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Rocco Siffredi: «Il porno non deve essere educazione sessuale»

La leggenda vivente del porno ha appena scritto "Sex lessons. Il mio corso di educazione sessuale", per cercare di spiegare che il sesso è una cosa e il porno un'altra, raccontare retroscena sul set e spiegare ai tanti ragazzini che gli scrivono (e mandano foto) che non contano le dimensioni

TIZIANA FABI/AFP via Getty Images

«Non voglio sostituirmi a chi ha studiato. Dico solo che se facessero parlare anche me, che sono un professionista di porno e sessualità, potrei dare un contributo importante». Rocco Siffredi mi confida che sono anni che gli studenti lo chiamano per fargli tenere qualche lezione di educazione sessuale, ma poi presidi e docenti si mettono di mezzo e non se ne fa mai nulla. Ostracismo, pare. Eppure, dice, «sarei credibile». E certo: chi meglio di un’icona del porno – classe ’64, da trent’anni attore e produttore di fama mondiale, inventore dell’hardcore, ultimo dei moicani del vecchio e squalo del nuovo – può spiegare che «il porno, oggi, non rappresenta il vero sesso»? Anche perché ce ne sarebbe bisogno, visto che «è da lì che i ragazzi imparano tutto», con tutti i rischi del caso.

Per questo ha scritto Sex lessons. Il mio corso di educazione sessuale (Mondadori), ovvero una serie di consigli per avere una vita sessuale sicura, soddisfacente e serena, oltre a una parte sui retroscena del suo mondo. E i due lati sono collegati: i video a luci rosse oggi diventano sempre più estremi, e tanti giovanissimi a cui manca un’educazione sessuale è facile che finiscano col prenderli a modello e confonderli con la realtà. Rischiando di farsi male, così come di frustrarsi. E il discorso è anche più complesso, ovviamente, di così; ma ci arriviamo. Non a caso, comunque, l’idea di questo libro non è sua «ma dell’editore, che ha apprezzato il mio canale YouTube, in cui durante la pandemia ho dato consigli sul sesso ai ragazzi che me li chiedevano». Di base, quindi, c’è una necessità diffusa. «E fidati: in lockdown mi hanno contatto in tantissimi».

Chi ti scriveva?
Soprattutto maschi, giovani.

Per chiederti?
Consigli per sconfiggere l’eiaculazione precoce, per non fare cilecca. Più della metà di quelli che mi scrivono, poi, è preoccupata delle dimensioni: mandano foto, chiedono di modi per aumentarle, interventi. Il senso del libro è anche ripetere ciò che dico a loro: contano l’autostima e l’accettazione, altro che la preoccupazione delle dimensioni. Per il resto, ho notato che nei giovani c’è mancanza di spontaneità: tutto è performance, sesso in primis. Anche la paura della cilecca, per dirti, nasce da qui. Nasce nella testa di persone che mi dicono: “È la prima volta che esco con questa tizia, ti prego dimmi come fare per evitare figuracce”. Ho notato un distaccamento, direi quasi una mancanza di romanticismo. E vale per entrambi i sessi. Mentre per le insicurezze, con le donne è un po’ diverso.

Spiegati.
Vedo quelle che vengono ai provini: la donna è emancipata, finalmente; spesso trovo ragazze che vogliono imitare le pornostar. Ma il rischio, in questo caso, è che arrivino carichissime senza sapere neanche cosa vanno a fare, però. Come se le pornostar fossero un modello da seguire, e nient’altro. Questo vale nell’approccio al porno girato come nella vita, come nelle prime volte in cui fai sesso.

In generale: perché queste insicurezze?
Perché siamo senza riferimenti, soprattutto i giovani. Coi social ciascuno dice la propria. E non è facile orientarsi fra mille influencer, con altrettante opinioni diverse. Non possono mica avere tutti la verità in mano, no? Mancano certezze.

Per quanto riguarda gli uomini, che da quanto dici sembrano più insicuri delle donne, avrei detto fosse colpa anche del maschilismo, che impone dei modelli a cui è difficile aderire.
Io non penso che la nostra sia una società maschilista. O meglio: non lo è più. E per fortuna, eh. Per fortuna la donna è emancipata. Purtroppo restano strascichi di maschilismo, che riemergono in maniera drammatica. Perché ci sono femminicidi e quasi mai il contrario? Perché i maschi stentano ad accettare che le donne siano loro pari, che in una relazione non siano sottomesse al patriarcato del compagno, anzi possano lasciarlo. Bisogna fare molti passi avanti in questo senso. Poi, sempre per colpa del maschilismo, molti uomini scambiano la dignità con l’erezione: nel momento in cui non tira più l’uccello, si sentono finiti. Per questo ci si riempie di viagra, delle volte solo per uscire per la prima volta con una donna. Anche in quel contesto è finito il periodo del “vediamo come va”, ora è solo performance. In parte, comunque, si trova traccia di emancipazione anche nel porno.

Cioè?
Oggi la donna, nel porno, è super strong: è lei che domina l’uomo. Lo squirt per esempio ha valore simbolico: è lei che comanda, è lei che dopo trent’anni in cui nessuno si è preoccupato del suo piacere, ti viene in faccia. Magari ci sono anche scene in cui mette le mani alla gola dell’uomo. Gli dice: adesso mi dai il cazzo per bene, come dico io.

A livello di insicurezze sul sesso, invece, come pensi che il porno possa essere un problema?
La colpa non è del porno, ma del fatto che sia diventato educazione sessuale senza poterlo essere davvero. E sai perché? Perché, un’educazione sessuale vera, da portare nelle scuole, in Italia non c’è. Siamo bigotti. Io mi concedo, da anni, senza chiedere neanche un euro; mi chiamano gli studenti, figurati. La risposta di presidi ed esperti è sempre la solita: “Non prendiamo lezioni da Siffredi”. Io lo farei col cuore. La verità? Che Siffredi è buono quando hai il cazzo in mano e sei davanti a uno schermo; dopo che hai fatto, è meglio continuare a nasconderlo sotto terra.

Quindi sei d’accordo che il porno può dare un’immagine distorta e nociva della sessualità.
Questo è ovvio, perché non viene spiegato. Banalmente vedere sempre dei superdotati, se non hai contatto con la realtà, ti fa imparanoiare per le tue dimensioni.

La chiave, quindi, è spiegare.
Ti racconto una scena: una volta all’aeroporto di Fiumicino ho incontrato una coppia di settantenni, che mi ha iniziato a riempire di complimenti, per i “buchi di culo” che secondo loro avrei “fatto” alle ragazze; ho risposto che niente era reale, altro che complimenti, si trattava di effetti speciali. Ci sono attrici che la notte dormono col plug anale perché ci tengono a far carriera; di che parliamo? Loro sono rimasti spiazzati. Ma chiariamo: il sesso vero è una cosa; il porno, un’altra. Gli attori sono professionisti. Lo squirt… è urina. Ti pare che per vent’anni non sono riuscito a far squirtare mezza donna e adesso tutte vengono con un “tocco magico”? Vorrei dirlo ai ragazzi, perché i porno si iniziano a vedere a 12-13 anni, altro che da maggiorenni. E chi meglio di me, che in teoria faccio il contrario, potrebbe svelare la realtà? Sennò si rischia.

Cosa rischiamo?
Una generazione di pornostar… senza porno. Però aspetta: il porno serve, e serve a tante cose. A una ragazza giovane può essere utile per conoscere la sessualità, così come può aiutare una coppia. D’altro canto, vedere questi marziani che fanno sesso per ore per un maschio può essere frustrante, eccome. Può sentirsi male, se non riesce a tenere l’erezione quanto il tizio sullo schermo. Per non parlare dell’emulazione: il sesso hardcore – e te lo dice uno che l’ha inventato, il sesso hardcore – non puoi farlo così su due piedi. Specie se giovanissimi, rischi di farti male, di rovinarti la vita. A letto servono consenso, rispetto e sicurezza; io questo vorrei spiegare. Sono gli unici limiti. Anche perché, figurati, il porno è sempre più estremo. Con implicazioni anche sulla noia. L’asticella della “perversione” si è alzata. E i ragazzi si fanno un’idea sbagliata della sessualità. Diventano imitatori, credono che tutte le donne siano pornostar. Non è che vedi un film in cui uccidono le persone e poi vai in giro ad ammazzare gli altri; col porno, invece, il rischio di emulare c’è.

Tra l’altro, scrivi nel libro, oggi il porno è anche più “finto”.
Sono cambiati i gusti, è cambiata la fruizione. La pornografia rispecchia la società, di pari passo. Io sono “costretto”, oggi, a fare hardcore, altrimenti nessuno vedrebbe i film; ma il sesso, appunto, è un’altra cosa. Ti ho detto delle attrici; ma sai che i maschi sono tutti “punturati”? Cioè: prendono del doping. Ma è una scorciatoia, e come tale tiene ha pro e contro. Io gestisco un’academy in cui insegno – o meglio: spiego – il porno ad aspiranti professionisti, e cerco di dar loro le regole base senza introdurli al doping. Io insegno il sesso, non i farmaci. Perché il sesso è l’unica forma d’arte che non si può recitare. E saperlo fare davvero è fondamentale per un professionista, secondo me. Però non nascondo la verità: a Praga, dove gira la casa di produzione più importante d’Europa, la puntura prima di entrare sul set è d’obbligo.

Perché si è arrivati a questo?
È un circolo vizioso: da una parte, quando hanno cominciato i primi, i “secondi” non si sono tirati indietro, e così via; dall’altra, le grandi case di produzione lavorano “meglio”, non devono più aspettare che l’attore abbia un’erezione e il resto. Ne risente la qualità: volti assenti, apatici, poca connessione fra gli attori e col proprio cervello; risultato, scene meccaniche. Ovviamente ci sono pornostar autentiche, tipo Martina Smeraldi, ma non sono poi molte. Per il resto, mi tengo in contatto con dei ragazzi che hanno fatto l’academy e oggi lavorano a Praga. Ci credi che fanno un sesso meccanico, da catena di montaggio? A volte ci penso: se avessi iniziato anch’io così, a vent’anni, ora sarei al manicomio. Invece mi sono divertito: non sempre, eh; ma almeno nell’80% delle scene, sì.

Mi stai dicendo che ai tuoi tempi era meglio.
Tanti dialoghi e poche scopate, eravamo sempre carichi. La selezione la faceva la natura, il sesso era reale e spontaneo. Nei Novanta è stato ancora meglio, perché è arrivata la consacrazione mediatica senza che il porno ne perdesse in naturalezza. Poi, con internet, le categorie e la ricerca dei dettagli, è sorta l’industria del porno. Quella targettizata. Che ha portato soldi e chimica pesante.

Cosa c’è nel futuro del porno?
Le attrici più famose adesso fatturano 30mila, 40mila dollari al mese con Onlyfans, in totale autonomia. Cifre surreali. E un cambio estremo: la pornostar è diventata produttrice e distributrice di sé. Per noi produttori è un problema, ma credo che il futuro sia lì, che questa non sia una bolla.

Però è anche vero che molte attrici, sui social, hanno trovato hater che le hanno rovinato la vita. Nel libro citi per esempio August Ames, che per questo nel 2017 si è suicidata.
Oggi in tre secondi sei una star, tutti sanno che sei una pornostar; poi coi social ti vengono intorno gli hater, specie dopo i momenti di gloria, per riportarti a terra. Funziona così ovunque, e resistere nel porno non è semplice. Però mi sembra che la nuova generazione di attrici sappia disinnescare quest’odio, credo perché è cresciuta proprio dentro i social.

E tu, come pornostar, comunque sei stato vittima di pregiudizi a lungo. Cioè, forse ora un po’ meno.
Adesso è la prima volta in cui noto una certa apertura mediatica. Per questo libro, i giornalisti sono ben disposti a parlarmi. Sono contento, molto. Ma spero che tutto ciò serva ad aiutare.

In che senso?
A novembre io e Lisa Ann, una pornostar fra le più famose al mondo, abbiamo partecipato a una campagna per la sicurezza con un noto marchio di preservativi, in Turchia. Capito? In Turchia. In Italia invece un attore porno non può parlare di sesso ai ragazzi. Io non voglio togliere niente agli esperti; solo aggiungere testimonianza “pratica”, da professionista. Ripeto: il porno non va nascosto; bisogna parlarne, deve perdere l’aura di proibito. Va spiegato insieme alla sessualità, insieme all’uso delle protezioni. E iniziamo a viverlo con gusto, con piacere. Pensa che per tantissimi la pornografia è utile ad accettarsi. Non sai in quanti mi ringraziano per determinate scene, dicendomi che si vergognavano di una loro fantasia e che invece, vedendola su un mio porno, l’hanno percepita come “normale”. Sono i complimenti più belli che ricevo; altro che quelli sul cazzo grosso.

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