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Boomer Gang: addio Qatar. Inshallah

Nella nuova puntata della rubrica/dialogo a due by Robertini & Piccinini per 'Rolling Stone': Paul Thomas Anderson, l'Italia fuori dai Mondiali, Alessandro Orsini e un antidoto al talk continuo sulla guerra

Screenshot dal canale YouTube di La7

Alberto Piccinini: Giuro che non l’avevo capito: altro che maccartismo, ‘sto Orsini è una bestia da talk-show. Erano anni che non vedevo uno così, dai tempi di Alessandra Mussolini tipo. Occhi di ghiaccio e disagio aggressivo-passivo in pieno stile social, sai gli sconosciuti che prendono e ti insultano dandoti del lei buona giornata impari l’italiano? Mario Pio di Alberto Sordi, la ferocia della bontà, chi se lo ricorda? Ma poi è la supercazzola di tutti i complottisti, non ho capito una parola di quel che ha detto e ieri da Formigli sono rimasto a bocca aperta lo stesso. Li vale 2000 euro a puntata? Forse pure i 3500 che gli voleva dare Floris. Te lo dico in gergo, ci capiamo, tu li hai fatti i talk show: in 20 minuti ha portato la rete dal 3 all’8. Quando ha detto tenendosi la testa tra la dita come una diva del muto che dobbiamo rompere con l’Europa, era al 9 e mezzo contro l’Isola, il dopo partita della Nazionale e Vespa con Fassino, decrepiti, che hanno tenuto botta appena appena. E in tutto questo, tra la Nazionale e Formigli, pure ieri sera non sono andato al cinema a vedere Licorice Pizza di Paul T. Anderson. Ma ci devo andare, che dici?

Giovanni Robertini: Io sono andato a vederlo domenica, c’era tutta la bolla al cinema radical fichetto Anteo: ragazze delle rivistine indie, quelli che vanno alle presentazioni di Not con le giacche tecniche e le scarpe Salomon, pure Generic Animal, il cantante. Due ore di ammiccamenti e piacionerie di Paul Thomas Anderson, un long video clip con le sorelle Haim a mo’ di muse, soundtrack retro-maniaca del solito Radiohead Jonny Greenwood, featuring che manco un disco trap, da Sean Penn a Tom Waits. L’immaginario di Pitchfork dei tempi d’oro – quando ingolosì pure Condé Nast che poi se lo comprò – che ora mostra segni di decadenza. Tutta questa coolness nostalgica ora mi sembra buona al massimo per una cura Ludovico ad Aleksandr Dugin, l’ideologo di Putin che vede nell’Occidente l’Anticristo: dal suo Grande Risveglio al grande sbadiglio dopo ‘sta pizza (licorice). Non ci andare al cinema, guardati su Youtube il video di Fabri Fibra Propaganda, diretto dall’esperto Cosimo Alemà, con il rapper nei doppi panni Standa – brand che solo i boomer ricordano – di un Fantozzi/ Mr Bean e di un politico di una Forza Italia Viva qualsiasi. Sembra il trailer della serie di Zelensky, Servitore del Popolo: estetica sovietica, filtro Instagram grigio tristezza per l’uomo qualunque che ce la fa, scum culture da ufficio e sesso dal Postmarket. Se proprio di retromania si deve morire, preferisco questa, almeno è sul pezzo.

AP: Accidenti, corro subito a vederlo. Comunque erano dieci anni che non guardavo Piazza Pulita. A un certo punto, quando è partito il servizio shock da Mariupol e mi sono addormentato sul divano, ho fatto un sogno. Basta maltrattare la nobile arte del talk-show coi mostri di Rete 4 e qualche 5stelle di seconda fila – pensavo – sediamo in uno studio il massimo di ogni categoria e vinca il migliore. Un Lol del talk show, in onore di Gianfranco Funari. Un dream team dell’opinionismo. Chiamiamolo ABA, A bocca aperta. Chiamiamolo SOL, speak out loud, preferisci? Ti do il format: il primo che dice una frase di senso compiuto è fuori. Chi ci metteresti? Fabri Fibra? Paky? Non è tempo che i rapper mostrino come sanno dissare in campo aperto? A chi lo facciamo presentare?

GR: Bella idea, lo farei presentare a Michele Santoro. E facciamo subito anche il Fanta Talk, io mi faccio la mia squadra, tu la tua e chi fa più share vince. Mi prendo Orsini, Rondodasosa che coi dissing è ottimo, Giletti collegato da una sfilata di Balenciaga, Posaman Lillo, Tananai, Christian Raimo con i cartelli, Adani, lo youtuber Ciccio Gamer, l’influencer Carlotta Vagnoli, il comico Battista e Di Battista. Faccio almeno il 12% in prima serata, il 20% in seconda. Puntata d’esordio, Italia-Turchia di martedì prossimo, che tanto non la guarda nessuno.

AP: Ci penso, lavoriamoci sopra. Ho dormito male però. Al mattino ho trovato il post di Zerocalcare sulla guerra in Ucraina: «Ha senso stare nel dibattito ascoltando i compagni e le compagne che stanno in Russia e in Ucraina (…) È cento volte più interessante leggere un comunicato del Moscow Death Brigade, piuttosto che elevare a nostri eroi individui che sguazzano nei salotti televisivi». Finalmente. Per me ha detto tutto lui, il talk show è già finito. Hai letto l’intervista a Heinali, Oleg Shpudenko, musicista d’avanguardia, su Pitchfork? È partito in macchina da Kiyv con la mamma malata e il sintetizzatore modulare che si era costruito, ora è in Polonia. Lui è uno dei musicisti ambient ucraini che ascoltiamo e seguiamo sui social. Con Nicolaienko, con Katarina Gryvul. Ho scoperto su bandcamp che anche l’etichetta di Mosca Gostzvuk ha editato una antologia Stop the war! con una trentina di musicisti tecno ambient, soldi alle organizzazioni umanitarie. Su bandcamp, a proposito, ci sono anche i Moscow Death Brigade che cita Zerocalcare: fanno hip-hop su basi techno.

GR: I droni dei musicisti elettronici russi e ucraini come antidoto al talk continuo della guerra. Ho preso questo libro cultissimo di Harry Sword, giornalista inglese di The Quietus e Guardian, in Italia lo pubblica Atlantide col titolo Alla ricerca dell’oblio sonoro. Senti che scrive: «Il drone è un talismano psichedelico, l’immersione nei suoni ipnotici ripetitivi ci permette di uscire da noi stessi, di zittire il mormorio e l’esuberanza dell’instancabile voce interiore». E nel mio personale rehab sonoro ci metto pure il disco di Rosalìa, il nuovo acceleratissimo Motomami, perfetto per balere bunker sudatissime, tunz tunz folk gltch, daje che è primavera. E per chiudere la playlist un po’ di luce Gen Z con i nuovi ep di Altea e Sano, due del gruppone napoletano Thru Collected. Languore e stordimento in una cameretta che è un po’ centro sociale, non so quanto riesca a empatizzare con questa forma liquida di punk che è l’hyperpop, ma ne riconosco i confini della TAZ, la zona temporaneamente autonoma di cui fanno parte. Beati loro. Il disco di Sano si chiama L’industria, il pop, la camera, il sesso, titolo anni Settanta, meme e menifesto generazionale. Si apra il dibattito.

AP: Ottimo Harry Sword. Mi fa venire in mente la rassegna d’avanguardia che facevano qua al Dal Verme, quartiere Pigneto, anni fa: Roma La Drona. Bei tempi. Hai notato che alla fine del telegiornale c’è sempre qualcuno, coro d’opera, violoncellista, bambino o bambina prodigio, che canta o suona qualcosa sotto un rifugio ucraino? È il potere della musica, dicono sempre. Boh. Ieri a pranzo cantavano l’inno ucraino sotto la metropolitana di Kharkiv. Gente normale, come noi. Sai che ho pensato? No vabbè niente, lasciamo stare. Comunque ai Mondiali non c’andiamo. Te l’avevo già scritto alle 21.59 mi sono tenuto il whatsapp: «Sento puzza di tragedia nazionale». Pensavo che saremmo usciti ai rigori, ci ha graziato Donnarumma. Addio Qatar. Inshallah.

GR: Davvero chissenefrega, teneteveli i Mondiali in Qatar d’autunno, che poi il Qatar d’autunno è una sorta di Metaverso, mica esiste davvero. Facciamoci un Mundialito sulle spiagge italiane, Puglia, Rimini, Fregene, dentro Zaniolo, Scamacca e Balotelli, fuori Raspadori e Immobile. Allenatore scelto su Twitter, e Mancini col suo panfilo attraccato al largo insieme agli oligarchi russi detenuti nelle prigioni yacht. Ah, l’inno lo facciamo fare a Baby K. Featuring Grignani.

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