Bestemmie e balocchi: non la solita ‘missione simpatia’ | Rolling Stone Italia
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Bestemmie e balocchi: non la solita ‘missione simpatia’

Lo Sgargabonzi ha intervistato il romanissimo trio di cortisti "Bestemmie e Balocchi" (che già gli stava sulle palle a partire dal nome, ma tant'è). Piglio autoriale, sincerità arrogante e un piacevole eclettismo: un buon antidoto a “quelli che fanno i video divertenti su Facebook”

Bestemmie e balocchi: non la solita ‘missione simpatia’

Ci sono tre cose che non ne posso più. In terza posizione le patatine fritte negli aperitivi invece del buffet pantagruelico. Parlo di quelle dal sacchetto. Ti arriva il barista con questo sacchettiello di Cross al risparmio e lo dovresti pure ringraziare. Ma delle patatine fritte non se ne può più. Ne abbiamo sbriciolate e ingurgitate così tante, distrattamente, per inerzia, educazione, noia o disperazione, che pure i nuovi neonati nascono già con il disgusto in bundle. Tipo le tarme che odiano il legno di cedro (e da lì le grucce in legno di cedro, piccolo trivia). Ogni volta che ne hai un po’ davanti, prima di decidere se mangiarne, dovresti chiederti: sono mai stato felice dopo aver mangiato delle patate fritte? Beh, te lo dico io, moderno mistico: NO! La seconda cosa che mi fa uscire pazzo è il gesto di porgerti un fazzoletto mentre stai piangendo. Sei con un’amica, stai sgorgando le peggio lacrime per il crac della Parmalat e i tuoi risparmi volatilizzati come gialli a Nagasaki e lei cosa ti offre? La sua manina abile per distrarti un attimo e far sgorgare via la tristezza? No, un kleenex. Spesso addirittura uno strappo di Scottex. Perché chiaramente è l’urgenza maggiore: le lacrime possono correre la cornea, la sclera, l’iride, l’orbita, la dentina e tutta la Consob in generale. Ma non corrodono i fazzoletti Tempo! La terza cosa sono questi crocchietti di ragazzini, peggio ancora se romani, che s’improvvisano cortisti simpatici comodamente a guazzo nella deficienza dell’internet attuale e, ho già deciso, futuro.

Per questo motivo quando ho conosciuto il romanissimo progetto “Bestemmie e Balocchi” già mi stavano sulle palle a partire dal nome. Salvo poi aver visto i loro corti e averci trovato un piglio autoriale, una sincerità arrogante e un piacevole eclettismo. Dal gusto classico de La magia della lettura, al pastiche lisergico cosmatosiano di Un’estate da ricordare, per arrivare al cinema espressionista in salsa Hammer de Il barone nero, fino a confluire ne Le ragazze di Napoli, una sapida parodia della stand up comedy non scevra di spunti polemici (spero non nei miei confronti).

Mi è sembrato un progetto in generale molto promettente, perché per una volta scevro da missioni simpatia e ruffianerie assortite. Io non ne posso più di gente che si butta nelle mode e non aspira all’eternità. Io stesso vorrei che nell’anno 40.000 i droidi con gli esoscheletri in tellurio mentre ragionano fra di loro durante di defrag, mi ricordassero come un Kubrick dei nostri tempi e non come “uno che faceva ridere su Facebook, a zì”. Proprio a quest’ultimo atroce virgolettato, a cui moltitudini di leccasugheri si sperticano per appartenere, i Bestemmie e Balocchi sono un buon antidoto. Ma parliamone con loro…

Abbrivio d’obbligo: come nasce il vostro incontro umano e artistico?
Eddie: Io e Matteo ci siamo conosciuti tredici anni fa alla festa di compleanno di un amico. Ci siamo sempre stimati a vicenda ma per qualche ragione siamo diventati amici stretti molto più tardi, da un anno a questa parte, nello stesso periodo in cui ho conosciuto anche Sofia. Loro due insieme volevano realizzare un podcast e hanno provato a buttarmi in mezzo, così abbiamo scoperto di avere un’ottima sintonia. Il senso dell’umorismo è lo stesso, e in più ci piacciono gli stessi film, la stessa musica e ci danno fastidio le stesse cose. Il nome Bestemmie e Balocchi è nato proprio come nome del podcast, poi abbiamo deciso di ampliare il progetto e di estenderlo ai video e alle illustrazioni.

Oggi presentate il vostro nuovo corto, Il barone nero. Di che si tratta?
Eddie: Ad oggi, della nostra fatica più grande. Tutto è nato da uno spunto di Matteo, a cui diverte molto l’idea di questi vini fascisti con l’immagine del Duce sull’etichetta.
Matteo: Sì, e in generale la memorabilia fascista, i cimeli da Predappio, queste cose… li vendeva un negozio non troppo distante da casa mia, ci passavo davanti con mio nonno.
Eddie: Inizialmente pensavamo di farci sopra uno sketch, poi ci è venuta in mente una storia lugubre, drammatica, un omaggio a Frankenstein e a Il fantasma dell’opera che abbiamo deciso di realizzare in bianco e nero, rievocando nell’estetica i film di mostri classici della Universal.
Matteo: Ci divertiva molto l’idea di spogliare la figura di Mussolini da ogni connotazione politica, trattandolo alla stregua di un personaggio folkloristico; come se il fascismo provenisse dallo stesso repertorio di miti e storie popolari da cui provengono licantropia e vampirismo. Il Duce come Dracula! Da questo punto di vista, Il barone nero si può considerare il nostro manifesto a favore dell’autonomia estetica dell’arte: tutti e tre crediamo nell’indipendenza di fantasia e immaginazione rispetto ai professionisti del risentimento che vorrebbero arruolarla nelle proprie fila.

Come nascono i personaggi di Giannettì e Pinò, di solito i protagonisti dei vostri corti? Ed esordiranno altri comprimari?
Matteo: La motivazione profonda e inconscia, probabilmente, è la voglia di esorcizzare dei tipi umani che ci facevano paura quando, da adolescenti, eravamo considerati “quelli strani”, che venivano segnati a vista perché appassionati di cose che ora sono patrimonio comune di quasi tutti (“cultura pop”, come si dice) ma che prima erano considerate “da fissati”: il cinema, la musica, le serie tv. Questi tipi umani sono i coatti: una categoria antropologicamente violenta, castrante e sopraffattrice come la gang di A volte ritornano di Stephen King, che accoltella a morte il fratello del protagonista.
Eddie: Non ci è mai interessato fare nulla che avesse aderenza con il reale: il mondo in cui abitano Giannettì e Pinò è un limbo atemporale popolato dai nostri feticci e dai nostri ricordi. Esteticamente ci siamo rifatti a quelli che ai tempi venivano chiamati “truzzi”, con i loro occhiali Carrera, le canotte o le polo con il colletto alzato. Erano i tipi che avevo in classe quando facevo l’istituto tecnico, creature grottesche che col senno di poi mi appaiono molto divertenti.
Matteo: Ma solo col senno di poi: io cambiavo marciapiede quando li vedevo arrivare…

Ammesso che ci sia una divisione delle mansioni, in che modo vi organizzate in Bestemmie e Balocchi? Lo chiedo alla signora, che fino ad ora è stata silente.
Sofia: Siamo un meccanismo oliatissimo e democratico: chi ha un’idea la propone e se agli altri piace si fa subito e lo si fa con entusiasmo, che non è poco per chi come me è affetto da immobilità esistenziale e invalidante. Comunque Eddie è il cineasta, il grosso del lavoro lo fa lui, che oltre ad essere un esperto di cinema è bravissimo a dirigere, montare e scrivere le sceneggiature…
Matteo: Allora gli lascio le chiavi del progetto, visto che a quanto pare io non faccio un cazzo: chi è l’attore protagonista de Il barone nero? Non basta recitare, ideare, scrivere, fare il microfonista, stare dietro alle questioni logistiche, alla comunicazione sui social…
Sofia: Ma no, tu sei il motivatore, sei fondamentale appunto per i motivi che dicevo prima!
Matteo: Il “motivatore”? Cioè, una specie di mascotte?! Ti prego Eddie dille qualcosa tu, io sono stanco e davvero a un passo dal mollare tutto.
Eddie: Ragazzi, non litigate anche qua. La verità è che sì, il lavoro tecnico lo faccio io, ma solo perché siamo costretti. L’idea è di diventare grossi e famosi così non me ne dovrò più occupare. La parte migliore di tutto il processo in ogni caso è la scrittura, e quello è un campo nel quale siamo tutti attivissimi.
Matteo: Quando inventiamo abbiamo una grande chimica: al punto che la maggior parte delle cose che abbiamo creato non saprei dire se sono nate su impulso mio, di Eddie o di Sofia. E questo perché, davvero, quando lavoriamo insieme siamo una creatura a due teste e mezzo.
Sofia: La mezza testa chi sarebbe?

È noioso, vero, lavorare con una donna?
Matteo: Magari! Se c’è una parola che non assocerei mai al lavorare con Sofia è proprio “noia”. Ogni singolo fotogramma che esce dal buio della Reflex di Eddie e riesce a finire in un cortometraggio è un faticoso metro di terreno strappato alla sua implacabile severità.
Eddie: Per niente noioso! Però è un incubo, quello sì.
Matteo: “Il motivatore”. Se ci ripenso…

Domanda rivolta a ognuno di voi: chi degli altri due avete visto piangere e per quali motivi?
Eddie: Ho visto piangere Matteo mentre giravamo il finale de Il barone nero. Forse stavolta abbiamo esagerato.
Sofia: Visto piangere Eddie in diverse occasioni. Tipo quando io e Matteo litighiamo perché non mi piace un’idea. Gli esce una singola lacrima, continua a sorridere ma io me ne accorgo.
Matteo: Ma poi, “motivatore” di chi?

Vi è mai venuto in mente di scrivere un corto normale e poi decidere all’ultimo momento di girarlo nudi, sacca scrotale, sacchettino da astomizzati e tutto?
Matteo: Sì.

Pensando ad altri progetti simili al vostro, cosa non volete essere?
Matteo: Ti dico chi non vorremmo essere: “quelli che fanno i video divertenti su Facebook”. Idealmente, vorremmo che il pubblico avesse la nostra stessa sensibilità per le atmosfere, le suggestioni e gli omaggi inseriti nei corti, e che non ci si fermasse alla semplice gag ispirata. Per citare Giorgio Gaber, mio nume tutelare: i nostri sono “anni affollati di spunti divertenti che il giorno dopo diventano idiozie”. Ecco, noi vorremmo situarci il più lontano possibile dalle idiozie.
Eddie: Non voglio essere quello che sta sul pezzo, che appena arriva il tema caldo del giorno pensa subito a imbastire uno sketch. Non mi va di raccontare personaggi dalla parte della ragione né di irridere boomer, no vax, terrapiattisti e cattolici. Non mi va di far pronunciare la parola “Tinder” ai miei personaggi. Per il resto sono aperto a tutto.

Il vostro corto Un’estate da ricordare ha un taglio malinconico e nostalgico (nostalgico in senso diverso che ne Il barone nero). Quindi la risata non è il vostro unico obiettivo?
Eddie: Dipende sempre dalla premessa. Quella del primo corto, La magia della lettura, era una premessa da cui era naturale scaturissero gag e situazioni paradossali. Siamo andati dove ci ha portato l’idea di base e cerchiamo di farlo sempre: Un’estate da ricordare è uscito fuori meno divertente, forse, ma sicuramente più atmosferico, perché era il modo più giusto di raccontare quella storia. L’ansia di far ridere di solito è molto limitante, e le cose che ho scritto in passato partendo con quella mentalità non dicevano nulla di me.

Preciso. Se c’è una cosa che a me dà noia è la ricerca sterile della risata: soprattutto oggi, che ovunque ti giri è tutto un florilegio di missioni simpatia, a partire dagli status ficcanti, arguti e pugnaci, unica mossa possibile su Facebook. Quando arrivi a fine giornata ne sei saturo, non ne puoi davvero più e vorresti solamente una bicchierata di Nembutal per volare via. Per allargare un po’ lo sguardo: quali sono i vostri punti di riferimento cinematografici?
Eddie: Il mio eroe è Sam Raimi, per me il regista più completo e geniale di sempre: alla fine de Il barone nero lo omaggiamo in maniera piuttosto esplicita. Altri autori che amo, in ordine sparso: Woody Allen, i fratelli Coen, Joe Dante, Sylvester Stallone, Shane Black. Poi amo l’horror, il noir classico e le commedie con Steve Martin, specie se scritte da lui (Lo straccione, Il mistero del cadavere scomparso e Pazzi a Beverly Hills sono autentici capolavori).
Matteo: I Simpson sono sicuramente il mio riferimento audiovisivo più forte in assoluto: metterei le stagioni fino alla 10 – per essere molto generosi! – nell’elenco alleniano delle dieci cose per cui vale la pena vivere. Mi piacerebbe che Bestemmie e Balocchi diventasse la nostra piccola Springfield: un universo popolato da personaggi riconoscibili e dal grande peso specifico, dei quali lo spettatore possa amare anche le meschinità. A livello di cinema in senso stretto, direi Zucker/Abrahams/Zucker.
Sofia: Anche io dico Zucker e Matt Groening. Aggiungo anche le commedie americane più rozze, da American Pie ai film con Anna Faris, che è la mia attrice comica preferita. Per me sono film più formativi rispetto ad altri oggettivamente migliori, più che altro per i toni e per le atmosfere anni Duemila. Un periodo per me molto spensierato in cui ci si insultava parecchio, anche le categorie fragili, senza discriminazioni. Prima di tutto comunque ci sono i cartoni di Bruno Bozzetto, West and soda e Allegro non troppo. Poi a 20 anni ho scoperto gli show di Tim and Eric e sono rimasta folgorata. Roba che nessuno si prende la briga di tradurre in italiano, perché piace a me e altre tre persone forse.

E se la Cecchi Gori vi finanziasse a patto di eliminare uno degli altri due dal dinamico trio come ve la gestireste? Andreste avanti duri e puri o accettereste? E fareste dei distinguo fra i vostri soci? Rispondete tutti e tre e fatelo seri.

Matteo: Eliminerei Sofia, perché è la quota “pessimismo della ragione” del gruppo; quella che tende – anche per indole – a raffreddare gli entusiasmi. Idee che a me ed Eddie sembrano brillanti vengono da lei disintegrate alla velocità della luce.
Eddie: Di Bestemmie e Balocchi mi piace la libertà, e il prezzo di questa libertà è una fatica immane dettata proprio dalla mancanza di fondi, di una vera troupe, di una figura che si occupi di produzione. Di un impianto solido, insomma. Se ci finanziassero per mantenere Bestemmie e Balocchi esattamente com’è e fare le cose che vogliamo in un ambiente organizzato e professionale, accetterei. Se invece il compromesso è perdere uno dei due fratellini (tra noi ci chiamiamo così, è una cosa nostra) per vedermelo sostituito con, chessò, Oznerol, mi tengo la fatica.
Matteo: La verità è che non saprei immaginare Bestemmie e Balocchi senza gli spunti creativi e la grande riflessività di Sofia, un talento puro con una perversa inclinazione al sabotaggio: proprio e altrui. Anche se è meno in vista di me e di Eddie, Sofia muove sapientemente i fili da dietro le quinte. Ma presto la vedrete più spesso anche davanti: è una promessa.
Sofia: Non ci dormirà la notte la gente per questa promessa. Comunque per me il fatto che il progetto sia così poliedrico – cioè che si può fare un podcast, un video, un fumetto, qualsiasi cosa ci ispira di più in quel momento – nega la possibilità di tagliare fuori uno dei tre. Perché ognuno ha le sue specialità e dà un apporto diverso a tutto quello che facciamo e poi perché ci troviamo a nostro agio così. Ormai sappiamo di poter contare sul sostegno incondizionato degli altri. Ed è incondizionato per un semplice motivo: siamo fratellini! 

Ma si dice bestemmie o bestegne?
Sofia: Bestemmie.

Cosa vedremo nelle prossime puntate?
Eddie: Si parlerà della ricetta della carbonara, tra le altre cose. Poi di serial killer e di supereroi. Non scherzo.

Potete seguire Bestemmie e balocchi su Facebook e su Instagram

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