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La barzelletta perfetta

«Mentre stavo pranzando con i miei genitori, mi era caduto per terra il tovagliolo e si era rotto in mille pezzi. Così il mio babbo si era arrabbiato e aveva deciso di mettermi in castigo, ordinandomi di riordinare la mia stanza e di bere un bicchiere di veleno». Un temino de Lo Sgargabonzi

Foto via Unsplash

Gennaio 1988

Mentre stavo pranzando con i miei genitori, mi era caduto per terra il tovagliolo e si era rotto in mille pezzi. Così il mio babbo si era arrabbiato e aveva deciso di mettermi in castigo, ordinandomi di riordinare la mia stanza e di bere un bicchiere di veleno.

Avevo accettato sottomesso, complice un libello zen, ma una volta sbrigate queste faccende mi ero accorto di essere molto triste. Quindi, a una certa ora, me ne sono andato in copisteria a godermi un po’ il riscaldamento a gasolio.

È allora che è successo l’inevitabile: ero appoggiato al termosifone e, non so come, mi è scappato di coniare una barzelletta. È accaduto inaspettatamente, fra il lusco e il brusco, tanto che mi sono sorpreso anch’io. Appena me ne sono accorto ero nel panico, come impazzito. Sono uscito e ho subito iniziato a stare in silenzio. Solo che stavo in silenzio in maniera talmente esagerata, da dare molto nell’occhio fra la gente che passava, che infatti guardavano tutti male. Ho trascorso ore in giro senza una meta, mirando il sole al meriggio, a riflettere se tenere questa barzelletta per me o condividerla con altri.

Era quasi l’ora di merenda quando ho esclamato: “Mi sono rotto il cavolo! Me la tengo per me!”. Poi mi è venuto in mente che fra i tanti tipi di neoplasie esiste purtroppo anche il tumore al pancreas, asintomatico e che difficilmente viene preso in tempo. Quindi mi son detto: chi sono io per tenere per me una barzelletta divertente, in un mondo in cui, come se non bastasse, esiste anche il tumore al pancreas, praticamente asintomatico e che difficilmente viene preso in tempo? Ero quindi quasi deciso a renderla pubblica ma, per l’appunto, quasi. Poi mi è venuto in mente che in questo mondo esiste pure un materiale come il calcestruzzo, così ho esclamato: “Eh no! Questo è troppo! Questa barzelletta io la dirò!”. E, ho aggiunto fra me e me, non solo per la fama, ma anche per alleviare i dolori alle persone più sfortunate. D’altronde la barzelletta di un bambino può donare gioia, allegria e – ma solo a tratti! – buonumore. Così mi sono immaginato stanzoni pieni di persone tristi e senza ormai speranza. Malati, mutilati, diversi, barboni e marocchini. Tutti buttati là così, in questi androni. E sarei arrivato io, e con questa barzelletta li avrei fatti sorridere, ridere, poi li avrei accarezzati, coccolati e avrei fatto l’amore con le malate di malattie non infettive. Mi avrebbero accolto fra le loro carni livide e magari il mio pistolino avrebbe secreto il tipico liquido blu proprio nel momento del loro trapasso. E spirando mi avrebbero sorriso, usando le loro ultime energie per fare le espressioni da donnacce, così farmi godere di più. Inquietudine!

Ma devo essere sincero, mi piaceva anche pensare che finalmente avrei potuto avere una rivalsa sui miei genitori, che non mi hanno mai apprezzato come meritavo. Avrei fatto una scalata al successo, scrivendo libri e trattati su questa barzelletta, che avrebbero venduto anche più di best-seller come Diavolo di un Angelo, di Valerio Merola. Sarei diventato un uomo di successo e insieme un benefattore, come Nicolae Ceausescu. E così l’avrei fatta pagare soprattutto al mio babbo, per la storia del tovagliolo ma non solo. Anche per quella delle “carezze particolari”. E i soldi guadagnati li avrei spesi tutti in Minipimer. Miliardi di Minipimer tutti per me! Che non mi sarebbero serviti a niente, ma li avrei comprati lo stesso, per fare l’annoiato, il maledetto, il dandy. Come Ceausescu.

Insomma non stavo più nella pelle. Così sono andato nelle zone più malfamate della metropoli tentacolare, per cercare un malato terminale a cui raccontare la mia barzelletta. Gira e rigira, ne ho trovato uno in zona Bastioni Gran Sasso: un uomo sulla quarantina, con un pigiama beige e un cappello da Davy Crockett. Ero eccitato come non mai, la mia vita stava per cambiare! Così mi ci sono avvicinato e gliel’ho detta: “Sai qual è il colmo per un elettricista?”. E poi ho risposto: “La scossa!”

La reazione? S’è incazzato.

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