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Kurt Cobain è stato la primavera di noi boomer

La tv accesa sul derby calcistico o su quello tra Baby Touché e Simone Leoni, di sottofondo il nuovo album dei Vampire Weekend, ma sempre con la lacrimuccia rivolta al ricordo del musicista dei Nirvana. Tirate fuori le Birkenstock, è primavera

Kurt Cobain è stato la primavera di noi boomer

Kurt Cobain

Foto: Kevin Mazur / Wireimage

Alberto Piccinni: Come va lassù? La giornata in città è di quelle particolari. Mentre scriviamo c’è il derby Roma-Lazio, invidio i nostri eventuali futuri lettori perché sanno già il risultato. Personalmente sono un grande sostenitore di De Rossi e delle sue conferenze stampa: amante del calcio vintage duro ma onesto, pure un po’ Boomer Gang nella crudele malinconia del ruolo, la giacchetta che stringe sulla pancia e le spalle, in testa un sacco di vecchie canzoni. L’altro ieri DDR (adorabile l’acronimo fedeli alla linea, no?) ha ricordato una delle sindromi giallorosse più famose: i giocatori romani della Roma il derby lo giocano quasi sempre male perché sono troppo emozionati, come i tifosi. La Verità – riassumerei – non va d’accordo con lo Spettacolo, ci sono cose che devono restare segrete: l’arte, il linguaggio, l’amore. Comunque, scusa il salto, il più bel pezzo sul trentennale della morte di Kurt Cobain lo ha scritto il nostro amico Demented Burrocacao su questo giornale. Non sto scherzando. Demented ci invita a scoprire un «capolavoro di songwriting lo-fi» nella raccolta di «nastri smagnetizzati» casalinghi che vennero usati per il documentario Montage of Heck e la Universal fece uscire a parte su un album. All’epoca, una decina d’anni fa, non scaldò i cuori: il documentario era discutibile, il materiale imparagonabile a qualsiasi b-side, inedito, outtake. Una trentina di frammenti che andavano da una versione di And I Love Her dei Beatles nirvanata negli accordi, alla struggente Letter for Frances grattata sulle corde basse di una chitarra con un giocattolo (chissà) della figlia, di qualità più che casalinga, privata. Ma adesso prova ad ascoltarlo come l’album vero del post-Nirvana che Cobain aveva già annunciato nelle interviste. Weird e sperimentale, «la cosa più vicina ai dipinti del cantante» come suggerisce Demented. Il lo-fi, però di nascosto. Ho appena rivisto in rete l’apparizione dei Nirvana a Tunnel su Rai3 con Dandini e Guzzanti: il pezzo vale non solo per l’ultima presenza Kurt Cobain in uno studio tv, ma anche per la sua assenza, il modo in cui sparisce dall’inquadratura alla fine della canzone è pazzesco, doloroso, emozionante. Ecco: Kurt Cobain che non voleva giocare il derby.

Giovanni Robertini: Qui a Milano è arrivata la primavera, alla milanese però: ad esempio su X è entrato in tendenza “Birkenstock”, su Spotify è uscito il nuovo disco dei Vampire Weekend. Del resto è la stagione hipster per eccellenza, il mondo di mezzo – tra il torpore invernale e l’ineluttabilità dell’estate – in cui futuro e passato sono ancora possibili, e il presente non vale mezza polemicuccia (peccato, eh). Kurt e i Vampire sono state le primavere di noi boomer, e tornano oggi a manifestarsi come fantasmi della coscienza. Basta ascoltare l’inizio del primo pezzo del disco degli ex newyorkesi, Ice Cream Piano, in cui Ezra Koening sul ritmo di una languidissima ballad indie sussurra: “Fanculo il mondo / L’hai detto a bassa voce / Nessuno poteva sentirti / Nessuno tranne me”. Poesia di una band che si guarda mentre invecchia, adulta rassegnazione versus giovane idealismo, senza vittimismo, ma “fanculo il mondo” comunque e per sempre. Sussurrato, come l’ospitata dei Nirvana dalla Dandini, “era un’altra tv” verrebbe da commentare col rischio di essere patetici, ma pensa Kurt davanti a una Fagnani qualsiasi: e tu che bestia ti senti? Sarà la primavera, ma nulla mi sembra più cringe del presente.

AP: “Abbiamo scampato la leva, ma non abbiamo scampato la guerra” – ti fa eco Ezra Koenig dei Vampire Weekend – “Ogni generazione è condannata a fare la propria apologia”. Bel disco Only God Above Us, molto alto, di guerra, generazioni, tempo che passa. Venendo alle nostre piccole guerre, ti annuncio che la mia passione per le figurine dei talk politici ha raggiunto il livello di guardia. Intanto c’è un nuovo cattivo boomer: il critico d’arte Luca Beatrice, quota destra tendenza Foglio che da Formigli ha detto che gli universitari si vestono male con quelle stelle rosse sulle magliette e che sono antisemiti. Perché? “Perché l’ha scritto Meotti sul Foglio”, testuale. Come sappiamo, dare dell’antisemita a chi critica Israele è puro bullismo tv, hanno iniziato mesi fa Mieli e Molinari, ancora non hanno smesso. Dico, se proprio non si vuole dare retta a Biden e alle perplessità degli ebrei americani su Netanyahu, qualcuno si alzi a ricordare che l’antisemitismo è da sempre roba di destra, il complotto plutogiudaico massone, le grida di Meloni contro Soros e le banche internazionali, le curve di stadio. In ogni caso, da juventino e presidente della Quadriennale d’Arte appena nominato, Luca Beatrice come cattivo è poco più che un caratterista, il tipico maschio analfa (ok questa mi è arrivata su Whatsapp). Lo puoi incontrare nei post dove si discute di C’era una volta domani oppure della schwa o di Ilaria Salis. Nella stessa categoria metterei anche il ventenne di Forza Italia con lo stemmino sul bavero come nel 1994, un certo Simone Leoni, che gridava “andate a lavorare” l’altra sera da Del Debbio. Però più sofisticato: pareva un incrocio tra Biff. il cattivo di Ritorno al Futuro, e Alex di Arancia Meccanica. E intanto se ne dicevano di tutti colori con Baby Touchè, l’hai visto? No, io l’ho recuperato su X, solo per metterlo nella mia collezione.

GR: L’ho visto, ho letto anche il post di Instagram dove il trapper dice di essere stato pagato un sacco di soldi per partecipare al programma (già soprannominato Baby Cachet!) e di essere stato invitato direttamente dalla direttrice di Mediaset. Simone Leoni invece ci sarà andato gratis, assai riprovevole. Dopo questa ennesima trashata credo che il filone “daje al trapper, olio di ricino alla baby gang” di Rete 4 dovrebbe rinnovarsi un po’ per non ripetersi. Non ho ancora chiara l’idea, ma potrebbe essere qualcosa tra Squid Game, La Zanzara di Cruciani e il campo largo Schlein-Conte. Ci penso meglio mentre vado al parchetto a mangiare il gelato, ho tirato fuori dall’armadio delle sneakers vecchissime tipo quelle che sono nella cover di Only God Above Us dei Vampire Weekend. Metterò in soffitta per un po’ le nuove Jordan e la tuta gold, è primavera, sentiti hipster!

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