Conglomerandocene: Tetra Pak dall'inferno | Rolling Stone Italia
Conglomerandocene
Società

Conglomerandocene: Tetra Pak dall’inferno

Nella nuova puntata della rubrica dello Sgargabonzi su Rolling Stone, la storia del misterioso intreccio tra esorcisti, possessioni demoniache e cartoni del latte

Conglomerandocene: Tetra Pak dall’inferno

Linda Blair sul set de 'L'esorcista' di William Friedkin (1973)

Foto: Lyn Alweis/The Denver Post via Getty Images

Diciamolo chiaramente: è franca, palese e scosciata tradizione delle storie degli esorcisti raccontare le persone possedute dal demonio nell’atto di compiere cose strane. E fin lì va bene, ci mancherebbe. Quando però quelle cose strane sono anche spaventose – lo dico senza nessunissimo intento polemico – allora cari miei è *appena appena* diverso. A me per esempio ha sempre colpito la questione del vomitare oggetti solidi, anche ingombranti e per i quali ti chiedi come possano essere finiti lì. Quando a Porta a Porta è ospite il compianto Padre Amorth e ne fa cenno, nella successiva lista della spesa ci mette puntualmente il magico complemento oggetto: “cartoni di latte”. Credo che sia scontato specificare che sono vuoti. Dico Padre Amorth ma potrei dire qualsiasi esorcista, pure quelli americani nei documentari di Discovery Channel. I cartoni del latte vomitati sono una costante delle possessioni di tutto il globo terracqueo.

Pensateci: rimettere cartoni del latte. Tetra Pak plastificati, accartocciati, che si aprono la strada attraverso il tubo digerente lacerandolo senza ritorno, magari col loro beccuccio birichino che il diavolo ha messo apposta all’infuori per fare più danno. Vomitare cartoni del latte, posseduti dal demonio, nel tinello, di domenica mattina, con i video degli Electric Light Orchesta su Videmusic. Uno, due, dieci, cento cartoni. Difficilmente riesco a pensare a qualcosa di tanta isterica e tonitruante potenza. Peggio ancora di rubinetti da cui escono cimici, incastrarsi gli incisivi fra i denti di una forchetta e fare leva, staccarsi le unghie graffiando il gesso, come la donna risucchiata nel caminetto de La Casa 4.

Ma poiché io sono un cartesiano puro, fin da piccolo su questi cartoni del latte mi sono posto un preciso interrogativo. La domanda più logica di questo mondo, quella che Bruno Vespa non ha mai fatto a Padre Amorth. Una domanda innocente che però apre scenari inquietanti. Nella prossima riga la dico. La domanda è: di che marca sono quei cartoni materializzatisi dall’Inferno? Latte Parmalat? Mukki? Granarolo? Sottomarche come Etruria, Grifo, Cigno? Sarà mica il Tre Valli degli ottimi budini? Oppure latte Fattorie Italia dei costosissimi kefir? Qual è la marca precisa del brik che Lucifero ha deciso di creare nello stomaco del soggetto? E perché sempre latte e mai un bel cartonaccio di Tavernello o di brodo di manzo Knorr? Forse è una marca inesistente sulla terra? E in questo caso meglio ancora, analizziamone il logo, sezioniamo quel cartone e notifichiamone le caratteristiche. Se dalle temperature dell’inferno è passato in un attimo nello stomaco del soggetto, come minimo si sarà uperizzato e in quel caso ci va scritto per legge. Ma magari non c’è scritto, perché Satana è diabolico e spera che il posseduto vada in shock anafilattico perché magari è allergico al latte uperizzato. Ma forse quel latte non ha una marca ma è solo un anonimo tetra pak bianco. E allora vediamo chi l’ha fabbricato. La Deltabox? La Punto Pack? La Garletti Imballaggi di Montevarchi (AR)? Confrontiamolo coi loro prototipi, come farebbe un qualunque Luciano Garofano del R.I.S..

Perché padre Amorth è sempre così reticente su queste cose? Questi esorcisti fanno tanto i grossi, ma cadono sempre alla seconda domanda. Come c’è da approfondire qualcosa di meramente logistico ti diventano più vaghi di Ugo Foscolo, eppure il gettone di presenza glielo danno, no? Se solo padre Amorth mi spiegasse questa cosa terra terra del brik, io forse crederei al diavolo e di conseguenza anche al suo nemico giurato: Dio Cristo. E da lì a credere alla vita ultraterrena, così da rilassarsi in questa terrena, sarebbe una passeggiata di salute. Invece no: “vomitava cartoni del latte”, punto. E alla seconda domanda l’esorcista se ne sta zitto come l’olio novello di Tiberiade. Non sia mai che scenda dal predellino della metafisica. “Sì ma di che marca era?”, intuzza Polidoro del Cicap. E Padre Amorth cambia discorso e parla dell’importanza del crocefisso nelle scuole di The Sims.

L’unico modo per conferire una dignità metafisica a quell’atto gastroesondativo è pensare che il diavolo abbia fatto sparire quel brik da una discarica qualunque nel mondo, per materializzarlo nello stomaco del posseduto. Ma anche in quel caso è più forte di me: quale discarica? Perché Belzebù ha scelto fra tutte proprio quella precisa, scientifica discarica, magari nella scanzonata Campobasso? E siam sempre lì: perché in quella discarica ha optato proprio per quel cartone di quella specifica marca e non quello accanto, sotto il torsolo di mela renetta? Insomma, come la metti la metti, ma il diavolo nel possedere qualcuno perde ogni autorevolezza. Ha lo sfizio del brik, sceglie il posto, il latte, crea i loghi o li cancella, forse fabbrica i cartoni da sé, di sicuro aguzza i beccucci, guarnisce, truzzica, cincischia, rifinisce, s’incapriccia nottetempo. Lo dico contro il mio interesse: fosse mica che Satana è fr*cio? Boh. Forse è solo la prova che il diavolo non esiste, ma in quel caso neanche Dio e mi dispiacerebbe perché anni fa comprai un crocefisso in una gita nella sensazionale Imperia.

Comunque secondo me quei cartoni sono del Latte Grifo.

Altre notizie su:  Conglomerandocene opinione