Rage Against the Tostapane: manifesto per una controcultura minima | Rolling Stone Italia
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Rage Against the Tostapane: manifesto per una controcultura minima

Lasciamo perdere la guerra al Sistema e i suoi disastri, e combattiamo il vero nemico: il senso. Sussurriamo supercazzole nell’orecchio di Google, che il motore di ricerca universale senta le voci!

Rage Against the Tostapane: manifesto per una controcultura minima

Foto IPA

Invece di una guerra contro il Sistema, inizia a combattere una guerriglia del Senso. L’hai capito che la rage against the Machine combina disastri: meglio prendersela con un tostapane. Sussurra supercazzole nell’orecchio del Grande Algoritmo, diventa la sua allucinazione uditiva: che il motore di ricerca universale senta le voci! Alla costante ricerca di gratificazioni chimiche, di modiche dosi di dopamina, ci siamo abituati a fare automaticamente A per ottenere B. Noi riproduciamo nella vita reale le dinamiche dei like, a caccia di approvazione immaginiamo pollici azzurri che si alzano per aria. Nemmeno le così dette buone azioni sfuggono alla dittatura psicologica dei cuoricini di Instagram e alla loro traduzione nella vita di carne. Ed è così che la Necessità ci tiene per le palle: non abbiamo scelta, seguiamo percorsi prestabiliti come gocce di un fiume nel suo alveo. Invece fermati, rifletti: e fa’ W per ottenere 0. Straripa a cazzo! Se dentro ogni idealista vive un fanatico pronto a bruciare gli infedeli, dentro un troll non può esserci nient’altro che una sorpresina Kinder.

La mattina, appena seduto davanti al computer, imponiti cinque minuti di navigazione nell’universo “punte di trapano”. Dopo qualche settimana, quando il tuo schermo sarà invaso da pubblicità di prodotti VonHaus che non comprerai mai, ti sentirai libero come una farfalla, un ribelle evaso dal carcere politico.

Durante i corsi di aggiornamento imposti dalla tua azienda o dal tuo ordine professionale sulla “digitalizzazione dei temperini” e sulla “deontologia nella turca”, avvia una ricerca sul tuo monitor, ben visibile ai vicini di postazione, con parola chiave: “Cazzi enormi”. Scorri i titanici risultati di Google Images, studia i singoli scatti con aria pensosa, massaggiandoti il mento, prendi appunti tutto concentrato. Attorno a te sentirai lo scricchiolio dei neuroni anchilosati dei tuoi colleghi, lo scivolare di sinapsi su fuoripista vergini di neve fresca.

Nelle conversazioni con i tuoi superiori, ogni settanta, ottanta parole, senza cambiare minimamente espressione, infilaci un “ribes”. La proporzione di assurdo sufficiente a instillare nel tuo capo un dubbio non provato. Si lambiccherà tutta la notte: ha detto veramente… ribes? Ma perché cazzo… ribes? Allo stesso tempo, chiedi ai tuoi sottoposti di rivolgersi a te con questa formula: “Attento al badile di Catozzi”. Tilt del burocratichese, graffiti colorati sulla facciata in cemento dell’Ufficio.

Da’ del Lei ai bambini, stringigli la mano con piglio professionale, avvia con loro conversazioni formali sul tempo atmosferico, sulle previsioni metereologiche della settimana. Quando ti presentano un nuovo adulto, nel dargli la stratta sorridi a favore di fotografi e a trentadue denti come un premier in un vertice internazionale, con la coda dell’occhio goditi il cortocircuito maxillo-facciale dei presenti, e riprendi la chiacchierata come se nulla fosse.

Al culmine dell’orgasmo, quando senti che ormai è troppo tardi per tornare indietro, ripeti mentalmente parole come “piorrea” e “necrosi”: avrai contrabandato il disgusto nella casa della bellezza, avrai introdotto una punk band al ricevimento di un’ambasciata.

A Roma, finita la sigaretta, incastra il mozzicone nella montagna di rifiuti che fuoriesce dal cestino e si disperde tutt’attorno. Mentre a Singapore, linda come lo studio di un dentista, buttalo orgogliosamente per terra: una molotov inesplosa sulle strade della distopia.

Ricopri la tua vecchia diesel che brucia i morti e che spande fumo nero da Londra dickensiana con adesivi verdi inneggianti all’energia pulita. Vota il partito avversario del partito in cui credi e che appoggi pubblicamente. Fa’ l’elemosina proprio ai mendicanti che ti stanno più antipatici. In palestra produci versi belluini nel sollevare pesi per bicipiti da tre chili e schiacciati un brufolo accanto all’energumeno che contrae il tricipite allo specchio: appena il pus esplode sul vetro gridacchia “uh” in falsetto. Nei ristoranti con i menù criptici e con le riduzioni molecolari, appena seduto ordina una mela. Manda mazzi di tulipani in un civico a caso di una città a caso – per chi se lo può permettere è consigliata una frequenza al limite dello stalking. Cambia canale appena finisce la pubblicità, alla ricerca di un altro spot. Imponiti di uscire almeno una volta al mese con una persona che detesti e che disprezzi e che non ha il potere di avvantaggiarti in nessun modo, e leccale il culo come se da lei dipendesse il tuo intero destino. Rischia tutto per qualcosa che non ne vale la pena. Se sei ateo prega tassativamente Maria Vergine prima di addormentarti, se sei credente bestemmia il nome di Dio nei modi più atroci: non c’è egoismo più fanatico del voler vivere per sempre e l’Altissimo non potrà non apprezzare il tuo disinteressato sacrificio.

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