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Amare ‘Intrigue’, uno dei giochi da tavolo più perversi di sempre

Lo Sgargabonzi ci presenta il mondo di Stefan Dorra, autore di board games, e ammette: a 'Intrigue' ('Intrigo a Palazzo' in italiano), lui, da tignoso e permaloso qual è, non ci può proprio giocare

intrigue Stefan dorra

Credits: @stefan.dorra

Spesso sento parlare di giochi “rovina-amicizie”. Dai miei pazienti mi sento raccontare serate che iniziano a tarallucci e vino e poi finiscono con chissà quale tensione da psicodramma fassbinderiano. Chiedo di quali giochi si tratta e scopro che sono sempre giochi in realtà molto innocenti, ai limiti dell’ecumenico, che possono sconvolgere solo delle anime belle.

Facciamola poco grave: in Ticket to Ride l’avversario ti può giusto rubare una tratta, costruendola prima di te. E va be’, vorrà dire che impiegheremo le nostre risorse per costruirne un’altra! Stessa cosa vale per i posizionamenti di Carcassonne o le carte di 7 Wonders. È la cosiddetta interazione indiretta, una dinamica sempre elegante, distinta, alla gradevole fragranza di vetiver, in cui non distruggo quello che hai costruito ma al massimo posso selezionare un’azione prima di te costringendoti a rivedere la tua strategia, magari ripiegando su un’azione che in quel momento per te è subottimale. In un mondo in cui quasi seicento persone l’anno muoiono per incidenti con le moto d’acqua, fossero questi i problemi!

I candidi che trovano motivi di tensione in dinamiche simili, è evidente che non hanno mai giocato a Intrigue, pietra miliare di Stefan Dorra (autore anche di For Sale, Medina e Turn the Tide), distribuito in italiano come Intrigo a Palazzo.

Intrigue è un gioco di trattativa e diplomazia. Niente matematica e scienze esatte, solo lettura del pensiero avversario, opportunismo, timing e manipolazione. Le chiacchiere al tavolo la faranno da padrone per l’oretta e mezza della sua durata.

Il gioco accoglie dai tre a cinque giocatori, ma brilla al suo numero massimo. Ognuno avrà di fronte a sé una plancetta rappresentante la propria magione. In ciascuna di queste ci sono posti vacanti per quattro tasselli corrispondenti a quattro lavoratori (un chimico, un farmacista, un legale e un religioso), a cui la banca pagherà diversi compensi una volta assunti (mille, tremila, seimila o diecimila monete). Ogni giocatore dispone di otto tasselli (due per tipo) che rappresentano i propri familiari. Lo scopo è quello di arricchirsi il più possibile nei cinque turni di cui il gioco si dipana, facendoli assumere nelle magioni avversarie. Non è difatti possibile assumere da soli un proprio familiare. All’inizio di ogni turno riceveremo, inoltre, un compenso pari a quanti dei nostri familiari saranno al momento impiegati nelle ville altrui. Ma come farsi assumere? Con qualsiasi mezzo, o quasi. Al proprio turno si posizionano due familiari davanti a una o due ville degli avversari. Gli avversari poi, al loro turno, valuteranno se ingaggiarlieventualmente con quale stipendio, e se licenziarli nel momento in cui a chiedere un impiego ci sarà un lavoratore dal ruolo equivalente.

Il cuore nero del gioco è al momento della trattativa. Per convincere un avversario ad assumerti, magari con la promessa di tenerti fino alla fine del gioco, si può proporre una mazzetta, gli si può promettere l’assunzione di un suo familiare nella propria corte, si può minacciare di licenziarne uno già assunto, ci si può spingere anche a promesse extra-gioco (“assumi il mio cappellano o non ti riporto a casa stasera”, “licenzia il mio chimico e i soldi che ti devo per la verniciatura della Vespa te li scordi”). Ogni promessa però non è vincolante, neanche entro lo stesso turno in cui viene fatta. Infatti, anche dopo l’incasso d’una mazzetta, il padrone di casa potrà decidere di lasciare in braghe di tela il richiedente impiego. Tuttavia può premiare anche un atteggiamento corretto e leale, specie nel momento in cui vedi gli altri che si scannano senza pietà.

Del resto l’opportunismo, la faccia tosta e la capacità di mettere gli uni contro gli altri senza farsi troppo notare, onde essere il proverbiale terzo che gode, farà la differenza fra vincere e perdere. Tutto questo si traduce in un gioco psicologicamente intrigante ma anche provante, di sicuro non per tutti, in cui il clima può farsi goliardico ma altrettanto facilmente, o con il gruppo sbagliato (o giusto), oscuro, teso e paranoico, perché pieno di metagioco e grimaldelli morali. Ho visto gente che per essere creduta ha rievocato lutti, storie d’amore e vecchi favori fatti, tutto questo per far abbassare le difese all’amico, guardandolo negli occhi, salvo tradirlo pochi secondi dopo aver incassato una mazzetta.

Intrigue è uno dei giochi più perversi che abbia mai intavolato, secondo forse solo al classico Diplomacy, che ha un’altra complessità e un’altra durata, di cui Intrigue può definirsi la versione condensata. Ho scritto “intavolato” e non “giocato”, non a caso. Il gioco di Dorra è uno dei miei giochi preferiti, ma essendo io permaloso, tignoso e ben poco sportivo, mi sono sempre ben guardato dal giocarlo. Ma quella è la caratteristica che differenzia i bei giochi dai capolavori: questi ultimi sono bellissimi anche da guardar giocare da fuori, esattamente come si guarda un film, in questo caso un grandguignolesco snuff movie morale.

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