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Ritratto di Pippo Franco, pensatore scomodo

O almeno così vuole (ancora) passare. Dalla candidatura fallimentare alle Comunali di Roma al green pass falso, l’ex capocomico del Bagaglino resta al centro del dibattito. E continua a difendersi, al suono di ‘Chi chi chi, co co co’

Pippo Franco nel 2009. Elisabetta A. Villa/WireImage

Pippo Franco rivuole il suo green pass. Finito come molti altri personaggi noti al centro delle indagini sulle presunte certificazioni false che, secondo le prime ricostruzioni, sarebbero state fornite a pazienti famosi da un medico di Roma, il comico romano ha depositato tramite i suoi legali un test sierologico che lo scagionerebbe dall’accusa di aver ottenuto un green pass falso e ne ha chiesta la restituzione.

Vedremo come finirà questa storia abbastanza surreale, ma certo è che ultimamente le vicende legate al nome di Pippo Franco sono state abbastanza complicate. Prima c’è stata la sua candidatura alle elezioni comunali di Roma, dove si era presentato in una lista civica a sostegno del candidato di centrodestra Enrico Michetti, che lo ha scaricato proprio a causa delle indiscrezioni sul green pass falso. Poi l’umiliazione di aver preso solo 37 voti, nonostante si fosse presentato agli elettori come una promettente risorsa per rilanciare la cultura romana – paventando addirittura una nomina da assessore.

Eppure, se si pensa alla storia recente di questo Paese, Pippo Franco aveva certe diverse buone carte in mano per farsi largo in politica. Almeno nella sua area, la destra, a cui da sempre viene accostato, anche se in passato questo accostamento lo ha turbato: “Non sono, come spesso mi capita di venire etichettato, un comico di destra”, diceva al Giornale nel 2009. “Amo poter cambiare idea, non sono legato a ideologie e non sono legato a fazioni politiche”.

Eppure Pippo Franco è sempre stato un pensatore scomodo, osteggiato dal potere occulto che da sempre una certa sinistra con le toppe sui gomiti delle giacche di velluto esercita nell’ambito della cultura italiana, un potere fatto di finta raffinatezza e morale faziosa. Non si piegava ai diktat di partito, Pippo Franco, non era inquadrabile perché troppo libero. O almeno così dice lui, in un’altra intervista sempre al Giornale ma più recente (è del 2021), in cui svela “il pensiero unico di sinistra”.

La verità è che per decenni Pippo Franco ha avuto il polso del ventre molle di questo Paese, e chi lo conosce in profondità (Pippo Franco, o il Paese, scegliete voi) non ha difficoltà a capire quello che intendo dire: pensate a quella grande allegoria dell’italica essenza che è stata il brano Chi chi chi, co co co con cui è andato a Sanremo nel 1983. C’è tutto il pathos italiano, il tessuto sotterraneo, l’ordito sociale dell’Italia. Pippo Franco aveva capito tutto.

Franco Pippo – che poi è il vero nome di Pippo Franco – ha studiato al liceo artistico, dov’è stato allievo di Renato Guttuso e Giulio Turcato e dove ha sperimentato ogni genere di espressione creativa, dalla danza alla pittura, dal teatro al cabaret. È dunque un artista poliedrico, a tutto tondo, anche se nella memoria nazionalpopolare si tende a ridurlo unicamente al frontman del Bagaglino, che ha contribuito a rendere uno dei gruppi di avanspettacolo più famosi d’Italia, al trio Pippo Franco-Martufello-Lionello, che sta alla televisione pop italiana come Messi-Mbappè-Neymar stanno al Paris Saint-Germain.

È vero, forse il Bagaglino era un po’ qualunquista, forse la sua satira più che fustigare la politica italiana la accarezzava con amorevolezza, forse ha la grave colpa di aver dato modo a Berlusconi di raccontare la sua prima barzelletta in pubblico (quella su Silvio-Gesù che cammina sulle acque). Ok, forse ha ospitato più olgettine di un privé dell’Hollywood. Ma rimane comunque un prodotto che gli italiani hanno amato come poche altre cose, che ha portato avanti, senza che ce ne accorgessimo, la tradizione di Petrolini e lo ha fatto senza darsi arie intellettuali. I più maligni lo hanno sempre additato come una specie di bunker mediatico della destra ridanciana, ma in questo c’è forse anche della malafede. 

Da tutte queste critiche Pippo Franco si difende a spada tratta. Non vuole essere appiattito sul suo ruolo di demiurgo del Bagaglino: “È stato tacciato di essere di destra perché non eravamo né di destra né di sinistra, mentre all’epoca c’era una satira politica di sinistra”, ha detto, spiegando che le critiche erano colpa del “pensiero unico”. “Abbiamo lavorato in un’epoca in cui, se non eri di sinistra, eri di destra. Non è vero, noi eravamo soltanto totalmente liberi”, ha detto, spiegando che quello che contava per lui era il pubblico, stop, e “con 14 milioni di spettatori non ha alcun senso la definizione di destra o di sinistra”.

Un atteggiamento, una mentalità, che hanno fatto di Pippo Franco uno dei grandi baluardi nazionalpopolari di un concetto che non morirà mai e che lui incarna pienamente con quel suo volto da commedia dell’arte: l’italiano libero, che vive una vita allegra e scanzonata, che si candida, prende 37 voti e si getta quell’esperienza alle spalle, che falsifica i green pass, o forse no, che va a braccetto con Bombolo.

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