando l’unico titolo che da maggio a settembre colonizza di prepotenza baretti sulla spiaggia, stazioni radio che ti ascolti con la macchina piena di bagagli, supermercati dove entri anche solo a prendere fresco (non lo fanno solo gli anziani).

Eppure quest’anno non è facile rispondere. Non è che manchino i concorrenti dell’annuale corsa al trono di sabbia, anzi. È proprio che qui nessuno sta vincendo. L’ecosistema dei tormentoni è così saturo che si sono venuti a creare tanti micro-ecosistemi che hanno finito col frammentare ascolti e ascoltatori, anche per colpa del fatto che banalmente manca la hit. Manca la Roma Bangkok del 2018.

Siamo arrivati a un punto di stallo, perché il reggaeton sta cominciando a infastidire pure le insegnanti di zumba e i pezzi sono così uguali fra loro che potresti cantare la strofa di Da Zero a Cento di Baby K col ritornello di La Cintura di Alvaro Soler senza che nessuno si accorga di nulla, nemmeno che una è in italiano e l’altra in spagnolo. Detto ciò, qua bisogna fare qualcosa.

Qua ci vuole qualcuno che, almeno momentaneamente perché tanto il tempo è ciclico, riporti in pressione i manometri del pop. Qualcuno che torni a lubrificare i pistoni arrugginiti della tradizione vocale italiana. Qualcuno che—e giuro posso passare in rassegna tutta la sala macchine—rimetta in moto gli ingranaggi dei tormentoni, magari con una bella selezione di RnB, gospel e reggae. Oh, ci vogliono i Neri per Caso.

E chi se li dimentica? Non c’era mai stato niente come loro. Un coro gospel, una cover band di Bobby McFerrin, un collettivo raggamuffin, una boyband e un furgoncino di tenores sardi ma tutte queste cose messe assieme. Non belli come gli N Sync, né ben vestiti come i Blur, quando si presentano a Sanremo ’95 sembra l’invasione di palco di sei camerieri del catering dell’Ariston, vestiti tutti uguali con il completo nero e una t-shirt bianca al posto della camicia. Poi però aprono bocca per cantare Le ragazze e da lì cambia tutto. Nel delirio di dance music, rockettari e rapper che sono gli anni Novanta, arrivano ‘sti sei scugnizzi di Salerno che ti cantano tutto a cappella, pulito, nascondendo tecniche complesse di armonizzazione dietro a una naturalezza allucinante. Paladini del DIY, riescono a far sembrare obsoleto qualsiasi strumento musicale nel raggio di 50 km da Sanremo, orchestra e Maestro Peppe Vessichio compresi.

Seguono sei dischi di platino con un solo album e un’immagine che lascia ampiamente spazio alle caricature, una su tutte, quella di Mai Dire Gol. È vero che non c’è più Mai Dire Gol, ma quante imitazioni di Baby K o Giusy Ferreri avete visto finora? Magari qualcuna, ma non facevano ridere di certo come un Teo Teocoli che canta in playback “fare sesso è naturale e fa bene a ogni età / non c’è niente d’immorale e beato chi lo fa”.

Ora, i Neri Per Caso non si sono sciolti, anzi. Sono ancora belli attivi, fanno i loro concerti (l’ultimo a Barolo per dare addio agli Elio & le Storie Tese) e sfornano ancora album, per quanto qualche anno fa Diego Caravano (quello coi capelli lunghi) abbia fatto come John Frusciante. Sono pure tornati a Sanremo quest’anno. Ma qui c’è bisogno di hit, signori. Si può tormentare da morire ma morire di tormentoni, no.

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