Col Covid19 s’imporranno i matrimoni combinati. Dall’algoritmo | Rolling Stone Italia
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Col Covid19 s’imporranno i matrimoni combinati. Dall’algoritmo

La distanza di sicurezza non perdona: verremo scelti in base agli interessi, ai dati anagrafici, ai consumi. E con scarsissime possibilità di incontrare qualcuno che la pensa in maniera diversa

Col Covid19 s’imporranno i matrimoni combinati. Dall’algoritmo

Foto: Nicolò Campo/LightRocket via Getty Images

Per qualche decennio l’amore è stato un sottoprodotto del caso. La mitologia del colpo di fulmine. Giri l’angolo con le buste della spesa in mano, ed eccola lì: la donna che tra quarant’anni ti chiuderà gli occhi sul letto di morte ha appena bucato una ruota della bici – “Posso aiutarla?”.

In molte società il matrimonio è tutt’ora combinato dalle famiglie degli sposi. Anche in Occidente la storia d’amore – o meglio, di caso – come la intendiamo oggi è stata un’eccezione per secoli. Dopo le febbri del romanticismo il caso fu ribattezzato destino. Per buona parte del ‘900 le imprevedibili possibilità combinatorie della realtà, la loro arbitrarietà e imprevedibilità, si sono imposte come la premessa necessaria per milioni di commedie, romanzi, canzoni, serie tv – “Chi l’avrebbe mai detto: una ragazza come me con un ragazzo come te”, “Benedetto il giorno che t’ho incontrata”, “Se non avessi perso quella coincidenza a Heathrow…”, “Prego, vuol ballare con me? – Grazie, preferisco di no”.

Ora le trame dovranno cambiare di nuovo. Si torna ai matrimoni combinati, al caso pilotato, alla famiglia come prodotto da laboratorio sociale. Quel che la società non si può più permettere – l’opinione pubblica occidentale non glielo consentirebbe – se lo può permettere l’algoritmo. Il Covid-19 ha accelerato un processo già in atto, e forse l’ha reso irreversibile. La casualità degli incontri è ormai soltanto teorica. Le restrizioni che ci porteremo dietro per chissà quanto, e la paura che sopravvivrà perfino alle restrizioni, ridurranno assembramenti, promiscuità – “come ti chiami?”, “Mi presteresti l’accendino?”, “Hai mai provato il gin tonic qui?”.

La stragrande maggioranza delle nuove conoscenze avverranno a distanza di sicurezza: sui social e sulle app di incontri. Naturalmente gli algoritmi di ciascuna piattaforma restano segreti. Nessuno sa per quale motivo Facebook, Instagram, Tinder, Grindr ci suggeriscano il profilo di un potenziale partner prima o piuttosto di un altro. Zuckerberg ha lottato col Caso, e Zuckerberg ha vinto. Oggi il destino parla in codice binario. Niente ali, arco, e culetto nudo: oggi Cupido ha gli occhiali appannati e la camicia a maniche corte di un programmatore dell’Oregon.

È probabile che gli utenti verranno combinati in base agli interessi, ai dati anagrafici, ai consumi, ai contatti in comune – a loro volta spesso stretti grazie agli stessi parametri. Si dirà: anche frequentare un bar invece di un altro, un luogo di lavoro invece di un altro (prima del trionfo dello smart-working), una località turistica invece di un’altra… anche tutto ciò aveva a che fare con quei parametri. Vero, ma c’era comunque la possibilità dell’imprevisto, della mosca bianca, del fuori luogo, del diverso… del tragitto, del giri l’angolo e c’è lei con le mani sporche di grasso e le due ruote al cielo. La possibilità di incontrare un alieno, un essere proveniente da un altro universo.

Verosimilmente, agli algoritmi l’incrocio di universi non piace: è uno spreco di tempo, risorse, pixel, movimenti di pollice: troppo probabile che l’esito sia negativo, la statistica non perdona. Forse l’Algoritmo nemmeno prende in considerazione l’eventualità, ma su ciò di cui non si può parlare si deve tacere, amen. Dopo la pandemia, le chance di vedere il mondo da un altro punto di vista, quello dell’Altro/a, non potranno che diminuire. È praticamente ovvio che esistano altre forme di vita, ma magari sono malate e… aspetta che mi è arrivata una notifica.

Come al tempo dei matrimoni combinati torneremo ad accoppiarci quasi solo all’interno della stessa tribù, dello stesso ceto, della stessa ideologia. Una conversazione con un potenziale partner che la pensa in maniera diversa nel mondo vero può sempre capitare – basta un urto involontario al bancone, un “le è caduta la sciarpa!”, un posto 7A e un posto 7B sul Frecciarossa. Adesso sarà sempre più rara: nella descrizione del profilo ha scritto che è vegana, swipe up. Fine dei giochi. Dal momento che l’Algoritmo è un deus absconditus, nessuno ci può garantire che un giorno – basta un consiglio di amministrazione un po’ esuberante – dalla compatibilità non si passi all’eugenetica.

Biondi proposti tassativamente e incessantemente a biondi, bassi a bassi, diabetici a diabetici, nasi aquilini a nasi aquilini. È assurdo? Tanto non lo sapremo mai. Di più: ci andrebbe alla grande. Abituati al narcisismo, domani ci innamoreremo del nostro selfie con seno e trecce – o con pene e spazzola, oppure soltanto col pene con più grosso. Dopo tutto l’algoritmo ci propone ciò che già ricerchiamo ovunque: uno specchio. Quindi regrediremo a ben prima dei matrimoni tribali: finiremo per riprodurci per sdoppiamento. Torneremo alla partenogenesi – “mi si è bucata la bici. Per fortuna che c’ero io nei paraggi”.

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