L’incredibile storia di Lonnie Walker IV, eroe non per caso di gara IV tra Lakers e Warriors | Rolling Stone Italia
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L’incredibile storia di Lonnie Walker IV, eroe non per caso di gara IV tra Lakers e Warriors

I dieci minuti di poesia concessi da 'Lonnie the Fourth' durante il quarto quarto di gara quattro (!) sono stati il riassunto della (pazza) stagione dei Lakers: sembravano spacciati, e adesso invece rischiano di vincere tutto. I capelli, gli abusi subiti da bambino, il basket come riscatto e la voglia di sentirsi leggero: epopea di un eroe su cui nessuno avrebbe scommesso un centesimo

L’incredibile storia di Lonnie Walker IV, eroe non per caso di gara IV tra Lakers e Warriors

Lonnie Walker IV

Foto: Jevone Moore/Icon Sportswire via Getty Images

La bellezza dello sport non sta nei gesti atletici o tecnici. Ma va.

O almeno, non solo in quelli.

La vera bellezza, ciò che fa veramente sognare, sta nelle storie. Il gesto è tecnica e capacità, ma quando a questo si accompagna una storia, lo sport diventa racconto o addirittura poesia.

È per questo che quando il talento viene incorniciato da grandi storie i campioni diventano “miti”, “leggende”. Lo dice la stessa parola: all’azione si accompagna la narrazione.

Ecco, quello che è successo l’altro ieri sera qui a Los Angeles sul parquet della Crypto Arena ha a che fare proprio con questo, e ciò che rende il tutto ancora più magico è che quella che stiamo raccontando non è solo “una storia”, ma una storia nella storia.

Facciamo un passo indietro, un bel passo indietro, di quasi un centinaio di partite. Inizio di stagione NBA 2022/23. I Los Angeles Lakers si presentano al via con un roster in cui spiccano le tre superstar: Lebron James, Anthony Davis e Russell Westbrook, figliol prodigo di Los Angeles, acquisito la stagione precedente con l’intento di creare uno squadrone che possa ambire ancora al titolo dopo quello vinto nel 2020, la cosiddetta “Bubble Season”. Ma le cose nel 2021 non sono andate come si sperava. I Lakers, dati come favoriti all’Ovest, sono protagonisti di una stagione disastrosa e non si qualificano nemmeno per i playoff.

Per i profani della pallacanestro (cosa vi perdete amici miei, ma c’è sempre tempo per recuperare…): è come se il Real Madrid non si qualificasse per la Coppa Uefa (non seguite il calcio e non basta nemmeno questo come esempio? Se volete una di quelle splendide metafore sul ciclismo state leggendo la persona sbagliata, lo siento mucho).

Russell Westbrook gioca molto al di sotto delle aspettative, i Lakers rappresentano una delle dinastie più nobili della palla al cesto americana e non arrivare alla Off-Season è un affronto. C’è da lavare l’onta con il sudore e a suon di vittorie. Comincia la stagione 2022/23 dicevamo, ma la musica non cambia. Cacofonia.

I Lakers perdono una partita dopo l’altra, ad un certo punto sono la peggior squadra dell’intera Lega, è un “dramma”. Tutto questo nell’anno in cui Lebron James sta per superare il record di punti totali segnati in NBA, detenuto da Kareem Abdul-Jabbar, che indovinate un po’ dove giocava? Nei Lakers, ovviamente. Un anno così “bello” non può essere così “brutto”.

Poi, tra il 7 e il 9 febbraio di quest’anno succede qualcosa: MAGIC (32 forever) happens. Il 7 febbraio Lebron James, durante la partita contro gli Oklahoma City Thunder, supera Kareem Abdul-Jabbar e diviene il giocatore con il record storico di punti segnati in NBA (è una cosa enorme per lo sport).

Ed ecco la prima “storia”: dopo due giorni, il 9 Febbraio, i Lakers si muovono sul mercato e mettono a segno una serie di scambi. Prendono il talentuoso ma discontinuo D’Angelo Russell, lo specialista di difesa Jared Vanderbilt e il tiratore Beasley in cambio di scelte future e liberandosi “finalmente” di Russell Westbrook. A Gennaio avevano già acquisito Rui Hachimura. Per alcuni è una mossa fin troppo azzardata.

E invece no, e tutto cambia. I Lakers ricominciano a sembrare una squadra, macinano vittorie su vittorie, trascinati non solo dalle due star James e Davis e dai nuovi acquisti, ma anche da Austin Reaves, un giocatore “normale” su cui nessuno e dico nessuno avrebbe scommesso un centesimo ma che a suon di prestazioni di carattere diventa uno dei beniamini di casa. Incredibile ma vero, i Lakers non solo si qualificano per i playoff, ma al primo turno spazzano via i Memphis Grizzlies, numero due a Ovest e quindi stra favoriti. Ecco un’altra storia che si concretizza.

Ora tocca giocare le semifinali di Conference contro i Golden State Warriors di Steph Curry, campioni uscenti NBA. Prima partita a San Francisco, vittoria di cuore Los Angeles. Seconda partita sempre a San Francisco, batosta enorme, i gialloviola perdono di quasi 30 punti. Ma è qui che ha inizio la favola che ci accingiamo a raccontare.

Nel gergo del basket, con l’espressione “garbage time” si fa riferimento ai minuti finali di una partita il cui risultato sembra già deciso e che quindi non contano nulla (sono “spazzatura” appunto). È un’occasione per regalare minuti di gioco a quei giocatori che di solito nei momenti decisivi non vedono il campo nemmeno col binocolo. Tra i giocatori a cui il coach di Los Angeles Darvin Ham concede minutaggio nella parte finale della disfatta Lakers di Gara 2 c’è mister Lonnie Walker IV, di ruolo guardia tiratrice, da Reading, Pennsylvania.

Finora nei playoff è stato meno di una comparsa. In gara 1 alla voce minuti giocati troviamo uno zero più grosso di quello che ha Westbrook sulla canotta. Gioca 12 minuti e segna 9 punti. Non male, ma è garbage time, che vuoi che sia. Eppure Lonnie è uno che sembrava destinato ad altri palcoscenici e ad altro destino.

Nel 2017, ancora liceale, viene messo al 13esimo posto nella classifica dei miglior prospetti del basket americano stilata da ESPN. È un “5-star recruit”. Viene definito come una guardia in grado di far canestro in svariati modi e da tutte le posizioni – per farla breve è un “questo tra qualche anno spacca”.

Nel 2018 viene selezionato al primo giro con la scelta numero 18 dai San Antonio Spurs e fa il suo esordio in NBA. Le porte del successo sono spalancate? Macchè.

A Lonnie va tutto male. Nella sua prima stagione NBA a causa di un infortunio al ginocchio gioca solo 17 partite (sì, vi è concesso toccarvi lì sotto). Alla seconda stagione gioca 61 partite, ma non è che le cose vadano alla grande, fa registrare una media di 6,4 punti a partita. Nulla per un talento offensivo come il suo. Le due stagioni successive vanno meglio, 11 e 12 punti di media stagionali e più minuti in campo. Ma quello che più conta è che succede qualcosa in lui. Nel 2020, dopo anni in cui si faceva notare non tanto per i suoi canestri ma più per la sua capigliatura eccentrica con capelli che sfidavano, vincendo, la forza di gravità, decide di rasarsi a zero, e lo fa accompagnando la sua decisione con un post sui suoi social a dir poco toccante. Afferma che quello che ha fatto è più di un taglio di capelli: è un taglio col passato. Dichiara che aveva cominciato a far crescere i capelli quando aveva 10 anni e che questi erano per lui come una maschera, l’unica cosa che poteva controllare, e con cui nascondere la sua insicurezza nata da molestie sessuali e stupri subiti da bambino. Ma ora era tempo di tagliare col passato appunto, per liberarsi di quel peso morto, e tornare a vivere leggero.

Nelle migliori storie, americane e non solo, dopo una cosa del genere arriva il lieto fine. Ma il fato non è così benevolo con il nostro beneamino di oggi. O almeno, non ancora. Dopo le ultime due stagioni a San Antonio gli Spurs decidono di non confermarlo, e Walker firma un contratto da free agent con Los Angeles accettando una cifra inferiore a quella che un giocatore del genere si aspetterebbe, pur di avere una vetrina importante come quella data dai Lakers.

Gioca da titolare la prima metà di stagione ma a dicembre un altro infortunio lo mette di nuovo ai box. Addio posto da titolare, addio palcoscenico. Anche a causa dell’esplosione del già citato Austin Reaves, il nostro esce dalle rotazioni, coach Ham “non lo vede più” e al massimo gioca scampoli di partita, come quello di gara 2 contro Golden State.

It’s garbage time, che vuoi che sia. Eh no, invece no. È lì che la parabola di Lonnie Walker IV comincia il suo moto ascendente.
È proprio in quei minuti finali di partita di gara 2 che coach Ham si ricorda delle sue doti offensive e in gara 3, vinta stavolta dai Lakers grazie a una sontuosa prestazione di squadra, gli vengono concessi altri minuti importanti, 24, conditi da ben 12 punti e 4 rimbalzi. Lonnie rivede il campo, rientra nelle rotazioni, ritrova fiducia. Ed è qui che arriviamo all’ultima partita giocata dai Lakers.
8 Maggio 2023, Playoff NBA stagione 2022/23, semifinali della Western Conference, gara 4. I Lakers sono sul 2-1 e hanno la possibilità di portarsi sul 3-1 prima di tornare a giocare di nuovo a San Francisco, in trasferta: è una partita fon-da-men-ta-le.

La gara è tiratissima, gli exploit offensivi (e difensivi) di James e Davis sembrano non bastare e il quarto e ultimo periodo di gioco si apre con gli Warriors in vantaggio.

Poi entra lui. Gli arriva il primo pallone. Si alza al tiro da 3. Splash. Canestro. Seconda palla, tiro in sospensione, ancora canestro. Ancora. E ancora. La strategia nei minuti finali di una partita così importante per i Lakers del detentore di record di punti James e del fenomeno Anthony Davis è una: date la palla a Lonnie Walker IV da Reading, Pennsylvania.

Le telecamere indugiano sul nostro dopo ogni canestro e lui sembra impassibile. He’s just cool, ma ha la mano calda come gli scogli di Pantelleria ad Agosto.

Il tabellino finale dice vittoria Lakers 104 a 101, Lakers avanti 3-1 nella serie, Walker chiude con 15 punti con 6/9 al tiro ed è senza ombra di dubbio l’artefice della vittoria gialloviola. Che però è anche vittoria di squadra, di cuore.

A fine gara Lebron James dice: «Non avremmo mai vinto senza di lui. Ha dimostrato cosa significhi essere un professionista vero, farsi trovare pronto, subito, al momento giusto».

Internet, Twitter, tutti impazziti. È “Lonnie-mania”. Come se non bastasse si scopre che l’ultimo giocatore dei Lakers in grado di segnare almeno 15 punti in un quarto periodo di una partita di playoff partendo dalla panchina è stato un certo Kobe Bryant ( e chi se non lui..) contro gli Utah Jazz (17 punti nel quarto) esattamente lo stesso giorno di 26 anni fa, 8 Maggio 1997. Wow.

Walker in conferenza stampa dichiara “This is the greatest feeling you can ever imagine”. E gli crediamo. È una storia di redenzione, di pazienza, di coraggio, di rinascita. Una “classica storia americana”? Yes, Sir, e ben vengano storie come questa. È il gesto che si fa poesia e quindi legittimamente una storia di sport. I gialloviola di Los Angeles sono ufficialmente la Cenerentola di questa stagione NBA e io non so come andrà a finire, ma una cosa la so con certezza: questi sono e rimangono i Lakers di James e Davis ma oggi, se sei un figo, al campetto ti presenti con la maglia di Lonnie Walker the Fourth, il numero 4 dei Lakers, l’eroe del quarto quarto di gara quattro.