Conversazione filosofica con Sandro Cerrone, lavasecco atipico | Rolling Stone Italia
Per un manicotto di astrakan

Conversazione filosofica con Sandro Cerrone, lavasecco atipico

Romanzo epistolare in cui un lavasecco meneghino rischia di (uccidere un arcangelo e) far partire le trombe dell’apocalisse per risparmiare cinquanta centesimi di euro

Lavasecco

Da: info@lavamilano.it
A: costa@thatcheristas.co.uk
Gentile signor della Gherardesca,
i suoi vestiti sono pronti e può passare a ritirarli in lavanderia anche subito. La avverto che è stato necessario effettuare un ulteriore trattamento smacchiante per rimuovere le tracce di gelato alle rose dal suo manicotto di astrakan, quindi in cassa dovrà pagare 7,50 euro in più oltre all’acconto che ha già versato.
Cordialmente,
Sandro Cerrone
Lavanderia LavaMilano

Da: costa@thatcheristas.co.uk
A: info@lavamilano.it
Signor Cerrone,
Quando rimasi tre mesi sotto copertura come moglie più giovane del condottiero wahabita Abdullah Zakari, lui non mi lasciava scegliere quando o come concedermi al suo amore. Ma, nonostante non avesse studiato a Ginevra come i suoi fratelli filo-americani, Abdullah non avrebbe mai e poi mai chiesto a una delle sue mogli di ritirare qualcosa “anche subito”. Nemmeno alla ricca macedone orba con cui giocavo a poker.
Vede, signor Cerrone, al di là di alcune complicazioni mediche, quell’esperienza mi ha lasciato anche uno European Press Prize per via di un epocale servizio fotografico che riuscii a realizzare per i-D magazine. Quindi, per cortesia, non pretendo che lei abbia la stessa educazione di Abdullah o John Galliano, ma almeno mi tratti con lo stesso rispetto di suo cugino, le cui musichine hanno allietato tante mie serate al Byblos di Saint-Tropez!
Guardi, mi viene quasi voglia di perdonarla e accettare un buono.

Da: info@lavamilano.it
A: costa@thatcheristas.co.uk
Signor della Gherardesca,
Non era mia intenzione metterle fretta o minimizzare la portata internazionale delle sue frequentazioni. Nel quartiere sappiamo tutti che è stato eletto “Miss Sposa Bambina over-40” tra le dune del Rub’ al Khali, visto che sono due mesi che cerca di usare il trofeo per saldare il suo conto con il pasticciere all’angolo.
Terremo in custodia i suoi vestiti entro e non oltre il solito termine dei novanta giorni, al di là del quale saranno donati in beneficenza a una bidella dell’Istituto Marangoni. Inoltre, perdoni l’insistenza, le ricordo che al momento del ritiro dovrà versare i 7,50 di extra causa sbrodolatura di gelato alle rose.
A presto,
Sandro Cerrone
PS: Le saluterò mio cugino Marc, un uomo che ha sprecato la sua vita dedicandola all’euro disco anziché alla nobile passione della nostra famiglia: il lavaggio a secco dei capi in renna.

Da: costa@thatcheristas.co.uk
A: info@lavamilano.it
La sua intenzione è precisamente quella di mettermi fretta, un noto metodo di eutanasia attiva ma involontaria che si applica ancora a Milano (in Giappone non è più legale da quando un paio di cuochi sono morti in un reality).
Le ricordo che in Italia anche il “tentato omicidio” è illegale: quindi la pregherei di non parlare di beneficenza, sport che non mi posso permettere così come i catamarani a Bora Bora o la chirurgia plastica a Losanna. Si ricordi: parlare di corda in casa dell’impiccato è oramai un trigger. Le dico di più: farei esattamente quello se cinque anni fa lei non avesse perso i miei collant da surf di Rick Owens.
Non sapendo chi pregare per ringraziare il cosmo,
prego proprio per lei.
Costantino
PS: sto verificando la traduzione di 7,50 nell’antica numerologia cabalistica.

Da: info@lavamilano.it
A: costa@thatcheristas.co.uk
Gentilissimo signor della Gherardesca,
Mai e poi mai mi permetterei di spingerla tra le braccia della morte: lascio questo ingrato compito ai Jack Kevorkian dell’Agenzia delle Entrate.
Piuttosto, le faccio presente che nella cabala il 7, numero magico per eccellenza, corrisponde agli ideali di completezza e perfezione, mentre il 50 rappresenta i 50 centesimi che vanno sommati ai sette euro che ancora mi deve per lo smacchiamento extra dell’astrakan.
Non avrei voluto arrivare a tanto, ma lei sta davvero mettendo alla prova la mia pazienza. Se non mi paga, le faccio il trattamento tie dye sui pantaloni di Lemaire, così anziché sfoggiarli alla Kunsthalle di Basilea, le toccherà indossarli per vendere il cocco fresco sulle spiagge della Versilia.
E se crede che non sia in grado di commettere una tale crudeltà, si ricordi che da venticinque anni gestisco una lavanderia a Turati: non c’è limite al dolore che posso infliggere.
Le consiglio di non mettermi alla prova. Sa bene che, in quanto maschio bianco etero, non ho più nulla da perdere.
Distinti saluti,
Sandro

Da: costa@thatcheristas.co.uk
A: info@lavamilano.it
Legga le mie parole, eterosessuale bianco della palude padana: lei ha ancora tutto da perdere. Sua moglie e i suoi più cari affetti, tra cui suo figlio Stefano che – oltre a somigliarmi in modo impressionante (in una versione con la pelle butterata dal risparmio, nonostante le imponenti riserve di centesimi di suo padre) – mi sembra di capire stia incontrando degli ostacoli in casa per la sua scelta di studiare musica classica contemporanea alla costosa Università di Venezia.
Mi immagino lei, mentre con quelle manine rettiliane si tiene stretta la cassetta dei centesimi. O forse non è una cassetta, ma una scatola nera computerizzata, come quella a cui si affidano per tutte le indicazioni gli impazienti autisti di Uber. Lei è convinto che prima o poi sarà in grado di trovare la poesia nell’avidità, mentre giorno dopo giorno digita i suoi versi fiscali con l’aiuto del suo migliore amico: il registratore di cassa che scampanella come una slitta di Babbo Natale che porta miseria. Quello che non sa è che, a forza di chiedere tutto a quella scatola nera (che le dice dove andare, cosa fare e chi ricordare…), una volta che riavrà i suoi 50 centesimi si sarà già dimenticato di me e del fatto che glieli dovevo. Sulle prime, la cosa le farà piacere, ma poi col tempo si dimenticherà anche di suo figlio, al quale toccherà abbandonare i suoi sogni da Béla Bartók per imparare tutto sul tetracloroetilene di famiglia.
Vede, Sandro, la tecnica la sta privando della memoria e non solo. Presto la scatola nera deciderà che le persone intorno a lei non sono utili e le allontanerà una per una. Incluse quelle che avrebbero dovuto prendersi cura di lei. E così finirà in una casa di riposo, sdraiato in una piscinetta di cibo e feci liquide, con al fianco il suo nuovo migliore amico: un conduttore televisivo maremmano che un tempo non era bravo con i conti ma che adesso, davanti al Signore, è uguale a lei.

Da: info@lavamilano.it
A: costa@thatcheristas.co.uk
Il 26 marzo 1980, in una corsia della Pitié-Salpêtrière di Parigi, si spegneva Roland Barthes. Era stato portato d’urgenza in ospedale un mese prima, raccolto da un’ambulanza sull’asfalto di rue des Écoles nel primo pomeriggio del 25 febbraio. Quel giorno, intorno alle 15.45, il grande semiologo aveva appena lasciato un pranzo organizzato dal futuro ministro francese della Cultura, Jack Lang, per sostenere la candidatura del prossimo presidente della Repubblica, François Mitterrand.
Barthes, dissero allora i testimoni oculari, si guardò attorno prima di attraversare, ma evidentemente era ancora annebbiato dallo champagne (o forse dal suo amato vino della Médoc), visto che non notò il veicolo che gli veniva incontro. L’impatto scaraventò sulla strada il linguista e critico letterario che nei suoi scritti aveva decretato la “morte dell’autore”. I paramedici lo trovarono in stato di incoscienza, col naso sanguinante e lo portarono immediatamente in ospedale. Dopo qualche primo incoraggiante segnale di ripresa, le condizioni di Barthes peggiorarono, lasciando ben poco da fare ai medici.
Lei mi dirà: “E che c’entra Roland Barthes?”. Ebbene, con questa sua domanda, oltre a dimostrare una grassa ignoranza epistemologica (Barthes c’entra sempre), lei ha messo a nudo la sua imperdonabile impreparazione storica.
Sa che tipo di vettura aveva travolto Roland Barthes su rue des Écoles? Il furgoncino di una lavanderia.
E al volante di quel furgoncino c’era mio padre. Pedinava Barthes da due settimane, perché l’autore di Frammenti di un discorso amoroso si era rifiutato di pagare un piccolo extra per il trattamento SuperFluffy™ di due cuscini.
A quanto pare, a quello stronzo i cuscini piacevano piatti. Lo aveva anche scritto in Barthes di Roland Barthes, ma mio padre non ha mai sopportato gli strutturalisti. Non poteva sapere.
Non so quale sia la sua posizione nel dibattito strutturalismo Vs. funzionalismo, ma mi permetta di darle un consiglio: la prossima volta guardi bene, a destra e a sinistra, prima di attraversare la strada.
Buona giornata

Da: costa@thatcheristas.co.uk
A: info@lavamilano.it
Signor Cerrone,
mi scusi se non le ho risposto con la velocità “business” che normalmente dedico ai miei investimenti più importanti e cioè i vestiti.
Ho dovuto bere cioccolata calda, guardare il Lago Lemano e piangere per quattro giorni per riprendermi dal quel freddo, violento e maleducato trigger che chiudeva la sua ultima mail. Dire a una persona che ogni giorno combatte con l’ADHD di “ricordarsi di guardare a destra e sinistra prima di attraversare la strada” è tentato omicidio (se fosse una persona benintenzionata mi avrebbe ricordato di parlare col mio cane guida, che a sua volta mi avrebbe chiamato un Uber).
So bene che agli agenti della Digos che stanno leggendo la nostra corrispondenza le sue parole suoneranno come una banale minaccia di morte, ma io non la sottovaluto: dopotutto lei è la persona che pulisce le mie ali celestiali, compito che la sua famiglia si tramanda da millenni.
Non a caso suo padre si ritrovava a Parigi negli stessi anni in cui Yves Saint Laurent mise in moto il prêt-à-porter. Suo padre perse la fede quando vide ali di arcangelo in lavatrici venete. Suo padre, come John Kerry con le sue testimonianze belliche, è un uomo che cercava la pace, non i centesimi. E se posso perdonare il fatto che lei abbia cercato di spingermi nel baratro della psicosi irreversibile, non posso accettare la sua volgare insistenza su qualche centesimo. Cerchi di camminare su due zampe, rispolveri i valori occidentali come la forchetta e George Bataille, e si ricordi che io so che da qualche parte nella sua bottega, in quel luogo in cui Dio è stato spruzzato via a botte di detergente, appeso accanto a un pronto moda reperito a Mendrisio, lei tiene ancora sotto sequestro il mio outfit preferito, la mia effettiva “moglie”, che mi accompagna a tutti gli eventi più importanti: un abito rosa degli anni ’50 da “dea greca” di Madame Grès comprato da Sotheby’s con gli ultimi soldi che non ho ricevuto da un cravattaro.
Da me non avrà nulla, neanche una preghiera, figuriamoci i suoi importantissimi centesimi, finché l’abito di Madame Grès non sarà tornato nell’unica cabina armadio in cui si sente a suo agio.
Sto “scioperando”?
Un caro saluto,
Costantino

Da: info@lavamilano.it
A: costa@thatcheristas.co.uk
Carissimo signor Costantino,
mi duole dirle che ormai questa escalation di sberle, nata come un dilettevole scambio tra violenti galantuomini, comincia a confliggere con i nostri rispettivi impegni quotidiani. Purtroppo c’è un limite al tempo che posso dedicare a minacciare di morte i miei clienti. Nello spirito di una rinnovata e fruttuosa collaborazione cliente-fornitore, la prego di non dimenticare che più di una volta lei è stato trattato con un occhio di riguardo da parte della nostra attività di famiglia. Come quando io stesso, per venire incontro a un suo “urgentissimo” evento “mondano”, le ho consegnato a casa il Madame Grès: era martedì scorso e me lo ricordo come fosse ora. Ho suonato e lei ha aperto che sembrava Gloria Swanson, mi ha strappato dalle mani l’abito rosa e poi ha sbattuto la porta, con una tale foga che non si è neanche accorto d’aver impigliato quel povero vestito, che giaceva metà in casa sua e metà sul pianerottolo. Ho guardato incredulo lo zerbino, su cui si increspava inerme ciò che restava di quella stoffa innocente, mentre al di là della porta sentivo lei che sciabattava via, urlando cose senza senso al telefono, noncurante dell’atrocità appena commessa.
Se quel Madame Grès era davvero sua moglie, allora lei è un uxoricida. Detto questo, chi sono io per giudicare 😉
Io sono qui solo per ricordarle che i suoi vestiti sono pronti e che può passare a ritirarli entro novanta giorni dalla mia prima mail. Superato questo termine, li doneremo a una for-profit prison del Texas.
Cordiali saluti,
Sandro Cerrone
Lavanderia LavaMilano

Da: costa@thatcheristas.co.uk
A: info@lavamilano.it
Carissimo Sandro,
Ho notato che ultimamente, da bravo giovane europeo ottocentesco, lei è tornato a raccogliere i centesimi che trova scostando le feci di cane nelle zone residenziali. La mia psichiatra pisana mi ha detto di averla vista più volte sollevare con le bacchette dei piccoli nigiri marroni. Si era addirittura preoccupata (vive a Milano da poco), finché un giorno l’ha vista esultare. Non capiva cosa stesse facendo, quindi ho dovuto spiegarle che, secondo la tradizione meneghina, al morto vivente milanese medio basta un centesimo in più per distinguersi dai fantasmi dei milanesi poveri che terrorizzano i bambini della città.
Quel Madame Grès non era mia moglie, erano le sue chiavi di San Pietro. L’ho fatto rimettere in sesto da Didier Ludot in Francia e adesso è pronto per le sue attenzioni. Puo tornare a lavorare e a conquistare la morte Sandro. Così come io sono pronto a tornare ad avvalermi della sua devozione e al prezzo di favore riservato ai sacerdoti.
Dio ti benedica, figlio mio. I miei pantaloni di pelle hanno bisogno di te.

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