Maranza vs figli di papà: la nuova lotta di classe teorizzata da Del Debbio | Rolling Stone Italia
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Maranza vs figli di papà: la nuova lotta di classe teorizzata da Del Debbio

Per i retequattristi adesso è il momento dei trapper, spinti un po’ dal decreto Caivano e un po’ dal terrore immigrazionista diffuso a piene mani tramite le baby gang

Maranza vs figli di papà: la nuova lotta di classe teorizzata da Del Debbio

Foto: Mediaset

Alberto Piccinini: Siccome l’altra sera non avevo niente da fare ho guardato la tv, e ho scoperto che per i retequattristi adesso è il momento dei trapper, spinti un po’ dal decreto Caivano e un po’ dal terrore immigrazionista diffuso a piene mani tramite le baby gang. Ieri da Del Debbio c’erano il vecchio Josh di Zona 4, orgoglio dell’hip hop di Corvetto, e i giovani Khalid e Cialdina di non so dove, second generation ma di brutto. Spero fossero pagati. Simba La Rue in persona, inseguito dalla solita molesta inviata, ha regalato alla trasmissione un TikTok di puro odio, replicato giustamente due volte. Il cast sembrava preso di peso dal tuo nuovo noir, ma gli applausi più scroscianti l’hanno avuti il direttore di Libero Senaldi, che in tv ci vive, manco passa più a casa a cambiarsi, e l’europarlamentare leghista Sardone con una nuova pettinatura. Il dibattito in genere serve più a loro, the normals, che possono vantarsi della loro passata gioventù. Mi pare di aver sentito Del Debbio dire che la sua università era «piena di africani» e il suo liceo di gente ricca, invece mamma gli comprava i cappotti di tre taglie in più. La storia di Sardone, nata «in periferia di un paesino di provincia» che si è pagata tutto con le borse di studio, l’avevo già sentita tre o quattro volte.

Giovanni Robertini: Eh sì, li ho visti anche io Khalid e Cialdina Croccante bullizzati da Del Debbio con tanto di ramanzina della Sardone. Il format olio di ricino e il presentatore un po’ prete e un po’ buttafuori sono un nuovo genere, forse i ladri della metropolitana e i rom che occupano le case avevano fatto il loro tempo e non facevano più ascolto. Come al solito non si capisce nulla, tranne che gli adulti parlano sopra ai ragazzi, che gli italiani sono razzisti e che il format teorizza una sorta di lotta di classe dove i maranza vanno a menare i figli di papà. Chi non ha nulla vuole una cosa e se la prende da chi ce l’ha già. Siamo in un saggio di Piketty sulle disuguaglianze o in un film dell’orrore con zombie in TN che scendono in centro dalle periferie a fare brutto? Purtroppo in nessuno dei due, il paternalismo, il moralismo e la tragica sete di giustizia fanno rissa con la povertà, il disagio e l’ostinata forza di avere una vita e divertirsi a qualunque costo. E non serve neanche riprenderla col telefonino la rissa, ci pensano le telecamere in HD dello studio di Del Debbio

AP: Il programma ha fatto tra l’8 e il 6%. Neanche malissimo parlandone professionalmente, ma ne valeva davvero la pena? Il segmento successivo era una roba di contadini e camionisti contro l’autovelox, mi sembrava più in target. La cosa che mi ha fatto davvero riflettere è che nel frattempo su Raiuno, dopo una pippa sull’Ucraina col nuovo ambasciatore russo, Vespa ripartiva dalle baby gang. Pure lui. In studio Diego Willer, trapper da San Siro, bravo a spiegare la differenza tra drill e rap, che dieci giorni fa avevo visto da Del Debbio, e spero per questo abbia tirato sul prezzo. Poi un poliziotto, poi un vecchio cronista romantico come Massimo Lugli e poi non mi ricordo. Servizio da Caivano, trascurabile. Anche Vespa non è andato oltre il 6-7% ma ha finito all’una di notte. A chi giova? Boh.

GR: Ancora su Del Debbio, che magari ci chiama ospiti, ma mi raccomando facciamoci pagare anche noi per l’ospitata ché sono uscite le nuove Jordan e mi servono i soldi. A un certo punto tutta la Padania compressa dentro alla Sardone esplode: «Se non ti va bene che io dica quello che voglio, se non ti va bene la libertà di parola e la libertà di espressione allora… tornatene al tuo paese!». Novanta minuti di applausi. Tristezza. Ascolto il nuovo singolo di Baby Gang: Seconda generazione, non è una hit come Levante di Simba e Paky, ma tre le uscite di questo venerdì è una delle migliori. Quando canta “Non ho un milione in banca, ma ho un milione in tasca / Ho un caricatore pieno, entro à la Vallanzasca / Sono italiano e arabo, mafia, cous cous, pasta” mi viene in mente il giorno che sono andato per Rolling a intervistare Baby Gang in una comunità sul Lago Maggiore. Stavamo camminando su un sentiero che costeggia il lago per cercare uno spot buono per le foto e a un certo punto Zaccaria mi indica un barchino dicendomi che era quello che aveva usato Vallanzasca, ospite delle stessa comunità anni prima, per andare a pescare di nascosto – o per fuggire? – prima di essere beccato da una pattuglia di carabinieri sul motoscafo. Tempo dopo il bel René offrì la sua voce a una canzone del gruppo che gli aveva tributato ironicamente omaggio, la ska band milanese Vallanzaska. Il pezzo era sull’Expo e lui cantava: “Soldi a palate, affari, business, altro che i miei lavoretti”. Tutto senza Auto-Tune.

AP: Che tempi. Io stavo dando un ascolto distratto a Drake e Bad Bunny, Gently si chiama, col feat del re mondiale di Spotify da Portorico. È divertente. Un po’ perché la base richiama uno dei caposaldi dei dj latinos, i dischi rallentati, la rebajada. Un po’ perché quando Bad Bunny proclama “Sono stanco di tutto il mondo meno che della fica / stappo una bottiglia di champagne nella mia Porsche”, e io l’ascolto dall’impianto della mia Panda, che è stato tarato da un geometra di Bollate, ho come un senso di protezione, di scampato pericolo, di nirvana narrativo. Come diceva la filastrocca? Casca il mondo casca la terra tutti giù per terra.

GR: Abbiamo parlato abbastanza di baby gang e di violenza di strada e dei talk e ora vorrei chiudere parlando di Violenza, Maria Violenza: palermitana, amatissima in Francia, suona un synth punk meraviglioso, denso e psichedelico. L’altra sera abbiamo visto insieme l’ultima data del suo tour, al Fanfulla di Roma, forse il miglior club per concerti italiano. Il pubblico, un mix unico di nerd, lavoratori culturali, studenti, scappati di casa, creativi, liquidi, estroversi e presi bene non aveva nulla da invidiare ai club europei. Era lunedì sera. Il locale era pieno. Probabilmente a quell’ora in tv c’era qualcuno che stava menandosi in tv in uno dei talk di cui sopra. Come diceva Gil Scott-Heron? “Revolution will not be televised”…

AP: Alla faccia di Vasco Rossi e dei suoi 240 mila biglietti venduti in un’ora, se ci sarà una rivoluzione è più probabile che passi dal Fanfulla.

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