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L’impero americano ha imboccato il viale del tramonto

Gli Stati Uniti in declino come l’Impero romano? Secondo Mike Duncan, che racconta in libri e podcast crolli e cambiamenti di regime, non è solo un luogo comune. È un bene o un male? E quali sono i pericoli?
(da USA) caduta impero americano

Foto: Brendan Smialowski/Pool/AFP/Getty Images; Jospeh-Noël Sylvestre/Fine Art Images/heritage Images/Getty Images

Mike Duncan sa come cadono gli imperi. Ha raccontato i crolli, i sommovimenti e i cambiamenti di regime più significativi della storia nei podcast Revolutions e History of Rome — quest’ultimo un colosso di 179 episodi per un totale di 73 ore, che esplora la parabola della Repubblica e dell’Impero Romano dalla nascita al collasso. Sa bene che aspetto hanno le cose quando cominciano ad andare male.

Nel 2025, per Duncan è chiaro che l’impero americano, che ha dominato la geopolitica globale nell’ultimo secolo, ha ormai superato il proprio apice. Sotto l’amministrazione Trump, la devoluzione dell’ideale americano si è accelerata in parte in modi che possono esistere solo nello scenario unico dell’attuale momento storico, e in parte ricalcando il prevedibile, secolare ouroboros del potere politico e del declino.

«Tutti hanno una data di scadenza», dice Duncan. «Tutti hanno una durata di vita, e prima o poi si entra in una qualche fase di declino. Gli Stati Uniti sono ancora enormemente potenti, non siamo sul punto di sparire dalle equazioni delle grandi potenze della Terra, ma questa cosa si sta avviando verso una qualche forma di fallimento terminale? Sì, ne dà proprio l’impressione».

Allora, come si confronta il lento disfacimento dell’esperimento americano con i grandi declini e i periodi rivoluzionari della storia globale? Nessuno è in una posizione migliore di Duncan per “leggere la stanza”.

Cominciamo con Rome. Non possiamo parlare di tutti i 179 episodi, ma facciamo un rapido riassunto della caduta della Repubblica e poi dell’Impero.
La caduta della Repubblica assomiglia molto di più a ciò con cui stiamo avendo a che fare oggi. Ha molto a che vedere con la Repubblica Romana che, per la prima volta, emerge come potenza dominante nel Mediterraneo. E questo dà il via a un ciclo in cui le disuguaglianze economiche cominciano a crescere tra i Romani più ricchi e i più poveri, e ciò porta a ogni sorta di conflitto sociale.

C’è una guerra civile nella penisola italiana, tra gli Italici che vogliono semplicemente la cittadinanza per poter partecipare alla società di cui fanno parte, e l’antica classe dirigente romana che cerca di resistere. Mentre questi conflitti cominciano a inasprirsi, gli stessi politici perdono di vista qualsiasi senso di decoro o limite su ciò che può e deve essere fatto per portare avanti la propria agenda politica.

Se perdi un voto o un’elezione, come reagisci? Un tempo esisteva un consenso molto solido: accettavi la sconfitta, punto. Nel mondo romano, invece, i leader politici e quelli militari coincidevano. Così ti ritrovi con uomini politici al comando di interi eserciti, che finiscono per scagliarli l’uno contro l’altro: ed è proprio questo che porta al collasso della Repubblica romana.

Nel XXI secolo, in America, abbiamo enormi disparità di ricchezza e disuguaglianze economiche, e ci scontriamo sul tema della cittadinanza e su chi abbia diritto a partecipare alla vita politica, ed è questo che ci sta lacerando. E abbiamo politici che dicono: “Ho perso un’elezione? Allora organizziamo un’insurrezione armata dentro al Campidoglio il 6 gennaio”.

E dopo il crollo della Repubblica, l’Impero continua a esistere per altri cinquecento anni.
Quando la Repubblica si trasformò in Impero, non fu che Augusto dichiarò: “Io sono l’imperatore adesso, e questo è un impero”. Si continuava a votare ogni anno, le classi senatorie continuavano a contendersi le cariche e a competere per vincere le elezioni. L’intero apparato della Repubblica venne mantenuto intatto come facciata. Solo che tutto il potere veniva assorbito da una sola persona.

È come se Trump – o qualunque presidente – fosse contemporaneamente Presidente degli Stati Uniti, Speaker della Camera, Capogruppo al Senato e Presidente della Corte Suprema e che, per inciso, contasse più di tutti gli altri giudici messi insieme.

Dall’esterno, sembrava ancora che la Repubblica fosse al suo posto. Quindi, se prendiamo questa strada, continueremo ad avere i Congressi, continueremo ad avere le Corti Supreme, continueremo ad avere un Presidente degli Stati Uniti, ci saranno governatori, ci saranno elezioni: è solo quello che accade sotto quella facciata. La facciata non scomparirà mai, la questione è quanto sottile sia diventata.

Approfondiamo un po’ il ruolo delle “élite” qui, il tipo di potere che hanno nel plasmare un movimento.
Per come sono distribuite le risorse in una società fondamentalmente diseguale come la nostra, pochissime persone detengono le carte vincenti in termini di ricchezza e risorse rispetto al resto della popolazione. La legittimità del sovrano e la legittimità del sistema di governo — qualunque esso sia — dipendono in primo luogo da quei giganteschi portatori di interessi economici. Sono loro i primissimi che devono essere accontentati per mantenere in piedi il regime.

Se si staccano, sono proprio quel tipo di persone che possono sostituire ciò che esiste con qualcos’altro, ed è molto difficile riuscirci solo con una rivolta contadina. Le rivolte contadine hanno accompagnato la storia delle rivoluzioni per tutto il tempo. Ma queste rivolte tendono a spegnersi e a venire infine sconfitte o respinte. Se le persone che controllano la ricchezza, le risorse e, in ultima analisi, la superiorità militare di un Paese restano unite (nell’opposizione, ndr), non si trasformerà mai in qualcosa di più. Ma se alcune di quelle persone (si schierano a favore, ndr), allora si avrà un afflusso di mezzi materiali capace di rovesciare il regime esistente.

È essenzialmente ciò che è successo nella Rivoluzione americana: la maggior parte dei padri fondatori apparteneva agli strati più ricchi delle colonie.
Esatto! Ma, per esempio, nella Rivoluzione francese, le cose si mossero in parte grazie al malcontento popolare e ai disordini di massa, ma anche perché c’era una cerchia interna di nobili francesi furiosi con Luigi XVI. Volevano riformare il sistema ed erano abbastanza ambiziosi da spingersi verso il potere, sfruttando il fervore popolare come strumento. La stessa dinamica si è vista nella Rivoluzione russa, quando persino alcuni membri della famiglia Romanov si voltarono contro lo zar Nicola II, giusto? È quello il momento in cui davvero puoi spodestare qualcuno. Mi piacerebbe sapere cosa accadeva nelle cerchie più interne di Bashar al-Assad quando fu estromesso dalla Siria. Chi fu, alla fine, a dirgli che era arrivato il momento di andarsene?

Se riportiamo questo discorso negli Stati Uniti, c’è stato un momento subito dopo il 6 gennaio in cui sembrava quasi che l’élite repubblicana fosse pronta a rompere con Trump, ma lui è riuscito a riaffermare la sua autorità e a ricondurre tutti sotto il suo controllo. Come incide, in questo contesto, la cattura del partito — la sottomissione di interi sistemi?
È semplicemente un tipico culto della personalità. In parte partito politico, in parte estensione di un individuo, un fenomeno che abbiamo visto più volte nella storia.

Sarà molto interessante vedere cosa accadrà quando Trump morirà, e che ne sarà di questo movimento: quanto esso dipenda davvero dal suo status unico di celebrità, che lo distingue da tutti gli altri membri. Se lo si toglie, cosa accadrà al movimento? Qualcuno riuscirà a subentrare e a diventare il nuovo punto focale di questo culto della personalità? Non so se qualcuno di loro abbia la forza necessaria per riuscirci.

Momenti del genere sono essi stessi punti di svolta. Piccola parentesi — che impressione ti ha fatto il film Civil War? Io faccio fatica a immaginare un simile esito, ma sono curioso di sapere se ha suscitato qualcosa in te.
Ho dovuto fare diversi salti mortali mentali per riuscire a trovare un senso a quel film. Ma alla fine ci sono arrivato. Mi chiedevi cosa servirebbe davvero per avere una rivoluzione in questo Paese in quel modo, e il problema è che non lo vedo accadere. Semplicemente non riesco proprio a vederlo.

Tutte le rivoluzioni sono, in fondo, guerre civili, giusto? Negli Stati Uniti c’è una fazione di questo conflitto che è armata fino ai denti, perché le armi sono parte integrante della sua identità culturale, e poi c’è l’opposizione, che non lo è affatto. Tutta la forza letale sembra stare a destra, sul fronte fascista, e questo fa davvero schifo.

Pensi che gli Stati Uniti restino l’impero globale dominante o siamo in declino? La Cina sembra inserirsi nei vuoti lasciati dalla ricalibrazione delle relazioni internazionali da parte dell’amministrazione Trump.
Sì, l’apice dell’influenza americana sul mondo è ormai passato. Tutti gli imperi sono transitori, no? Se sali, inevitabilmente stagni e poi cadi. Quindi prevedere che gli Stati Uniti non sarebbero stati potenti nel XXI secolo quanto lo erano stati nel XX in realtà era una cosa piuttosto facile da dire, perché le probabilità che fosse così erano alte.

Ci sono molte persone che, se tu dicessi loro: “Sai che c’è? Gli Stati Uniti d’America diventeranno molto meno potenti. È un bene o un male netto per il mondo?”, risponderebbero che è un bene. Credo che questo dipenda anche un po’ dal fatto di aver dipinto troppo gli Stati Uniti nel ruolo di villain supremo assoluto rispetto ad altri sistemi, governi, chiunque.

E i supercattivi sono tanti.
Ce ne sono in abbondanza. E un mondo guidato dagli Stati Uniti rispetto a un mondo guidato dalla Cina — in termini di crimini umanitari, bilanci delle vittime ed episodi di sfruttamento — sarebbe probabilmente più o meno la stessa cosa, se non peggio.

E questo ci riporta a George W. Bush, che ha fatto moltissimo per mandare in fumo il soft power americano e la preminenza globale degli Stati Uniti, perché abbiamo bruciato un numero enorme di alleati con l’invasione dell’Iraq. Poi è arrivata la correzione con Obama, e a quel punto il mondo era tipo: “Okay, siete un po’ usciti di testa per dieci anni, ma adesso siete tornati. Siamo disposti a riprovarci.” Obama era molto un uomo dell’ordine internazionale basato sulle regole. Tipo: “Non metteremo gli stivali sul terreno. Ci limiteremo a uccidere persone dal cielo”.

È che abbiamo queste nuove cose. Si chiamano droni.
Ci sollevano dalla nostra responsabilità morale. Ma gli europei e il resto del mondo, credo, erano pronti ad accettare che andasse bene così — e poi abbiamo votato Trump. Quindi ora il resto del mondo guarda a un Paese che, a seconda di come va la prossima elezione, non resterà fedele a nulla di ciò che abbiamo sottoscritto in termini di obblighi nei trattati, di impegni commerciali. Siamo semplicemente folli. Perciò non c’è più alcuna ragione razionale per fare accordi a lungo termine con gli Stati Uniti, o per contarci in qualsiasi modo.

Il secondo punto di tutto questo: siamo ancora incredibilmente ricchi, ma proprio incredibilmente. Abbiamo così tanta ricchezza, potere e risorse che anche una cosa stupida, mastodontica, inaffidabile resta pur sempre una cosa stupida e mastodontica, e quindi continua a stare dappertutto e dentro a tutto, comunque.

La caduta di Roma fu così stupida? È una questione molto seria, ma a volte sembra profondamente stupida.
Non credo fosse così stupida. Ci ho riflettuto molto. Prima di tutto: stupida per chi? Perché la maggior parte delle persone all’epoca romana era analfabeta e totalmente disconnessa dalle notizie del mondo. Il novanta per cento della popolazione era composto da contadini, analfabeti, che vivevano nei loro piccoli villaggi e non avevano idea di che cosa stesse accadendo.

Alla fine dell’Impero, la sede del potere si era spostata da Roma a Milano — più vicina ai fronti di battaglia — e poi da Milano a Ravenna, perché Ravenna era circondata da paludi e acque, e quindi molto difficile da raggiungere fisicamente. Questo in realtà rese la corte imperiale molto isolata, fisicamente tagliata fuori da tutto ciò che accadeva intorno.

Così, all’interno di quei circoli, la strana miopia settaria che poteva esistere attorno a questi imperatori bambini messi a capo di tutto fiorì. Forse, se fossimo andati lì a guardare, avremmo pensato: “È piuttosto stupido. Vi state comportando in modo davvero stupido”.

Forse era davvero stupido, ma nessuno lo avrebbe saputo. La nostra maledizione, oggi, è che a causa dell’alfabetizzazione di massa, dell’istruzione di massa e delle comunicazioni di massa, siamo esposti a ogni singola stupidaggine che queste persone fanno, e siamo tutti perfettamente consapevoli di tutte le sciocchezze che stanno compiendo per smantellare una società che era sostanzialmente funzionante.

Il punto principale su cui volevo porre attenzione, però, è che nella storia esiste un certo tipo di personaggio, si chiamano i favoriti di corte. Hai un re o una regina che si è invaghito di un ragazzo delle stalle, o di un attore, o di una donna con cui ha deciso di andare a letto, o di un uomo. E siccome è il favorito di corte, all’improvviso viene nominato segretario di Stato, e tutti gli altri nobili del regno si chiedono: “Perché quello è segretario? Perché va a negoziare con gli Asburgo?” E il tipo è un idiota, uno stupido, e di solito finisce o cacciato, o assassinato, o decapitato perché il compito era molto al di sopra delle sue capacità.

Quello che il nostro governo presuppone oggi è: “E se tutti quelli che lo dirigono fossero dei favoriti di corte?”. Al livello del favorito di corte: capacità, intelligenza, consapevolezza di ciò che sta accadendo, idee realmente valide — non hanno nulla di tutto questo. L’intero governo è gestito dai favoriti di corte. Invece di avere solo una persona che manda tutto all’aria, in realtà sono tutti.

Che aspetto avrebbe la fase terminale?
Be’, nel podcast Revolutions si sviluppa tutta una teoria: la Grande Teoria dell’Idiota delle Rivoluzioni. Una sorta di immagine speculare della teoria del “grande uomo” della storia. Ma in questi casi, quello che vedo continuamente sono governi che diventano incompetenti, governi che commettono errori, governi che cercano di imporre cose alle persone così impopolari che la gente si solleva contro di loro.

La mancanza, all’interno dei circoli decisionali, di persone con una qualsiasi visione a lungo termine o abilità nel gestire la politica, nel saper persino manipolare le persone. Si fanno semplicemente delle cose e questo finisce per far arrabbiare la popolazione. Un governo ben gestito non ha rivoluzioni. Un governo ben gestito non provoca una rivolta. Un governo ben gestito in qualche modo continua a persistere.

È quando l’apparato non è più in grado di adattarsi alle circostanze presenti che c’è il rischio che venga rovesciato. E se abbiamo un apparato come quello attuale, che forse non sta affrontando il momento — e anzi sta andando nella direzione opposta — allora è proprio quel tipo di incompetenza che può portare a un sovvertimento totale e completo della società.

Gli Stati Uniti hanno superato il punto di non ritorno?
Non lo so. Posso dirti che sono congenitamente un ottimista. Ho una sorta di “scommessa di Pascal” con la speranza e l’ottimismo: probabilmente è meglio agire come se la speranza potesse esistere, piuttosto che dire che non ce n’è e che siamo condannati. Quindi la mia risposta ufficiale è: non siamo condannati, e ci sono vie d’uscita, perché c’è sempre una via d’uscita da qualsiasi cosa. Siamo delle piccole scimmie creative e ingegnose, sappiamo come cavarcela. Ce la siamo cavata in passato. Forse ce la caveremo anche questa volta.
Non vorrei che il messaggio finale fosse che non c’è speranza e che siamo semplicemente condannati. Che solo perché le cose sembrano molto brutte, e probabilmente finiranno male, significhi che finiranno davvero male. Non è affatto così: ci sono sempre modi per combattere e ribaltare la situazione.

Da Rolling Stone US.

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