Perché se hai oltre 30 anni non puoi vivere con un coinquilino | Rolling Stone Italia
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Perché se hai oltre 30 anni non puoi vivere con un coinquilino

Pur di non essere bamboccioni sopportiamo peli pubici, sperma congelato e subaffitti al limite dell'umano, ma se con il trapasso nellʼetà adulta stai ancora in casa con sconosciuti, o sei uno che si fa il bidet nel lavandino o sei un antropologo

Perché se hai oltre 30 anni non puoi vivere con un coinquilino

Per qualche mese a Milano ho vissuto con un polacco di nome Vlad che friggeva i würstel sempre il pomeriggio alle 16. Per merenda. A finestre rigorosamente chiuse. All’ora di cena rientravo e la cucina era intrisa di olio, che dalla padella era schizzato sulla cappa e poi per le ore successive era colato gocciolando sui fornelli tipo pioggia acida. Un puzzo indicibile, non andava via nemmeno con lʼinsetticida. In quella stessa casa, la dolce coinquilina in un momento di apertura, mi confessò di aver chiavato con uno nel mio letto settimane prima, perché era più comodo. Intanto avevo dormito per giorni tra i peli pubici dì chissà chi.

Sempre in tema peli in un altra casa avevo un lavandino impestato di qualcosa che non somigliava ai capelli. Il mio coinquilino ha sempre negato, ma essendo il lavandino ad altezza palle, di sicuro ci si faceva il bidet.

In tutte le convivenze sono stato derubato di cibo, shampoo di marca, prodotti per il corpo e lʼigiene personale. Uno si metteva i miei calzini e le mie mutande e quando osavo farglielo notare mi dava del tirchio. Poi le buttava nel mio cesto della biancheria ostentando premura e buone maniere. Vedi come sono educato? Sempre il solito era abituato a conservare le utili coppette di vetro dello yogurt Esselunga. Solo che non le lavava. Ai tempi dormivamo in doppia e sul sul comodino gli yogurt diventavano muffa. Li lasciava lì per mesi. Glieli infilai nel cassetto delle mutande che tanto non apriva perché usava le mie e non mi disse più niente a riguardo.

In quella casa il mio migliore amico ha successivamente congelato il suo sperma in un bicchierino riposto in frigo per vedere come solidificava, cercando di capire cosa gli succedeva a livello molecolare. Sempre lui, abituato a pensare in chiave business, decideva di subaffittare divani, poltrone, brandine a chiunque.

La sera poteva suonare il campanello alle undici e entrava un tizio che aveva parlato con lui e si era accordato per passare il weekend in casa. Il tutto senza avvisarti. Il piano del coinquilino-proprietario era comprare due letti a castello e dormire in quattro in una doppia. Incurante di ogni norma igienico sanitaria, di qualsiasi norma di costume. Se gli facevo notare che la cosa poteva darmi fastidio mi rispondeva che la casa era sua e decideva lui a quanti affittare.

Da una casa sono venuto via per non sentire i rapporti sessuali di un sex symbol veneto che in pieno giorno ululava e dai colpi che dava cascavano i quadri dal muro. Le poverine uscivano claudicanti, sbiancate e scappavano di soppiatto mentre lui fumava nel letto. Poi, a palle fuori, vagava per i corridoi vantandosi delle sue imprese.

Sarò di certo io che attiro questo tipo di energie ma di sicuro la gente da il peggio nelle coabitazioni forzate. Viviamo assieme per spendere meno, pur di non essere i bamboccioni che stanno a casa coi genitori fino a quarant’anni, in città per studenti fuori sede, o dove lavoriamo. Ma ci rimette sempre la qualità della vita. Dopo un poʼ chiunque se non il proprio partner si rivela insopportabile alle 7 del mattino.

Lʼultima volta ho promesso a me stesso che piuttosto che coabitare avrei vissuto in auto e ricordo i miei anni nella “casamera” (un monolocale di 20 mq in corso Genova a Milano ribattezzato così dalla mia migliore amica perché era sia una casa, che un’unica stanza, una camera appunto) come uno dei periodi più belli della mia vita. Il mio piccolo tempio, la mia piccola reggia. Non potevo nemmeno ospitare nessuno perché la casa era una stanza e mi sentivo il padrone di tutto lo spazio.

Spesso ho vissuto con amici, ed è stato peggio che con gli estranei. Ho ancora uno dei miei giacconi preferiti con una crosta tipo colla. Non è colla, è seme. Il mio coinqui ricevette una visita nel cuore della notte e scese in cortile per un bacio con la fiamma del momento. Si fecero prendere la mano e lei glielo prese in mano e nella gioia lui liberó la sua potenza sul mio cappotto della Marina. Ancora oggi, dopo due passaggi in tintoria, la crosta resta. Lui ride e si vanta di avere lo sperma acido come la bava di Alien che perfora i pavimenti. Non ha mai avuto rimorso del suo gesto e quando ci vediamo di fronte a sconosciuti mi introduce con questo aneddotto. E io mi incazzo ogni volta.

La gente è il più grande spettacolo e non devi neanche pagare il biglietto, diceva uno dei miei miti. Ma la distanza è tutto. Trentʼanni è il trapasso nellʼetà adulta. Fino a quel momento puoi scendere a compromessi per una casa in centro, ma poi devi scegliere chi essere. Conosco dei cinquantenni che convivono con sconosciuti e infatti sono degli ex scoppiati frequentatori di discoteche al limite della notte e del mondo delle droghe leggere. I classici molesti.

Con tutto lʼamore del mondo, se dopo i 30 stai in casa con sconosciuti, o sei uno che si fa il bidet nel lavandino o sei un antropologo, un osservatore delle perversioni e del costume. A quel punto, meglio vivere coi genitori, almeno qualcuno può prendersi cura della tua biancheria.

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