Donald Trump preferirebbe non sentire mai più pronunciare il nome di Jeffrey Epstein. «State ancora parlando di Jeffrey Epstein?» ha chiesto a un giornalista che, lo scorso luglio, aveva menzionato il defunto criminale sessuale. «La gente parla ancora di questo tizio, di questo pervertito? È incredibile».
Sfortunatamente per il presidente, le domande irrisolte sui crimini commessi da Epstein insieme alla sua complice (condannata Ghislaine Maxwell) continuano a suscitare interesse a livello nazionale. Secondo i sondaggi, circa tre quarti degli americani vogliono che il governo renda pubblici tutti i materiali raccolti durante le indagini e i processi su Epstein, morto suicida in cella nel 2019 mentre era in attesa di processo per accuse federali di traffico sessuale di minori. Gli stessi sostenitori di Trump e i suoi alleati a Washington si sono mostrati particolarmente insistenti riguardo ai cosiddetti “Epstein files”, convinti che potrebbero coinvolgere vari membri dell’élite in una rete di traffico di minori. Durante la campagna elettorale del 2024, Trump aveva infatti lasciato intendere che li avrebbe resi pubblici in caso di rielezione.
Il problema è che Trump — amico intimo di Epstein per oltre un decennio — è lui stesso citato in questi documenti, come il Dipartimento di Giustizia gli ha comunicato a maggio. Ciò, di per sé, non costituisce una prova di colpevolezza, e Trump ha sempre negato qualsiasi conoscenza o coinvolgimento nelle attività illegali di Epstein. Ma l’associazione resta comunque compromettente, e il costante affiorare di nuovi dettagli sul loro rapporto (mercoledì, per esempio, i Democratici alla Camera hanno reso pubblica un’e-mail del 2019 in cui Epstein scriveva che Trump “sapeva delle ragazze”) non ha certo giovato all’immagine del Presidente. Nel frattempo, Trump non ha escluso un’eventuale grazia per Ghislaine Maxwell, trasferita quest’estate in un carcere a minima sicurezza, dove sta scontando la sua pena ventennale.
Ecco tutto ciò che sappiamo finora sul rapporto tra Trump ed Epstein.
Anni Ottanta: l’incontro a Palm Beach
Trump ha dichiarato che la sua amicizia con Epstein risale alla fine degli anni Ottanta. I due erano vicini di casa nella ricca Palm Beach, in Florida — Trump acquistò la tenuta di Mar-a-Lago nel 1985, inizialmente come residenza privata, prima di trasformarla in un country club dieci anni dopo — e frequentavano gli stessi ambienti mondani. Spesso avvistati insieme a feste e ritrovi dell’élite economica, Epstein e Trump sembravano molto legati all’epoca, secondo Jack O’Donnell, allora dirigente del Trump Plaza and Casino. «A mio avviso, (Epstein, nda) era il suo migliore amico, per tutto il tempo in cui sono stato lì, circa quattro anni», ha raccontato O’Donnell alla CNN nel 2025. Ha anche affermato che Epstein e Trump avrebbero introdotto illegalmente alcune minorenni nel casinò di Atlantic City di proprietà di Trump, dove i due trascorrevano spesso del tempo insieme.
Anni Novanta: il circuito delle feste
Il filmato più noto di Trump ed Epstein insieme risale a una festa del novembre 1992 organizzata da Trump a Mar-a-Lago, alla quale parteciparono alcune cheerleader della NFL. Trump invitò la NBC a documentare la serata; dopo l’arresto di Epstein nel 2019, l’emittente mandò in onda le immagini d’archivio, in cui i due sembrano commentare le donne presenti. «Guarda quella, là dietro… è sexy», pare dire Trump a Epstein in un passaggio. In un altro, si vede Epstein piegarsi in due dalle risate per qualcosa che Trump gli sussurra. In un altro frammento, Trump balla con una donna e le dà una pacca sul sedere.
Epstein fu anche tra gli invitati al matrimonio di Trump con Marla Maples, celebrato nel 1993 al Plaza Hotel di New York, e secondo i registri di volo presentati come prova nel processo a Maxwell del 2021, Trump avrebbe viaggiato tra Palm Beach e New York sui jet privati di Epstein sette volte tra il 1993 e il 1997.
Altri scatti che li ritraggono insieme provengono da una festa di Victoria’s Secret del 1997 a New York (Epstein era allora socio d’affari di Les Wexner, CEO di L Brands, la società proprietaria del marchio) e da un gala di beneficenza tenutosi a Mar-a-Lago nel 2000. In quell’occasione, Trump posò per una foto insieme alla futura moglie Melania, a Epstein e a Maxwell. Tra gli ospiti figurava anche Andrew Mountbatten-Windsor, principe della famiglia reale britannica, a cui a ottobre sono stati revocati i titoli reali dopo l’accordo extragiudiziale nella causa per abusi sessuali intentata da Virginia Giuffre, una delle accusatrici di Epstein, che sosteneva di essere stata instradata per favori sessuali proprio verso il principe.
Anni Duemila: la rottura
All’inizio degli anni Duemila, Epstein e Trump erano ancora grandi amici. «Conosco Jeff da quindici anni. È un tipo eccezionale», dichiarò Trump in un’intervista al New York Magazine del 2002 che descriveva Epstein come un “International Moneyman of Mystery”, un uomo d’affari dal misterioso fascino internazionale. «È molto divertente stare con lui», aggiunse Trump. «Si dice anche che ami le belle donne quanto me, e molte di loro sono piuttosto giovani. Non c’è dubbio — Jeffrey ama la vita mondana».
L’anno successivo, Epstein compì cinquant’anni. Per celebrare l’occasione, Maxwell chiese agli amici di scrivergli lettere, mandare foto o disegni da raccogliere in un album, il cui contenuto completo è stato reso pubblico a settembre dal Comitato per la Supervisione della Camera. Una nota che sembra provenire da Trump (anche se lui nega di averla scritta) includeva il disegno di una figura femminile nuda e un dialogo immaginario tra i due uomini. «Abbiamo certe cose in comune, Jeffrey», dice “Donald” nello scambio, battuto a macchina. «Gli enigmi non invecchiano mai, te ne sei accorto?» recita un’altra frase. La lettera si conclude così: «Un amico è una cosa meravigliosa. Buon compleanno — e che ogni giorno sia un altro meraviglioso segreto». La firma di Trump compare sotto il disegno e il messaggio.
Negli anni successivi, però, Trump ed Epstein si allontanarono. La loro rivalità per l’acquisto di una villa fronte mare a Palm Beach, messa all’asta dopo un pignoramento nel 2004, contribuì probabilmente al raffreddamento dei rapporti. Ma lo scorso luglio Trump ha dichiarato di aver tagliato i ponti con l’ex amico perché Epstein gli avrebbe “rubato” giovani dipendenti della spa di Mar-a-Lago. Secondo Trump, tra loro ci sarebbe stata anche Virginia Giuffre, assunta da Epstein come massaggiatrice quando era ancora adolescente nel 2000, dopo essere stata reclutata da Maxwell. Epstein rimase membro del club di Mar-a-Lago fino al 2007, quando Trump lo bandì, pare dopo che il finanziere aveva molestato la figlia adolescente di un’altra socia.
A quel punto, Epstein era già stato incriminato in Florida per adescamento a scopo di prostituzione, dopo un’indagine aperta dalla polizia di Palm Beach nel 2005, e l’FBI stava preparando accuse federali contro di lui. I suoi avvocati riuscirono a ottenere un accordo con Alexander Acosta, allora procuratore federale per il distretto Sud della Florida. In cambio dell’abbandono del procedimento federale, Epstein si dichiarò colpevole di due capi d’accusa a livello statale nel 2008, ricevendo una condanna a 18 mesi e l’obbligo di registrarsi come sex offender.
Quando Epstein fu arrestato di nuovo nel luglio 2019 e accusato di traffico sessuale di minori, Acosta — che nel frattempo era diventato Segretario al Lavoro dell’amministrazione Trump — finì travolto dalle polemiche per quell’accordo di non perseguimento, spesso definito un “sweetheart deal”. Si dimise dal governo quello stesso mese.
Anni 2010: una causa, accuse federali e la morte di Epstein
Nel 2016, una donna anonima identificata come Jane Doe intentò una causa sostenendo che Trump ed Epstein l’avessero aggredita e stuprata più volte nel 1994, quando aveva 13 anni, nella residenza newyorkese di Epstein. La denuncia fu ritirata pochi giorni prima che Trump vincesse le elezioni presidenziali (Trump è stato accusato di comportamenti sessuali inappropriati da 28 donne — nessuna delle quali minorenne — e nel 2023 è stato giudicato responsabile di abuso sessuale e diffamazione in una causa intentata dalla scrittrice E. Jean Carroll, una sentenza che da allora tenta di far annullare).
Nel 2017, Epstein parlò con lo scrittore Michael Wolff, definendosi il “più stretto amico” di Trump. Nell’intervista registrata, pubblicata nel 2024, sosteneva che Trump avesse dormito per la prima volta con Melania sul suo jet privato. Pur descrivendo Trump come carismatico, Epstein fu molto critico nei confronti del suo operato da presidente e lo definì un adultero seriale. «È una persona orribile», disse. «Fa cose cattive ai suoi migliori amici, alle mogli dei suoi amici, a chiunque: prima cerca di guadagnarsi la loro fiducia e poi la usa per fargli del male». Aggiungeva anche che Trump era “funzionalmente analfabeta”.
L’arresto di Epstein, nel luglio 2019, spinse Trump a prendere ulteriormente le distanze dal suo ex amico, affermando che non si sentivano da quindici anni. Il mese successivo, Epstein si impiccò nella sua cella in un carcere federale di Manhattan. Secondo Bill Barr, allora procuratore generale degli Stati Uniti, Trump rimase scioccato dalla notizia. Chiese un’indagine su come fosse stato possibile che Epstein morisse in custodia, ma allo stesso tempo amplificò teorie del complotto prive di fondamento che suggerivano un possibile coinvolgimento di Bill Clinton, anch’egli conoscente di Epstein.
Anni 2020: teorie del complotto e richieste di trasparenza
Dopo che Maxwell fu incriminata a livello federale per traffico sessuale nel 2020, Trump suscitò polemiche esprimendole il proprio sostegno: «Non sto seguendo troppo la vicenda», disse. «Ma, sinceramente, le auguro il meglio». Nel 2025, mentre stava appellando la sua condanna e chiedendo la grazia a un Trump nuovamente presidente, Maxwell dichiarò ai funzionari del Dipartimento di Giustizia di non aver mai visto il presidente “in contesti inappropriati”.
Nell’ottobre 2024, l’ex modella di Sports Illustrated Stacey Williams rese pubblica un’accusa secondo cui, nel 1993, Epstein — conosciuto l’anno precedente — l’avrebbe portata a incontrare Trump alla Trump Tower di New York, dove quest’ultimo l’avrebbe palpeggiata mentre i due uomini continuavano a conversare “sorridendosi e parlando come se nulla fosse”. Williams definì l’episodio parte di un “gioco perverso” tra i due. La campagna di Trump ha negato le accuse.
Le teorie del complotto sulla morte di Epstein iniziarono a circolare immediatamente dopo la notizia, sostenendo che fosse stato ucciso per coprire le responsabilità dei suoi potenti amici. I sostenitori del movimento MAGA, in particolare, sposarono l’idea che esponenti di spicco del Partito Democratico e ricchi liberali facessero parte di questo presunto insabbiamento, e invocarono la pubblicazione dei cosiddetti “Epstein files”: tutti i documenti legati alle indagini e ai processi per traffico sessuale di Epstein, risalenti fino al 2005. Alcuni arrivarono a chiedere la divulgazione di una fantomatica “lista Epstein” dei presunti clienti della sua rete criminale — una lista di cui non esiste alcuna prova.
Una volta tornato alla Casa Bianca, i sostenitori di Trump si aspettavano che mantenesse la promessa elettorale di rivelare tutto ciò che il governo sapeva sul caso Epstein. A tal fine, il procuratore generale Pam Bondi, a febbraio, invitò alla Casa Bianca diversi influencer di destra, consegnando loro raccoglitori di documenti etichettati “The Epstein Files: Phase One”, con l’intesa che ne avrebbero condiviso i contenuti con i propri follower. Si scoprì presto, però, che si trattava solo di materiali già di dominio pubblico, inclusa l’agenda di Epstein, pubblicata per la prima volta nel 2015. I teorici del complotto reagirono furiosi, anche perché Bondi aveva promesso rivelazioni eclatanti.
La mossa maldestra riaccese i riflettori sul legame tra Trump ed Epstein, mentre i funzionari dell’amministrazione cercavano di placare il malcontento per la mancanza di novità sul caso. A maggio, il direttore dell’FBI Kash Patel e il suo vice Dan Bongino — entrambi sostenitori in passato delle teorie del complotto su Epstein, prima che Trump li nominasse ai vertici dell’agenzia — dichiararono che i filmati della prigione dove Epstein era detenuto provavano che si fosse suicidato.
Una settimana dopo, nel pieno di un’accesa disputa pubblica, Elon Musk — grande donatore di Trump, appena dimessosi dal suo incarico di consigliere — scrisse su X, la sua piattaforma social, che Trump era citato nei file di Epstein. «È questo il vero motivo per cui non sono stati resi pubblici», affermò (cancellò poi i post).
All’inizio di luglio, il Dipartimento di Giustizia tentò di chiudere definitivamente la questione Epstein con un breve memorandum che confermava il suicidio, negava l’esistenza di qualsiasi “lista di clienti” e dichiarava l’indagine ufficialmente conclusa. Il dipartimento diffuse anche i filmati di sorveglianza della prigione la notte della morte di Epstein, che non mostravano nessuno entrare nella sua cella dopo di lui. I teorici del complotto trovarono il video poco convincente e si infuriarono per il fatto che il Dipartimento di Giustizia non avesse perseguito nessun altro in relazione al traffico sessuale organizzato da Epstein.
Il memorandum ha provocato anche una spaccatura all’interno dell’amministrazione, spingendo Trump ad attaccare i suoi stessi sostenitori per essersi interessati ai “file Epstein di stronzate” (“bullshit Epstein files”). Il presidente e i funzionari della Casa Bianca hanno cercato, senza troppo successo, di presentare la vicenda come un “hoax” orchestrato dai Democratici. Nel frattempo, il Wall Street Journal ha pubblicato l’esclusiva sulla lettera che Trump avrebbe scritto a Epstein nel libro per il suo compleanno del 2003; il presidente ha liquidato il documento definendolo “una cosa falsa”. Poco dopo, è emerso che Pam Bondi aveva già informato Trump, a maggio, del fatto che il suo nome compariva nei file di Epstein — contrariamente a quanto il presidente aveva dichiarato a un giornalista in luglio, sostenendo che il Dipartimento di Giustizia non glielo avesse mai comunicato.
Mentre le vittime di Epstein criticavano pubblicamente la gestione del caso da parte dell’amministrazione, Trump, in privato, si lamentava del fatto che fossero “democratiche” e volessero soltanto danneggiarlo. Nel frattempo, ad agosto, Ghislaine Maxwell è stata trasferita in un carcere più confortevole, dove secondo le fonti sarebbe “molto più felice” — anche se il Federal Bureau of Prisons non ha fornito alcuna spiegazione per il trasferimento. Ciò è avvenuto poco dopo che Trump aveva dichiarato alla stampa che avrebbe potuto concederle la grazia “se lo avesse voluto”. Maxwell ha inoltre rilasciato un’intervista al viceprocuratore generale Todd Blanche, in passato avvocato personale di Trump, in cui ha avuto solo parole lusinghiere per il presidente (in ottobre, la Corte Suprema ha rifiutato di esaminare il ricorso di Maxwell contro la condanna, lasciandole come unica possibilità la grazia presidenziale).
A settembre, lo Speaker della Camera Mike Johnson è finito sotto accusa per presunti tentativi di depistare l’opinione pubblica sul caso Epstein e bloccare ulteriori divulgazioni. Inizialmente aveva affermato, in modo surreale, che Trump fosse “un informatore dell’FBI” impegnato a incastrare Epstein — dichiarazione poi ritrattata. Successivamente, ha guidato i repubblicani della Camera nel rifiutare per oltre un mese di insediare la neoeletta deputata democratica Adelita Grijalva (Arizona), durante lo shutdown più lungo nella storia del governo americano. Poiché Grijalva avrebbe fornito la firma mancante necessaria a forzare il voto su una proposta di legge per la pubblicazione dei documenti relativi a Epstein — misura alla quale Trump si oppone — molti osservatori politici hanno interpretato la mossa come una strategia ostruzionistica. Grijalva è stata infine giurata il 12 novembre, aprendo la strada al voto sul disegno di legge per la desecretazione dei file Epstein.
Mercoledì, inoltre, sono stati pubblicati più di 20.000 documenti su Epstein da parte di Democratici e Repubblicani al Congresso, tra cui diverse email in cui il defunto abusatore parlava di Trump. In un messaggio a Maxwell del 2011, per esempio, Epstein scriveva: «Voglio che tu capisca che quel cane che non ha ancora abbaiato è Trump», sostenendo che Trump avesse “trascorso ore a casa mia” con una giovane donna che in seguito lo avrebbe accusato di traffico e abusi sessuali. In un’altra email del 2018, scriveva: «Vedi, so quanto è sporco Donald». In alcune conversazioni digitali arrivava persino a definirlo “ai limiti della follia”.
Ancora una volta, Trump e la sua amministrazione hanno tentato di minimizzare i legami diretti con Epstein. La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha definito le email “una chiara distrazione”, e il presidente ha ribadito la stessa linea. «I Democratici stanno cercando di tirare fuori di nuovo la bufala di Jeffrey Epstein perché farebbero qualunque cosa pur di distogliere l’attenzione dai disastri che hanno combinato con lo shutdown e su tanti altri fronti», ha scritto Trump su Truth Social. «Solo un repubblicano molto cattivo, o molto stupido, cadrebbe in quella trappola». Secondo fonti interne, Trump avrebbe contattato personalmente le deputate repubblicane Lauren Boebert e Nancy Mace — tra le più attive nel chiedere la pubblicazione integrale dei file Epstein — nel tentativo di convincerle ad abbandonare l’argomento.
Se la saga Epstein ci ha insegnato qualcosa, tuttavia, è che non è facile nascondere una storia del genere sotto il tappeto — non dopo anni di speculazioni febbrili, disinformazione e accuse di proteggere predatori sessuali ignorando le testimonianze delle vittime. Lentamente ma inesorabilmente, sempre più verità stanno emergendo, e la richiesta di risposte è oggi più forte che mai.













