Per favore: più Baustelle, meno Nardella | Rolling Stone Italia
Come rovinare un weekend

Per favore: più Baustelle, meno Nardella

Poteva essere un weekend perfetto se non fosse arrivato il sindaco di Firenze a ricordarci in che mondo viviamo, da dove veniamo e dove probabilmente siamo diretti

Per favore: più Baustelle, meno Nardella

Alberto Piccinini: Che ti devo dire? Il weekend era cominciato alla grande. Mi sono svegliato venerdì posseduto, come ormai mezza Italia credo, dal ritornello gothic-trash di “Osimhen/ ha segnat’ Osimhen/ E’ nu mostr’ Osimhen”. Lo conosci? Recuperalo subito. È un video di Alex Garini, comico tiktoker napoletano ultratamarro: in repertorio imitazione di neomelodici, parodie di Marco Mengoni, figa, bodyshaming, Ferragni, mamma grassa, tutta roba pochissimo oltre la soglia della decenza, e non credo ironica. Vabbè. Ricalcando Ameno degli Era, una hit francese del 1996 cantata in finto latino gregoriano, Garini ha girato un videoclip kolossal vestito da frate a cavallo, sulle montagne del Molise. Era uscito a ottobre scorso, adesso pare che la cantino non solo i tifosi del Napoli, ma pure tutto lo spogliatoio: “Dicevano che sapeva fare soltanto limonate/ E invece no/ A me m’ piac’ Osimhen”.

Alex Garini - Osimhen

Giovanni Robertini: Bellissimo, ma se non me l’avessi fatto conoscere tu, non avrebbe mai superato la cortina di ferro ideologica che separa Milanoland dal resto del mondo. Solo questa settimana abbiamo due squadre in Champions, la coda della polemichetta sulla decadenza della città, e ben due pezzi nelle uscite del venerdì di Spotify: Milano Dannata di Chiello e Milano è la metafora dell’amore dei Baustelle. Può bastare? Aggiungi che l’altra sera sono stato al concerto di Adam Green, crooner newyorkese indie molto in voga ai tempi di MTV (vent’anni fa) accompagnato alla chitarra dal Nongio, Francesco Mandelli. Una sorta di meeting del radicalismo snob: illustratori, stylist, producer televisivi, giornalisti, terziario avanzato in divisa minimal chic, tutti elettori di Elly Schlein, potrei metterci la mano sul fuoco. E tutti sorridenti, con la birretta un po’ sgasata dell’Arci, di aver abbandonato per una sera l’affannosa rincorsa all’hype della trap, delle “collabo” tra i brand, della decadenza del clubbing (anche per limiti di età), finalmente pronti a rivendicare con orgoglio un’identità che è indie e di sinistra, sicuramente snob ma a km zero, artigianale. Devo dare ragione a Francesco Bianconi che intervistato da Giulia Cavaliere qui su Rolling dice che la polemica sull’odio per Milano “è come sputare su una cosa che funziona” e che potrebbe essere “una mossa che più o meno volontariamente dà una mano a una posizione politica filogovernativa”. Capito? È un complotto, ma ci difenderemo alzando gli scudi della nostra collezione di vinili vintage.

AP: Che poi Osimhen è interessantissimo. Mascherina da zorro a parte, uno dei centravanti più diretti degli ultimi anni, di una modernità pari soltanto alla techno gay ugandese (Njege Njege hai presente?) o all’amapiano sudafricana. Uno schiaffo in faccia al phascismo nazionalista. E dove sta? A Napoli. Napoli nostra unica e vera metropoli. Napoli e Milano. Per questo accolgo il sorteggio della Champions come presagio buono, un lampo di memoria sopra questo disgraziato Paese. Le sfide Napoli-Milan dell’88-89: Maradona contro Gullit, Virdis, Bruno Giordano, Rijkaard e Gianfranco Zola, Troisi e Pino Daniele, C’è da spostare una macchina, la Lambada e Ride on time dei Beat Box. Quante speranze. E guarda, sono contento che Napoli-Milan sia di nuovo una sfida musicale come ai vecchi tempi: Osimhen di Alex Garini contro Milano è la metafora dell’amore dei Baustelle. “Da sola contro il mondo di squallore e fascismo sta”. Per me è un pari, no?

GR: Pareggio, e Champions divisa a metà, come il premio dell’ultima edizione di LOL per mancanza di vincitori. E niente ultras, non parlo solo delle vecchie gang di curva e del loro violento Interrail. Liberiamoci dalle vignette brutte dei quotidiani di destra – “Elly ebrea ashkenazita”, ma ashkenazita de che? Ma che stai a dì? Manco sai come si dice Kvarathskelia! Ma per favore.. – dai troll Giubilei su Twitter, da Travaglio e Orsini, dal dissing come rumore di fondo. Torniamo al “bel giuoco” a porte chiuse, tra amici davanti alla Tv, con o senza pezz8. Godiamoci la Primavera Italiana, senza piazze ma con gli stadi vecchi, che funzionano benissimo. Facciamo come al concerto di Bob Dylan, paghiamo 5 euro per farci sequestrare il telefonino e vivere liberi dal peccato. Prima però scavalchiamo le transenne, che 130 euro per un concerto non si può proprio sentire.

AP: Ma insomma ti stavo per dire che weekend perfetto sarebbe stato questo se non fosse arrivato il sindaco Nardella a ricordarci in che mondo viviamo, da dove veniamo e dove probabilmente siamo diretti. Nardella l’amicone di Renzi, il vice candidato di Bonaccini, il boyscout perfido proprio come lo faceva Alberto Sordi nel dopoguerra. Non voglio spendere altre parole su lui e tutti i suoi meme di merda. Mi scopro a sognare un’Italia diversa, fatta di sole due città, Napoli e Milano unite da frequenti corse di Frecciarossa no stop. Firenze possiamo interrare la stazione, già che ci siamo interriamo pure anche la città. Stessa cosa per Bologna. Roma ci devo pensare, basta che mi lasciate il tavolino al sole dell’isola pedonale del Pigneto e il mercato che scendo a comprare i broccoletti.

GR: Che poi ho letto l’intervista al poro attivista braccato da Nardella come in un b-movie d’azione. “Anche l’operaio che protesta per i propri diritti crea un disagio alla fabbrica; se i suoi diritti fossero garantiti non la bloccherebbe. Dove è l’errore? Nell’operaio o nella fabbrica? Con queste azioni noi vogliamo porre un tema”. Tutto giusto, pure troppo, sembra un monologo di Volonté. E così risponde al sindaco che gli ha dato del barbaro: “Non mi sento vandalo, incivile, né pericoloso. Ho 32 anni, faccio l’assistente socio sanitario, tengo alle persone e al futuro”. Se fossi un producer hip hop avrei già campionato queste parole in un pezzo, titolo N.W.A., Nardella Without the Attitude.

AP: Per fugare il pensiero di Nardella ascolto Glim di Kmru, che è nato a Nairobi ma vive a Berlino. Di solito mentre ascolto questa roba leggo anche la recensione di Pitchfork ad alta voce: prickly and ominous, rarely deviating from minor keys. Kamaru likes bit-crushed distortion that makes his music sound like it’s echoing out of the busted speakers of a Game Boy Advance. Che poesia, fa subito effetto, sto meglio.

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