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L’antiproibizionismo porta sfiga, da Craxi a Mancini

Uno si chiede sempre se i pubblicitari che inventano gli spot antidroga li fanno apposta brutti oppure ci credono davvero: fatturare, incassare e via sull’isola greca. E però che il Mancio, aka l'allenatore della nazionale meno emozionante di quasi tutti i tempi, ci venga a fare la predica sulle «emozioni vere», be', è un po' un insulto

Foto di Claudio Villa/Getty Images

Alberto Piccinini: Scusa la banalità, lo sappiamo bene che gli spot antidroga fanno tutti ridere. Ogni volta che ne esce uno mi viene in mente la vignetta di Andrea Pazienza che noi di una certa età abbiamo tatuato nel cuore: c’è una macchinina che cade in una scarpata, il fumetto dice: “Aho, e passala ‘sta canna!”. E sotto, “della serie: non pensano ad altro”. Al punto che uno si chiede sempre se i pubblicitari che inventano gli spot antidroga li fanno apposta brutti oppure ci credono davvero, fatturare, incassare e via sull’isola greca. Però che Mancio l’allenatore della nazionale meno emozionante di quasi tutti i tempi ci venga a fare la predica sulle emozioni vere molto meglio di quelle false, è un vero insulto a noi appassionati. Appassionati veri, dico. Visto lo spot ho pensato una cosa: solo la droga avrebbe potuto regalarci una nazionale come si deve. Ho visto pure lo sbotto della Meloni l’altro giorno: se l’è presa con Gomorra (che pur sempre di Saviano è) e con la serie di Netflix su Muccioli. Niente, non si danno pace. Mi consola sapere che i socialisti di Craxi cominciarono a scendere all’inferno così più di trent’anni fa con la campagna antiproibizionista e il sostegno incondizionato a quel mostro di santone. E anche allora avevano il tg2 e Rai Due a fare da grancassa, si vede che è proprio un destino. A San Patrignano, forse te lo ricordi, ci organizzarono pure il veglione di Capodanno in tv, lo presentava il povero Funari. Spot come se piovesse. Col risultato di aver popolato gli incubi di qualche ragazzino in provincia, di posti di blocco e poliziotti maneschi, non molto di più. Ne valeva la pena?

Giovanni Robertini: Certo che no! E che sia sempre lo stesso film lo dice pure Kassovitz commentando le proteste in Francia dopo l’assassinio del diciassettenne Nahel da parte di un poliziotto: “Sembra il sequel de L’odio”. Oggi, a quasi trent’anni dal film che ha cresciuto una generazione fino al G8 di Genova, Mathieu è un boomer più o meno bobo (borghese e bohemién, chissà se si usa ancora per definire i radical chic francesi) mentre i nuovi Vinz Hubert e Said sono diventati maranza, e se provassero oggi a imbucarsi a un party in una galleria d’arte contemporanea rischierebbero di confondersi tra la folla visto che la divisa hip hop dalla banlieue è diventata mainstream. Se prima il rap era la colonna sonora della possibile rivolta, come quando Cut Killer dalle finestre del blocco nel film mixa Rien de Rien di Edith Piaf con Sound of da police di KRS One, oggi – me l’ha detto il mio amico regista colto Alessandro – il rap è un iperoggetto, ovvero una realtà molto più vasta di quella che riusciamo a inquadrare, questo ci insegna il filosofo Timothy Morton. C’è il rap nei festini vip a casa di Genovese, nelle sfilate Pharrel/Vuitton, nelle Stories con le musiche di Tony Effe e Noyz Narcos del killer della ragazza di Primavalle, nelle profezie politiche delle rime: “Santanché, Santanché no con quei soldi frà in vacanza a Santa Fe” rappava Marracash nel 2011. Ecco allora, poracciata per poracciata, lo spot antidroga lo avrei fatto in rima, magari con il pugliese Kid Yugi che dice “faccio il guadagno dalla druoga…” con il dittongo ou, potentissimo.

AP: Giusto! E c’erano anche quegli altri: “Con i soldi della drou-ga/ ho comprato una pistola”, gli Fsk di vicino Potenza mi pare. Comunque lo spot migliore l’ho intravisto nei manifesti che mi hanno appena attaccato sotto casa, si festeggiano i trent’anni di One Love Hi-Powa, il primo sound system italiano. Trent’anni di canne. Ora però voglio parlarti di Silvestrin, Enrico. Lo abbiamo conosciuto bene ai tempi di Mtv. “Che pensieri soavi,/ Che speranze, che cori, o Silvestro mio! / Quale allor ci apparia / La vita umana e il fato!” cito Kurt Leopardi per via dell’anniversario. Insomma ho scoperto da uno di quei tipici litigi social che Silvestro ce l’ha con Fedez per via della diretta del Love Mi su Italia 1 l’altra sera, e indirettamente ce l’ha con la decadenza culturale del Paese. Bene. Ne parlano tutti, persino il Corriere che lo intervista, usa espressioni tipo “Ha asfaltato Fedez” e un sacco di asterischi. “Stammerda andrebbe nascosta”, aveva twittato Silvestro che a casa si annoiava e ha acceso la tv. Cos’era successo? Niente di che. Cantavano Annalisa e Tony Effe ,Fedez e Tananai. L’eterno ritorno del Festivalbar. Ma insomma anche grazie alla polemica ho scoperto che da un po’ di tempo, da anni, Silvestro davanti a un microfono di twitch o facebook non ho capito bene parla a ruota libera di musica e canzoni. Rock. L’ho visto. Ha un piglio e una serietà che mi ricorda un po’ Richard Benson, inarrivabile. E un po’ Red Ronnie prima che lo fulminassero gli alieni. Non voglio farla troppo lunga, né sono d’accordo con tutto quel che dice Silvestro, ma la critica alla provincializzazione dei gusti musicali che è la sua fissa forse un senso ce l’ha. Adesso trapper e canzonettari parlano tutti soltanto italiano, si parlano tra loro come fossero un’eterna gita scolastica. Noi boomer che aspettavamo l’estate per partire verso Londra o Parigi in cerca di dischi e concertini, anche soltanto per annusare l’ambiance, un po’ ci rimaniamo male se permettete. Quello era il nostro Mes, l’aiuto dell’Europa alle nostre vite povere, provinciali e noiose, se ti piace la metafora politica. Era il nostro Pnrr. Lo aspettavamo ogni estate. E ce lo siamo presi più che volentieri senza fare tante storie.

GR: Picci, siamo ancora in tempo a prendere ‘sto biglietto per New York o Londra, la programmazione di agosto del Café Oto è pazzesca, vabbè, che te lo dico a fare. Per ora qui mi sembra che i tormentoni stentino a decollare, sarà pure che oggi piove, ma ho ascoltato il nuovo singolo di Drillionaire con Sfera e Shiva che rifanno 50 Special dei Lunapop. Ecco, per tornare ai tempi del Silvestro vj e di Mtv voglio solo ricordarti quel concerto di Cremonini & Co. all’Mtv Day di Bologna: fischi, urla, pure le bottigliette di plastica tirate sul palco. Lo stesso palco da cui Silvestro presentava: era lui, eravamo noi di Mtv, la decadenza culturale all’epoca, almeno come la intende l’ex vj nei suoi tweet, almeno per quei bolognesi fratellini della città contestatrice per eccellenza che era Bologna. Insomma, ok Richard Benson e pure Pino Scotto, ma l’età conta, e la contestazione vale solo sotto palco. A proposito, ho attaccato sul mac l’adesivo che abbiamo pigliato settimana scorsa al Forte Prenestino – unica distopia realizzata con successo e ottimi falafel della cucina popolare – durante il festival del fumetto Crack!: “Culi stanchi Anti Fa” col disegno del divano al posto della bandiera nero rossa. Di fianco ci ho messo quello più boomer di tutti: “INPS is my Sugar Daddy”.

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