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Ascesa e caduta della rana Gasperini

Era sempre stata un batrace gaio, spensierato, fondamentalmente ottimista. Poi, però, incontrò uno scorpione... Una fiaba de Lo Sgargabonzi

Ascesa e caduta della rana Gasperini

Foto via Unsplash

Rana.

Animale che sei di una specie che fa schifo solo a nominarla. Dove il puma è un felino e la zebra un equino, tu non sei né un ovino né un caprino: sei un batrace.

C’è da dire che la rana Gasperini era sempre stata un batrace gaio, spensierato, fondamentalmente ottimista. Molte rane non lo sono a causa delle rane fritte, ma non era il caso della rana Gasperini. Solo una paura le attanagliava lo sterno, una fobia così particolare da non avere nemmeno un nome scientifico. In pratica, la rana Gasperini temeva che qualche animale della tundra pronunciasse in sua presenza la frase: “E’ la mia natura”. Nemmeno lei capiva il senso di questo terrore, ma al solo pensiero le scoppiavano dozzine di capillari. Questa strana fobia l’aveva resa completamente chiusa in se stessa durante l’infanzia, tanto da non farle godere nemmeno le cose buone di quell’età, come le pizzate coi catechisti e i vaccini. Addirittura venne chiamata al programma televisivo ”La ruota della fortuna” ma declinò l’offerta, per paura che la frase da indovinare fosse proprio quella.

Crescendo, la rana Gasperini era riuscita a rilassarsi un attimo. D’altronde aveva realizzato che, anno dopo anno, non si era mai trovata in una situazione che la mettesse a rischio di ascoltare quella frase, nemmeno alla lontana. Solo una volta una mangusta le disse, riferendosi a una mangusta vicina: “E’ mia cognata”. Che comunque è ben diverso da “E’ la mia natura”.

Un mattina di giugno la rana Gasperini sguazzava nell’acqua fresca di un torrente, quando vide sulla riva uno scorpione che si sbracciava per attrarre la sua attenzione. La rana si guardò attorno circospetta, ma in uno sbalzo di ottimismo gli si avvicinò, attenta come al solito a dire le cose giuste, onde non portare l’interlocutore a pronunciare anche involontariamente quella frase. Pure a costo di apparire maleducata, era pronta a tapparsi le orecchie al primo “E’ la…”, anche se lo scorpione si fosse riferito alla cognata. Lo scorpione le disse, scandendo lentamente: “Per favore, mi farebbe salire sulla sua schiena e mi porterebbe sull’altra sponda? Devo assolutamente raggiungere una festa di ricchi oligarchi!”

Grazie a quelle parole, la rana Gasperini si sentì rassicurata e sorrise. Nel lungo discorso dello scorpione, non c’era stato un solo accenno a quella frase. Ancora meglio di uno scorpione muto, che magari non la diceva ma la pensava! La rana valutò la sua richiesta e, visto che se ne sentono tante, lo mise alla prova: “Fossi matta! Così appena siamo in acqua lei mi punge e mi uccide!”. Lo scorpione la rassicurò con un sillogismo di quelli che ti spezzano le ginocchia: “E per quale motivo dovrei farlo? Se la pungessi lei morirebbe ed io, non sapendo nuotare, annegherei!”. Intanto, accanto a loro, un piccolo cavalluccio marino armato di blocconote appuntava tutto il dialogo. “Ne voglio fare una parabola che diverrà famosa!” esclamò il cavalluccio nell’indifferenza generale.

La rana fece finta di pensarci un attimo, ma aveva già deciso dall’inizio che avrebbe dato un passaggio allo scorpione, visto che gli era rimasto proprio simpatico, specie per questa cosa delle chele. Così Gasperini caricò lo scorpione sul dorso ed entrò in acqua.

Durante il viaggio parlarono del più e del meno. La rana aveva un cugino che cercava lavoro, quindi lo scorpione le dette il numero di un suo amico scienziato che aveva bisogno di un aiuto-lattaio. Ragionarono anche di cose serie, per esempio di come si calcola la primiera a scopa, ma anche di argomenti allegri: le stelle filanti sono davvero tanto pericolose se non le lanci bene? Intanto il cavalluccio marino Antongiulio Collovati di Bellariva nuotava al loro fianco e prendeva appunti.

Erano a metà del corso d’acqua, quando la rana Gasperini avvertì un intenso dolore sullo schiena. Capì allora di essere stata punta dallo scorpione. Ci rimase male, ma in maniera diversa da come ci sarebbero rimaste male altre rane: Gasperini era una rana-zen e accettava di buon grado anche la morte. Però, a unico titolo informativo, chiese allo scorpione: “Perché l’ha fatto, architetto? Ora morirà anche lei!”. “Ma guardi… me ne dispiaccio… sinceramente non lo so…”, tentennò lo scorpione. E la rana Gasperini, sentendo appropinquarsi l’oscura mietitrice, s’affrettò a chiedergli: “Ma per me non è un problema! Le chiedo solo perché l’ha fatto! Forza, me lo dichi!”.

E lo scorpione: “È la mia indole”.

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