Se si prestava attenzione, si poteva intravedere una Cadillac del 1937 fagocitata dalla sterpaglia. Da fuori, la casa era quasi del tutto sommersa dalla vegetazione incolta. All’interno era molto peggio, animali selvatici come gatti, procioni e opossum avevano preso possesso delle stanze. Una montagna di lattine alta un metro e mezzo si ergeva come una catena montuosa nella sala da pranzo. Un odore nauseabondo infestava l’aria, gli escrementi degli animali erano ovunque e al piano superiore, nella camera da letto, c’erano addirittura feci umane. I mobili e gli infissi erano marci e tutto era pericolante. Una vita al limite come purtroppo vediamo spesso nei reality show o in alcuni video dei social con persone che hanno perso lavoro, famiglia o salute mentale. In questo caso le protagoniste della vicenda sono due donne che facevano parte di una delle famiglie più benestanti e di assoluto prestigio degli Stati Uniti, dal carattere intraprendente, piene di energia e con un futuro assicurato in quell’1% della popolazione mondiale. Questa è la storia di Edith Ewing Bouvier Beale e di sua figlia Edith Bouvier Beale.
Siamo negli Hamptons, fuori New York, alla fine di Long Island, dove tutti i ricchi americani hanno una seconda (o terza, o quarta) casa al mare. Iniziò a essere “colonizzata” dai benestanti newyorkesi nei primi del Novecento come località di villeggiatura non troppo lontana dalla città. Da queste parti nei ruggenti anni Venti si facevano quelle grandi feste che ispirarono Francis Scott Fitzgerald per Il grande Gatsby. Proprio in quegli anni, Phelan Sr. Beale e la moglie Edith (chiamata Big Edie) con al seguito i loro tre figli, Phelan Jr., Bouvier ed Edith (soprannominata Little Edie per distinguerla dalla madre) comprarono una villa da 28 stanze che venne battezzata con il nome di Grey Gardens.

Little Edie a Grey Gardens. Foto: Pinterest
Big Edie faceva parte di una famiglia illustre, i Bouvier. Tra i componenti di questa c’era anche una giovane ragazza, sua nipote, che sarebbe diventata una delle donne più famose al mondo, Jacqueline Bouvier. Soprannominata Jackie entrò poi a far parte di un altro clan di prestigio a stelle e strisce, i Kennedy, e dopo la morte del marito John aggiunse al suo un altro nome dell’aristocrazia mondiale, quello del secondo marito Aristotele Onassis. Prima di Jackie, un’altra ragazza della famiglia aveva tutte le carte in regola per proseguire il lignaggio, forse con più ragione di Jackie stessa. Sua cugina Little Edie era una bellissima ragazza, i giornali locali le avevano dedicato articoli celebrando la sua ambizione da poetessa. Ebbe una relazione con Howard Hughes e ricevette una proposta di matrimonio da un altro miliardario, Paul Getty. Lei stessa raccontava di un flirt con Joe Kennedy Jr., il maggiore dei fratelli, il primo su cui sarebbe ricaduta l’investitura presidenziale se non fosse morto in un incidente aereo. Nessuna di queste iniziative portò all’altare e tutto invece prese una brutta piega con il seme della follia che attecchì e crebbe come le piante rampicanti che negli anni Settanta avviluppavano la villa dei Beale negli Hamptons.
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Nel 1946, dopo più di 10 anni di separazione, i Beale divorziarono. Big Edie era vanitosa e accentratrice in ogni circostanza, come in occasione del matrimonio del figlio al quale arrivò a metà cerimonia e vestita in modo eccessivamente sfarzoso. Dal marito non ricevette alcun mantenimento mentre dalla famiglia ebbe un fondo fiduciario per una cifra di soli 65.000 dollari. Non si curava di niente, se non di cantare davanti agli ospiti nella sua Grey Gardens che da dimora estiva divenne una prigione autoimposta.
La giovane Edith invece seguì le aspirazioni da cantante e ballerina lontano dalla madre, si stabilì così all’hotel Barbizon di New York ed ebbe una relazione con un uomo sposato. Sfilò come modella e fu notata da chi conta nel settore dello spettacolo. Tutto sembrava andare nella giusta direzione, ma nel 1952 iniziò a ricevere sempre più chiamate dalla madre, sola e con qualche problemino già in atto. Il 29 luglio dello stesso anno tornò a farle visita a Grey Gardens: in quel momento non sapeva che quella scelta le sarebbe costata i sogni e l’indipendenza. Entrambe avevano velleità artistiche e fantasticavano di esibirsi davanti a un pubblico, ma invece finirono per nascondersi a chiunque. Eppure, nel punto più basso delle loro esistenze, divennero oggetto di interesse per vicini, parenti, autorità, giornalisti, registi e quindi per il mondo intero.
Prima che gli uomini d’affari di Wall Street atterrassero qui con i loro elicotteri e plasmassero l’ideale del posto a loro immagine, ci fu un periodo in cui gli Hamptons furono un rifugio per i protagonisti della scena artistica newyorkese, una sorta di Factory in vacanza. Da queste parti negli anni Settanta, tra Montauk e South Hampton, si potevano trovare Andy Warhol, Elizabeth Taylor, Keith Haring, Halston, Truman Capote e i Rolling Stones. Tra di loro c’era uno dei “cigni” di Capote, Lee Radziwill, sorella di Jackie e quindi nipote e cugina di Big e Little Edie. Nell’estate del 1972 Lee decise di realizzare un documentario sugli Hamptons e chiamò Albert e David Maysles, due registi che avevano già girato un primo lavoro sui Rolling Stones dal titolo Gimme Shelter. Lee decise di coinvolgere la zia e la cugina che abitavano in zona, ma che non vedeva da tempo e su cui erano uscite notizie nei giornali circa la strana vita che conducevano. Le aiutò quindi a ristrutturare la casa ed evitare uno sfratto disposto dal giudice. Tuttavia, una volta valutato il materiale girato, si convinse a non distribuirlo forse perché ritenuto poco lusinghiero e lontano dall’intento iniziale. Ma ormai l’interesse verso le due Edie era divenuto inevitabile: quella storia doveva essere raccontata (il documentario di Lee Radziwill fu alla fine rilasciato nel 2017 con il titolo That Summer).

Little Edie a Grey Gardens. Foto: Pinterest
Sempre all’inizio degli anni Settanta, Gail Sheehy, giornalista del New York Magazine, e sua figlia si imbatterono per caso nell’eccentrica Little Edie e nella sua singolare dimora. La figlia di Sheehy, al tempo una bambina, guardò la villa fagocitata dalle piante e disse alla strana donna che doveva essere bello vivere in una casa che non doveva essere mai pulita. Al che Little Edie rispose con estrema naturalezza rivelando la sua personalità naïf: «Oh, mamma pensa che sia artistico così, come una casa di Frank Lloyd Wright. Non ti piace l’aspetto del Bayou (zona paludosa, ndr) della Louisiana invaso dalla vegetazione?».
Altri furono più determinati e preoccupati dalla faccenda, come i vicini che ottennero una risposta più concreta con l’intervento delle autorità: in quella casa si viveva in modo intollerabile e non solo per gli standard di ricchezza di chi risiede negli Hamptons, ma per qualsiasi essere umano. Le segnalazioni, la vegetazione incolta, le bollette non pagate, la mancanza di acqua corrente e la caldaia non più a norma portarono alle ispezioni del Dipartimento della sanità. I pubblici ufficiali videro lo scenario raccapricciante descritto in apertura dell’articolo e qualcuno ebbe conati di vomito. La mancanza dei requisiti per l’abitabilità secondo le norme edilizie e igienico-sanitarie obbligò gli ispettori a intimare alle inquiline di adeguarsi, altrimenti sarebbero state sfrattate. Gail Sheehy si mise in contatto con Little Edie, che disperata le disse: «Siamo artisti contro i burocrati. Io ballo, scrivo poesie, disegno. Ma questo non significa che siamo pazze o che prendiamo eroina o altro! Per favore, dite loro cosa siamo».
La notizia andò sui giornali prendendo slancio anche dall’illustre parentela. Jackie-O mantenne le distanze, ma insieme alla sorella Lee aiutò le due donne facendo realizzare alcuni lavori di ristrutturazione ed evitare così lo sfratto. La casa fu salvata, ma questo non bastò a risolvere la situazione che aveva radici ben più profonde di quelle delle piante rampicanti attorno alla casa. Gli altri figli di Big Edie non intervenirono anzi, speravano che la loro inerzia avrebbe finalmente portato alla soluzione che da tempo ricercavano: la vendita della proprietà e l’ingresso in qualche istituto per la madre. Nel 1973 l’idea del documentario che Lee aveva realizzato e poi accantonato era ancora in testa ai due fratelli registi che aveva coinvolto. I Maysles si ripresentarono quindi alla porta di Grey Gardens con l’intento di filmare – e questa volta distribuire nelle sale – la loro storia.
A settembre del 1975, quasi 50 anni fa, venne proiettato al New York Film Festival il girato più famoso sulla vita delle due donne Beale dal titolo Grey Gardens, e il successo fu immediato. La morbosa curiosità del pubblico per situazioni intime di una famiglia illustre caduta in disgrazia consacrò le due Edie alla celebrità, anche se non per il ballo e il canto. Ciò nonostante, non si vergognavano affatto di quanto mostrato: erano perfettamente a loro agio con ciò che altri avrebbero reputato vergognoso e si prestavano a favore di camera senza alcuna riluttanza.

Little Edie fotografata da Andy Warhol. Foto: Pinterest
Dai filmati, Big Edie risulta essere il perfetto incontro tra le due “Norma” più celebri della storia del cinema, cioè Norma Bates di Psycho e Norma Desmond di Sunset Boulevard. La donna era gelosa della figlia al punto da farle rinunciare alle soddisfazioni di una vita che l’avrebbe condotta lontana da lei, nel mondo dello spettacolo o con un uomo. Inoltre, spesso infieriva indulgendo sul passato e stroncando il futuro. Ma la piccola Edie ha saputo cogliere l’opportunità di essere finalmente protagonista e nel film la vediamo mettere in piedi il suo show, pronta in ogni momento a mostrare il suo lato frizzante e comico.
Little Edie si distingueva per uno stile estroso con un guardaroba che prevedeva gonne improvvisate utilizzando qualsiasi ritaglio di stoffa i cui lembi erano tenuti insieme da nodi e spille da balia oppure costumi da bagno abbinati a collant e come soprabiti pellicce e trench in pelle. Una caratteristica peculiare erano i foulard colorati oppure i maglioni che venivano impreziositi da spille dorate e usati come turbanti per coprire l’alopecia di cui soffriva. Look improbabili che lei riusciva a indossare con incredibile personalità e autorevolezza, simbolo della sua aristocrazia decadente contagiata da una volontà artistica e da un pizzico di follia. Ha precorso i tempi, o lanciato una moda, con un’estetica che oggi potremmo descrivere come molto vicina ad alcune creazioni di Miuccia Prada. Nel 2008 John Galliano realizzò una sfilata ispirandosi proprio alla nostra protagonista, ma non mi spingo oltre in quanto profano della materia.
«Abbiamo avuto 300 gatti in totale. Ora ne abbiamo 12, ma non sono selvatici. Sono pelosi», raccontava Little Edie al New York Magazine. «Troverò un lavoro e andrò a New York», sussurrava disperata nel primo documentario realizzato dalla cugina. «Mi interessano solo tre cose: la Chiesa cattolica, nuotare e ballare», così si descrisse invece nel secondo lungometraggio. Da tutte le testimonianze raccolte emerge una donna genuinamente immatura ed estremamente volubile. Da un lato incapace di comprendere la situazione che la circondava tra pellicce, quadri, pulci e procioni (che nutriva con pacchi di pane) e dall’altro esasperata dalla vita insieme a un’anziana sommersa da gatti, sporcizia e disappunto. C’è un altro passaggio nella lunga intervista con Gail Sheehy che mi ha colpito e riguarda il ricordo della sua bellezza in gioventù, parole da cui si può cogliere l’essenza della sua personalità, un tenero incontro tra disperazione e ottimismo: «Voglio staccarmi dal passato! Capisci? Mi piace pensare di essere brava ora. Sono fantastica ora!».
Nel 2009 Jessica Lange e Drew Barrymore interpretarono madre e figlia nel film HBO Grey Gardens – Dive per sempre (lo trovate su Sky e Now TV), fedelmente basato sul documentario del 1975, quasi shot-for-shot. Venne fatto addirittura un musical su di loro. Tutto questo mostra come la vicenda abbia catalizzato l’interesse di molti e a lungo. Il successo che Little Edie aveva sognato per decadi da quella casa fatiscente degli Hamptons alla fine arrivò. Prima “duettando” con la madre in Grey Gardens e dopo, quando Big Edie morì, come solista. La casa fu venduta nel 1979 con il preciso impegno per l’acquirente di non demolirla e realizzarne solo una ristrutturazione, in merito la Edie superstite apostrofò il vincolo con il suo solito piglio «basta un mano di vernice».
Si trasferì di nuovo nell’amata New York, salì più volte sul palco di un locale del Village in qualità di comica e come le celebri cugine Jackie e Lee divenne una delle muse di Andy Warhol, il più grande artista del periodo. Dopo 25 anni di isolamento, all’età di 62 anni, era diventata una star e iniziava per lei una nuova vita.












