Il SuperEnalotto è l’ultimo Dio che c’è rimasto da pregare | Rolling Stone Italia
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Il SuperEnalotto è l’ultimo Dio che c’è rimasto da pregare

L'estate porta con sé un jackpot record da 209 milioni. Probabilità di riuscita? Una su 622.614.630. Molto più frequente nascere con sei dita o morire sotto un asteroide. Eppure la fede nel miracolo non ci abbandona mai

Il SuperEnalotto è l’ultimo Dio che c’è rimasto da pregare

Tripudio e giubilo a Cazzano S.Andrea, via ValserianaNews

Un luminoso giorno di maggio Chiara trovò un bancomat sul marciapiede. Si guardò attorno con circospezione, camminò fino alla filiale più vicina, inserì la tessera. Digitò, con le sei dita che la genetica le aveva beffardamente regalato, cinque cifre a caso: la macchinetta le sputò fuori 500 euro belli fruscianti. Chiara cercò di contenere l’entusiasmo, buttò il bancomat nel cestino. Avrebbe finalmente potuto acquistare un biglietto aereo per New York.

Con i suoi risparmi prenotò una stanza a Tribeca. Appena in strada, per la sua prima camminata a Manhattan, dopo pochi passi una pallottola vagante le penetrò in una coscia. La ricoverarono al Weill Cornell. Il chirurgo impegnato a estrarle il proiettile dalla carne aveva un meraviglioso paio di occhi nocciola che brillavano sopra la mascherina, e che la guardavano. Si chiamava Paul, era ambizioso e dolce: si innamorarono. Dopo tre mesi si sposarono. Altri sei e Chiara era incinta, altri nove e partorì un bambino, Alfred, purtroppo affetto da sindrome di down.

Ne seguì una terribile crisi di coppia: recriminazioni, piatti rotti, mal di testa, sbronze tristi. Una sera di pioggia Chiara tornò nel loro trilocale a Downtown e, ispirata dal sesto senso di paranoici e cornuti, accese il computer di Paul. Tentò una password per accedere alla sua casella email (Paul1980BestSurgeon). La casella si aprì. Chiara trovò una lunga corrispondenza con Svetlana, infermiera ucraina dalle tette rifatte. C’erano parole come pussy, cock… e love. Era troppo.

Chiara sprofondò in una depressione dalla quale non sarebbe mai più uscita. Tutte le sere, sul letto matrimoniale dove si era abituata a dormire in obliquo, pregava Dio perché la facesse morire. Anzi, perché facesse morire tutti quanti: il marito fedifrago e il figlio sfortunato, e le facce sorridenti e spietate che incontrava al supermarket. Così, dopo qualche anno, Dio la accontentò: su Park Avenue, l’autista di un furgone portavalori ricevette un sms da una compagnia telefonica, abbassò lo sguardo sullo schermo e, quando lo rialzò, Paul era spappolato tra il cofano del furgone e la vetrina di una boutique di guanti.

Ma per Chiara non era abbastanza, aveva progetti più ambiziosi, continuò a pregare per la catastrofe definitiva. E il buon Dio l’accontentò: il 14 novembre 2036 l’asteroide Apophis colpì il nostro pianeta e cancellò la razza umana dalla superficie terrestre.

Direte che è un racconto inverosimile. L’assurdità di questo racconto è comunque di gran lunga inferiore a quella di quest’altro: un uomo entra dal tabaccaio e compra un biglietto del SuperEnalotto nella speranza di incassare il montepremi record di 209 milioni di euro (a tanto è arrivato nelle scorse ore, il jackpot più alto del mondo, ndr). Le probabilità di vincita sono al momento di una su 622.614.630. Mentre le probabilità di digitare un numero a caso con un bancomat a caso e vedersi sputare fuori una mazzetta sono incredibilmente maggiori: una su 90mila. Quella di nascere con sei dita sono di una su mille.

Per il National Safety Council degli Stati Uniti, quelle di essere colpiti da un’arma da fuoco sono di una su 300. Quelle di trovare un partner adatto a noi, secondo l’università di Bath, sono di una su 562. Quelle di avere un figlio down per una donna di 35 anni sono di una su 350. Quelle di azzeccare una password ben concepita sono in media di una su un milione. Quelle di essere investiti da una vettura in USA sono di una su 623. E le probabilità che l’asteroide Apophis colpisca la terra nel 2036 sono di una su 40mila.

Il fatto è che ciascuno di noi, per quanto secolarizzato e disilluso e blasfemo, per tutta la vita continua a sperare in una cosa soltanto: nel miracolo. Un evento che dèvi il corso del nostro destino apparentemente già scritto, il cuop de théatre di uno sceneggiatore anonimo, un deus ex machina piccolo borghese, un deus ex utilitaria. Il Caso è l’ultimo Dio, svuotato di ogni attributo morale e confessionale, il punto zero metafisico, il Signore alla portata delle calcolatrici, e il SuperEnalotto è il suo profeta. La ricchezza improvvisa sta al Miracolo come Dio sta al caso. Siamo tutti personaggi di un raccontino dell’assurdo che, entrando dal tabaccaio, credono di poter far ascoltare la propria voce d’inchiostro, là, fuori dalle pagine, allo scrittore con la penna in mano nel silenzio cosmico.

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