Il Carnevale deve ricordarci che dobbiamo sovvertire le regole | Rolling Stone Italia
Società

Il Carnevale deve ricordarci che dobbiamo sovvertire le regole

Se gli ideali della festa delle maschere sono la libertà, il rovesciamento dei ruoli e il sovvertimento delle regole, allora fanculo tutto, riprendiamoci piazze, cortili, strade e rimettiamo questi ideali in gioco

Il Carnevale deve ricordarci che dobbiamo sovvertire le regole

Il Carnevale di Ivrea

Foto Getty

Scrivo dopo aver finito un piatto di polenta e merluzzo preparato nel centro città dal Comitato della Croazia. Questo è il congedo dello Storico Carnevale di Ivrea che, come potete immaginare, da cittadina della provincia torinese, nulla ha a che vedere con la Croazia.

Ivrea è il regno delle contraddizioni. È la città dove nasce il Movimento 5 Stelle, ma in cui non vince mai, dove ci tiriamo le arance in faccia, ma ai tornelli d’ingresso del Carnevale ci vengono tolti i tappi delle bottigliette d’acqua, dove prima c’era il genio di Olivetti e ora c’è la Lega che cerca di appropriarsi di alcune sue visioni, svuotandole dal loro valore sociale. Siamo Ivrea, ma noi abitanti ci chiamiamo eporediesi. Funny, no?

Per questo quando noi eporediesi proviamo a parlare del nostro carlevè ad un forestiero, veniamo presi per matti. Come si fa a far capire che per una settimana molli la tua vita per partecipare a una violenta battaglia delle arance e che rimani sporco di quelle arance, vin brulè e cacca di cavallo per camminare con migliaia di persone nelle strade ubriache della tua città? Che canti, urli, inneggi a pieni polmoni per poter riassaporare il primitivo sentore di libertà? O che, martedì grasso, marci in silenzio nella notte del funerale del Carnevale al fianco di pifferi, tamburi e figure storiche medievali, ma anche napoleoniche, che si sono impadroniti della città? Cos’è il Carnevale di Ivrea? Io non so spiegarlo senza sentirmi scemo, nemmeno dopo trent’anni. Quindi prendete tutto quello che scriverò per giusto e normale, fidatevi. Se siete curiosi, ci sono quei tre mostri di Wiki, Google, YouTube, che a volte son pure utili.

Lo Storico Carnevale di Ivrea di quest’anno ha la necessità di essere politico, stretto tra le estreme misure cautelari della geniale Circolare Gabrielli e una giunta comunale che, dopo anni di centrosinistra e mentalità operaia (siamo sempre la città della Olivetti), ha ceduto agli ideali di destra. Perché se gli ideali del Carnevale sono la libertà, il rovesciamento dei ruoli, il sovvertimento delle regole, fanculo tutto, riprendiamoci piazze, cortili, strade e rimettiamo questi ideali in gioco. Per questo, senza accordarci, ma mossi da una mano invisibile, noi eporediesi abbiamo iniziato ad organizzare feste illegali, senza permessi, abusive, in pieno centro storico. Come supremo gesto simbolico: far divertire e aggregare le persone laddove i limiti e la questura ce lo vietavano. Per questo Ivreatronic ha organizzato due block party (se ci seguite su Instagram avete visto le stories), due feste di quartiere spuntate dal nulla, col passaparola, capace di raccogliere migliaia di persone pronte ad abbandonarsi al godimento puro, bloccando strade e cortili. Musica potentissima di SPLENDORE, Fabio Fabio, Enea Pascal e Cosmo che, tra un set e l’altro, si è eretto speaker e portavoce di un pensiero comune di liberazione e rivoluzione. Non a caso il giornale locale titola: Il cantante Cosmo e tanti eporediesi: non siamo più liberi. Naturalmente nessun ferito, nessuna rissa, nessuno scontro. Ballare non è pericoloso o rischioso. A volte, come in tutte le cose della vita, può andare storto qualcosa ed è un rischio che bisogna accettare per essere vivi. Qui solo felicità e berretti frigi, i copricapi simbolo del nostro carnevale che tanto ci fanno sembrare dei puffi, ma che ci determinano come comunità festante che propone e vuole un nuovo nucleo di leggi e regole per questa settimana carnevalesca. Come recitato nel discorso di chiusura del Carnevale di quest’anno, letto dalla figura storica del Sostituto Gran Cancelliere: per la comunità, l’incontro e la partecipazione. O come diceva Chico Buarque con Sergio Endrigo, la vita, amico, è l’arte dell’incontro.

Quindi, era doveroso supportare gli amici che invadono un bar con un dj set infinito o chi porta l’impianto audio fuori dalla porta di casa propria per farci ballare nei vicoli del centro per il solo desiderio e piacere di rendere altre persone felici. Tutto free, tutto libero, anche quando la polizia si presenta perché una signora non sente bene la televisione alle ore 20.30 di un giorno di carnevale. E la domanda sorge spontanea: perché se noi limitiamo la nostra libertà 364 giorni l’anno per permettere a quella signora di sentire quotidianamente la sua tv populista, lei non può limitare la sua di libertà per farci festeggiare un giorno solamente? Non è uno scambio equo. Questa non è solidarietà. Questo non è carnevale, né comunità.

Passare le giornate dentro piazze con migliaia di persone che si tirano arance, che si offrono vin brulè e si prendono per il culo. Che sfogano un altro anno di merda in una provincia inutile. Lasciateglielo fare. Lasciateci fare festa, lasciateci stare assieme. Perché se il giovedì grasso la giunta decide che un dj set pubblico è troppo PE-RI-CO-LO-SO e quindi il dj di ritrova a suonare – da solo – all’interno del municipio, mentre nelle piazze vengono montate casse con un volume ridicolo, è questa è l’idea di libertà che abbiamo sposato nel 2019? No, sto-cazzo. E allora è giusto venire qui da noi a scoprire il carlevè dei locals, quello in cui si fuma e si beve e si sta sporchi di schifo che tanto i bar sono svuotati e foderati per questo e ti lasciano lanciare cori che rimbombano e fanno tremare le pareti. Quello dove il popolo è il popolo, ma non in senso populista. E Beppe Grillo, che spinto dal giovane Casaleggio si era iscritto per partecipare alla battaglia delle arance come tiratore da carro, dà buca. Il M5S, a Ivrea, proprio non ce la fa.

Un pranzo da sbronzi con inviati del Le Monde innamorati di questa folle anarchia, con i cavalli disinteressati che attraversano le strade e lasciano quintali di escrementi su questo tappato di agrumi che ricopre la città, ora patrimonio Unesco. Non ho mai conosciuto niente che parli di comunità come il nostro Carnevale. Anche quando cercano di rinchiuderlo dentro varchi di accesso, servizi di sicurezza e continue perquisizioni distruggendone la geografia. Noi siamo qualcosa di più grande del limite di capienza. La sicurezza non è l’ansia delle forze dell’ordine. Così non ci sentiamo più sicuri, ma più controllati, addomesticati, imbrigliati. E non ci piace.

Questo periodo storico riporterà quella voglia di tornare in piazza a riprenderci quello che è nostro. Al proibizionismo (giovedì grasso era stata vietata la vendita di superalcolici a tutti i negozianti), risponderemo con feste segrete e carboneria. Alla polizia incazzata, risponderemo ballando. Cammineremo in mezzo alla strada lerci, uno a fianco all’altro. Uno non vale uno. Un fascista e un razzista – per noi – non valgono uno. L’unico uno in cui crediamo è quando le persone diventano una comunità d’intenti formata da esseri umani. E da incazzati saremo un gigantesco uno puntato contro di voi. Provateci a prendere quando saremo nudi di tutti i vostri limiti. Siete ancora in tempo per fermarvi. Prima cha a fermarvi saremo noi.

Altre notizie su:  Cosmo Carnevale opinione