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Conglomerandocene: Trattatello definitivo sullo stalking

Nella nuova puntata della rubrica dello Sgargabonzi su Rolling Stone, una riflessione sulla figura dello stalker e l’arrivo dei reality in televisione

Conglomerandocene: Trattatello definitivo sullo stalking

Foto: Emmanuele Contini/NurPhoto via Getty Images

Un tempo lontano, i personaggi famosi dentro i televisori Phonola erano giusto una triade: Mike Bongiorno, Corrado Mantoni e Pippo Baudo. Si spartivano il palinsesto televisivo in otto ore a testa, pagate regolarmente, così che ognuno poteva comprarsi la televisione Phonola per vedere che combinavano gli altri due nelle sedici ore che gli rimanevano libere.

Poi, un uggioso pomeriggio d’aprile, arrivò un quarto presentatore. Era l’altro, lo scapigliato, il provocatore, l’alcalinica rivoluzione che si faceva lucida e madida decostruzione: Daniele Piombi. E così le ore pro capite scesero a sei.

Era bello essere famosi, per il fatto che andavi in televisione e magari nei corridoi incontravi Paolo Panelli. E quando facevi la pubblicità ai biscottini Nipiol e nella gag mangiavi un Nipiol, non te lo facevano pagare. Però ai tempi c’era un solo canale Rai, nemmeno numerato, così la gente si faceva una ragione che non ci fosse spazio per tutti.

Fino a che, col nuovo millennio, qualcosa cambiò drasticamente. In televisione arrivò il Grande Fratello, un programma che si basa sul fatto che dieci concorrenti stanno in una casa e uno viene eliminato perché volevo autonominarmi ma mi hanno detto che non è possibile e alla fine ho dovuto pensare a chi voglio con me nella finale e allora non ho dubbi: Giorgio, Aristide, Romualda, Fenoglio, Katrina, Polmone, Poccione, Liquore Marrone e per questo elimino Ernesto Galli Della Loggia.

All’inizio del nuovo millennio, il Grande Fratello aprì imprudentemente la stagione dei reality show, una fase da cui non si sarebbe fortunatamente più tornati indietro. Da quel momento, chiunque avrebbe potuto ottenere il quarto d’ora di celebrità tanto teorizzato dal Verga. Un quarto d’ora anche in contemporanea con un altro, visto che comunque c’erano più canali e uno dei due lo potevi registrare, ricordandoti di mettere lo scotch se la cassetta era sprotetta. Ma quanti più sconosciuti si riversavano in televisione, maggiore era la richiesta di entrare da parte di quelli rimasti fuori. “Perché lui sì e io no, Daniela, che oltretutto so fare ancora meno?!”. In poco tempo si è arrivati alla saturazione, quindi alla crepa divaricante, ergo al cedimento strutturale, infine al collasso. È stato presto chiaro che la televisione non sarebbe riuscita a soddisfare tutte le richieste. La gente si è quindi vista costretta a cercare una via per sentirsi famosa anche fuori dal televisore. È allora che è nata quella che possiamo definire la panacea di tutti i mali: la figura mitologica dello “stalker”.

Lo stalker di regola non esiste esattamente come non esiste il pedofilo, ma evocarlo è un perfetto tonico per rinfrancare gli animi di tutti quelli rimasti fuori dagli studi di Verissimo, Pomeriggio 5 e L’Italia sul Due con Milo Infante dal mentuccio sempre sensato, congruo, ragionevole. Ma anche, a scendere, dal salotto buono o dal circoletto parrocchiale. Oggi nove persone su dieci lamentano di avere uno stalker. Senza contare che otto di quei nove addirittura affermano di averne due.

Diciamocelo chiaramente: se oggi non hai in dotazione uno stalker non sei nessuno. Perché far sapere che hai uno stalker alle calcagna significa che, nel tuo piccolo, sei una persona popolare, stimata, alla moda, probabilmente bella sì, ma quel bello che piace e assolutamente non stupida! Le persone che si dicono vittime di stalking hanno questa espressione seria. Ma non è quella della Colasanti sopravvissuta al massacro del Circeo, dopo giorni di sevizie e torture, solo perché Angelo Izzo l’aveva data per morta. Quella delle vittime di stalker è un’espressione altrettanto degna di rispetto, non meno seria e preoccupata, ma di quel serio e preoccupato con la pettinatura a schiaffo e la gonna che cade bene, però assolutamente non da t***a e ora devo veramente scappare. Queste incaricate Stanhome, uomini o donne che siano, sono comprensibilmente preoccupate perché hanno uno stalker sotto forma di uno sconosciuto con la felpa promozionale di Listone Giordano che si rovina la vita per aspettarle sotto casa e regalargli i mazzolini di margherite con insistenza e dirgli che se non può leccargli i capelli s’ammazza. Senza contare che alcuni stalker hanno uno stalker a loro volta, più piccolo. Se lo tirano dietro per il fatto che ormai hanno guadagnato un po’ di glamour anche loro, per osmosi dalla vittima primigenia che ha la pelle veramente troppo bella. Insomma lo stalker è questa figura un po’ inquietante e con la pelle brutta, che si nasconde nel buio e chissà cos’è capace di fare. È un personaggio ombroso, morboso, molto strano, probabilmente pazzo, sicuramente pericoloso, pronto a sfregiare la pelle bellissima della vittima con delle forbici d’oro perché innamorato e che non si merita nessuna pietà perché, come persona, cioè, è troppo inquietante dai!

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