Giovanni Robertini: Dovevamo già capire tutto dopo aver visto i Linkin Park nella cerimonia di apertura…i l nu metal di inizio Duemila, tutto testosterone e Mtv, colpevole di aver seppellito quel po’ di buono che avevano fatto il grunge e l’hip hop. La finale di Champions è la sconfitta della società, non quella della F.C. Internazionale, la nostra: italians con brutti tatuaggi nu metal tipo Acerbi, neanche un “seconda generazione”, figuriamoci terza, poca tattica e tanta ansia da prestazione, se non fosse per la coolness di Thuram sembrerebbe un saggio sulla fine del maschio etero bianco, col povero Di Marco peggiore in campo e il negozio di frutta e verdura dei suoi genitori nella radical chic Porta Romana (lì dove le ciliegie viaggiano sui venti euro al kg!). E dall’altra parte il PSG dei ventenni, meticciato Playstation con l’oro degli sceicchi, turbo capitalismo e striscioni ProPal, le maglie da calcio divisa dei maranza reietti di tutte le periferie del mondo, i petrodollari per comprarsi Doué e Dembélé, i saccheggi e gli scontri con la polizia a Parigi durante i festeggiamenti: il futuro, con tutte le sue contraddizioni. Rap e trap ci hanno fatto capire che rispetto alla Francia siano indietro di vent’anni, ora questa batosta indigeribile è la ciliegia costosissima sulla torta.
Alberto Piccinini: Eh già. Loro trap, noi tutt’al più memoria del Trap. Le bandiere palestinesi già viste sventolare a Napoli, durante il megarave per i festeggiamenti dello scudetto, tornano con lo striscione Free Palestine che è ricomparso all’arena di Monaco messo su dai tifosi del Psg, cosa che è accaduta altre volte quest’anno, stesso striscione. Il perché si capisce: la Virage Auteil al Parco dei Principi è curva di seconde generazioni, quel che ne consegue l’hai detto bene tu: Doué stella di casa, l’hype dei petrodollari, saccheggi stile finale Nba, il bisogno di una patria simbolica quando non ne hai una. Detto questo (non sto cambiando discorso) non avrei niente da dire a proposito di quel che Thom Yorke pensa di Israele e Palestina: «Nethanyau e la sua cricca di estremisti vanno fermati», ha scritto l’altro giorno su Instagram il cantante dei Radiohead, più volte criticato per la sua posizione tiepida nei confronti del boicottaggio culturale di Israele. Non ha cambiato idea, che è legittimo. Però vuole avere sempre ragione, che è decisamente antipatico. «Hamas si nasconde dietro la sofferenza del suo popolo», ha detto citando il 7 ottobre truly horrorific. E poi: «L’onnipresente slogan Free Palestine non risponde al perché gli ostaggi non sono stati ancora liberati». Siccome non gliel’aveva chiesto nessuno, siccome non conosco nessuno che onestamente possa «appoggiare Hamas» come ci rimproverano da due anni, capisco il segnale. E penso che Thom Yorke sia come Renzi e Calenda, complici nella distopia linguistica per la quale siamo condannati muti da due anni a non poter gridare Free Palestine come abbiamo già fatto e come avremmo dovuto continuare a fare. Per il resto rimando alla lettura dei commenti accanto al post di Thom Yorke.
G.R.: Voglio rimanere in tema ultras/maxi risse spostando l’obiettivo dagli Champs Elysées in fiamme al Congresso dei giovani di Forza Italia dove Gasparri ha invitato a parlare Fedez accompagnato dal buttafuori del libero pensiero Giuseppe Cruciani. Bell’idea, chissà quanto hanno rosicato i talk show di Rete 4, poteva essere una puntata di Fuori dal coro e Berlusconi l’avrebbe comunque mandata in diretta tv, perché lo share va prima di tutto. Certo parlare di salute mentale ai giovani in doppio petto di Forza Italia sembra una boutade da disco indie, la famosa svastica in centro a Bologna “ma era solo per litigare” di Calcutta. A proposito, ho ascoltato il disco del producer Golden Years, Fuori menù, dentro ci stanno tutti: Calcutta appunto, Franco 126, Fulminacci, Ariete, Coez. Caruccio però non da Champions, lo storytelling dell’indie pop, tra vittimismo e amori consolatori, appare oggi troppo vaporoso e inconcludente. Cruciani, davanti ai nipoti di Silvio, ha raccontato che lui e Fedez per arrivare alla convention sono passati a piedi attraverso il corteo dei “comunisti” contro il decreto sicurezza, beccandosi le urla di “infame”. E io mi dovrei accontentare di Sano e Tutti Fenomeni che furbetti nel disco di Golden Years mi canticchiano “La stagione calda, la notte armata/ Mesi di metallo, mi sto innamorando di te, Morena”? In un’intervista il producer romano Pietro Paroletti (GY) ha detto che Morena è ispirata alla storia della brigatista Mara Cagol: «L’idea era di scrivere una sorta di canzone d’amore che però avesse quei riferimenti un po’ più pesanti, violenti, di un periodo ben specifico». E qui mi chiedo e ti chiedo: chi ci sta trollando di più, l’indie Golden Years o i podcasteroni Fedez e Cruciani?
A.P.: Non voglio esagerare ma la prima cosa che ho pensato ascoltando l’album di Golden Years è: hanno qualcosa da nascondere. Cioè, al di là di tutto, la dimensione simbolica dell’operazione mi colpisce. A cominciare dal primo pezzo di Calcutta, Sentirsi soli, che traduce il vecchio crepuscolarismo della canzonetta indie in una specie di yacht rock con una coda di paglia lunga così. Quei “politici che ritornano a casa la sera/ che pena voi non capite”, cito dal testo della canzone (un ricalco alla Lucio Dalla). Stimo troppo Calcutta per non pensare che dietro la canzone se ne nasconda un’altra, che quel “sentirsi soli, no questo non passa mai” possa essere la contemplazione di una sconfitta collettiva. Ti dirò, ora che ci penso: “sentirsi soli” è la (non) canzone sulla Palestina che aspettavamo. Come quando nella memoria i Ris tirano fuori le tracce delle cancellature, come nei gialli di terz’ordine. Sotto ognuno dei versi di Calcutta c’è scritto “Free Palestine”, capisci in che razza di casino ci siamo cacciati? Aggiungo che Mara Cagol era diplomata al conservatorio in chitarra classica e che le erano già state dedicate due canzoni ai tempi del primo indie italiano, dagli Yo Yo Mundi e da Moltheni. Infine, ti correggo: i giovani di Forza Italia non portano il doppiopetto ma una grisaglia con cravatta azzurra da venditore Publitalia, la divisa dei Visitors praticamente. Lo so perché ho guardato avanti veloce le 7 ore 51 minuti del congresso di Roma su YouTube: segnalo i primi 20’ con il loop dell’inno di Forza Italia, il video medianico di Silvio a 50’, l’intervento del segretario uscente Simone Benigni che di Silvio è un clamoroso clone, parla identico a lui. Grandi facce da cattivi. Il nuovo segretario Simone Leoni sale sul palco a 2 ore e 12 con l’assolo di All Alone the Watchtower di Jimi Hendrix. Esagerato. Ne sentiremo riparlare purtroppo.