Affetti stabili e caro congiunto: dimenticate Platone, Giuseppe Conte ha definito l'amore | Rolling Stone Italia
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Affetti stabili e caro congiunto: dimenticate Platone, Giuseppe Conte ha definito l’amore

A definire che cos'è l'amore ci avevano provato Socrate, Kierkegaard, Shakespeare, milioni di cantanti pop. E alla fine a risolvere l'antico mistero è stato l'ultimo DPCM per l'emergenza coronavirus

Affetti stabili e caro congiunto: dimenticate Platone, Giuseppe Conte ha definito l’amore

FILIPPO MONTEFORTE/AFP via Getty Images

C’avevano provato Aristofane, Diotima e Socrate nel Simposio di Platone, il pensiero cristiano da Gesù a Kierkegaard, i trovatori medievali e i poeti romantici, Shakespeare con tragedie e commedie, Stendhal col suo Dell’amore, c’avevano provato La prigioniera e La fuggitiva di Proust e milioni di cantanti contemporanei: definire che cos’è l’amore. E poi i 450 saggi riuniti dal governo italiano hanno finalmente risolto l’antico mistero: “affetti stabili”, ecco tutto, che ci vorrà mai, branco di pugnettari mentali?  

Secondo il decreto sulla Fase 2: “Si considerano necessari gli spostamenti per incontrare congiunti”. E tutti a chiedere: che cosa si intende per congiunti? Definizione giuridica: “ascendenti, discendenti, coniuge, la parte di un’unione civile tra persone dello stesso sesso, fratelli, sorelle, gli affini nello stesso grado, gli zii e i nipoti”. Traduzione: serve o il sangue o una carta. C’è qualcosa, in Italia, che si realizzi senza uno di questi due elementi? Chi si affida alla volatilità del sentimento può continuare a masturbarsi.

E tutti a insorgere: ma, scusate, posso andare a trovare quel rincoglionito di mio zio e non l’amore della mia vita? Ed è stato così che i 450 super esperti dell’Accademia Platonica di Giuseppy Kontex si sono riuniti in un lungo simposio socratico. Kontex, il Maestro, c’era, ma si rifletteva in un tinello d’acqua cercando di incastrarsi la pochette nella tunica: una roba mica facile.  

Robertos Buriony, adagiato sul triclinio, la spalla nuda e il chitone a formare pieghe bianche sulle sue spennacchiate e intelligentissime ginocchia – per i Greci, la sede dell’anima – discettava sull’amore cellulare, l’antico antenato dell’amore umano: “I mitocondri sono i nostri affetti più stabili e, noi, non gli abbiamo mai dato nemmeno un nome” ha sentenziato nell’asciugarsi una lacrima di pura scienza. “Nell’estrarre energia dai substrati organici, producono un gradiente ionico necessario all’adenosintrifosfato. C’è una prova di amore più grande?” E tutti i banchettanti, (va detto, già un po’ sbronzi per il vino resinato): oooooh. 

Kontex si specchiava: mannaggia, diceva, alle prese con la pochette. 

E poi Vittorios Kolaoa, pizzicando la lira, ha detto: “Eh no. Perdonate, ma la questione è economica: qui si parla di visite a casa e la parola economia viene proprio da oikos: casa”. E tutti: ooooh. Kolao continuava: “Lo sanno tutti che Eros è figlio di Poros, cioè Espediente, e Penia, cioè Povertà. Con la povertà siamo a buon punto, adesso lavoriamo sull’espediente”. 

Kontex, prono sul tinello, la pochette in mano, ha urlato: “T’agghia fà petàzze petàzze!” 

Domicos Arkury, da tutti conosciuto come gran sofista della tautologia, ha detto: “L’amore è l’amore”. E tutti: ooooh. Ma qualcuno, scettico a oltranza, ancora non era convinto. 

A quel punto un efebo, danzando in punta di piedi col suo corpo da canone di Policleto, si è messo la mano sulla bocca per nascondere un ghigno malandrino e poi ha detto: “Filosofelli scemotti”. Era Rokkos Kasalinos. Ha preso una coppa di vino e ha detto: “Vedete? Se la tengo in verticale il vino non esce”. E tutti: oooh. “Ma se la giro in orizzontale…” e un liquido rosso acceso si è riversato sul pavimento.  

“La gente fa la fame e tu sprechi il vino!” ha gridato Anghelos Borrelly, svegliandosi di colpo dal suo sonno alcolico. E poi è subito risprofondato nel triclinio biascicando in dormiveglia numeri pitagorici: 250, 738, 4.671…

Mentre alcuni raccoglievano il vino da terra con gli indici e poi se li leccavano, Kasalinos continuava: “Questione di stabilità. Stabile è un elemento che resta in un’identica condizione per un ragionevole intervallo di tempo. Ciò distingue una passione fugace dal vero amore”.

“Ma per quanto tempo deve rimanere stabile?” ha chiesto un filosofo di secondo piano, conosciuto per girare tra i banchetti con una torcia rotta in mano e che poi immancabilmente si piglia qualche malattia, Nikolao Zingaretty.

E tutti: “Taci, non è il tuo campo”.

Quello ha sputacchiato qualcosa e si è rannicchiato in un angolo a riflettere sulla crudeltà degli dei.

“E quindi io dico” ha concluso Kasalinos, “Si potrà incontrare chi è unito da un affetto stabile”.

Kontex, la pochette finalmente incastrata nel chitone, con calma olimpica ha intinto una mano nel tinello, si è pettinato indietro il ciuffo, e ha sentenziato: “Eureka!”