Ripartiamo dalla pizza con la farina di grillo | Rolling Stone Italia
Cricrì

Ripartiamo dalla pizza con la farina di grillo

Nel menù di 'Pizzeria Okkupata' metteremmo anche carbonara con l’uovo a frittata e scaglie di parmigiano del Wisconsin. E ascolto in cuffia facoltativo del podcast di Alberto Grandi. Ma pure una piccola biblioteca di libri rigorosamente riscritti – Agatha Christie, Roal Dahl – e qualche vecchio dvd di 'Friends', però vuoto

Ripartiamo dalla pizza con la farina di grillo

Foto: Ansgar Haase/picture alliance via Getty Images

Giovanni Robertini: Ho fatto un sogno: c’era un locale molto grande, un po’ Leoncavallo, un po’ Rossopomodoro e un po’ Berghain, con dei grandi tavoloni e tutti che mangiavano la pizza, quella fatta con la farina di grillo. All’ingresso c’era un tizio che ti faceva un timbrino sulla mano, come nei centri sociali. Grandi scritte sui muri, tipo “Stop ai phaschi”, musica elettronica piena di droni – Kali Malone, William Basinski, Stephen O’Malley – e gente stravaccata sul divano a farsi le canne, baciarsi, chiacchierare, leggere. Non male, no? Il pensiero che queste nuove TAZ, presto illegali – una pizzeria, una hamburgheria con carne sintetica, un bar con i croissant d’insetti – possano essere nuovi fortini di resistenza all’avanzata di destra non mi dispiace affatto. Ripartiamo dalla pizza con la farina di grillo, magari è pure buona…

Alberto Piccinini: Stavo giusto per chiederti se voi a Milano avete già la pizza cricrì, si sa che a Roma su queste cose siamo indietro anni luce. L’altro giorno in tv Formigli mangiava cracker di grilli. Capirai, da mo’ che l’hanno fatto su Rete4. È ora di allargare il conflitto, Riscoprire ogni giorno il sapore del primo involtino primavera che hai mangiato nella vita, te lo ricordi? Ti dò la teoria: noi siamo stati sempre dalla parte dei vecchi ristoranti cinesi contro tutti i 4 ristoranti e un funerale che ci hanno aperto intorno, sempre a favore della cucina meticcia e zozza contro tutte le gentrificazioni gourmet e le finte trattorie che se la tirano. Ecco perché nel menù di Pizzeria Okkupata metterei senz’altro carbonara con l’uovo a frittata e scaglie di parmigiano del Wisconsin. E ascolto in cuffia facoltativo del podcast di Alberto Grandi, Denominazione d’origine inventata (dopo il ritratto del Financial Times, ho letto anche l’intervista di Alfredo, molto bene), il professore di Parma che ci spiega perché la grande cucina italiana è una cagata pazzesca e perché i fasci ci tengono così tanto. Ah, già che siamo nel locale metterei anche una piccola biblioteca di libri rigorosamente riscritti: Agatha Christie, Roal Dahl. Per leggerli ad alta voce tra una portata e l’altra.

GR: Aggiungo che nelle nuove Pizzerie Okkupate il maschio contemporaneo di sinistra, quello ritratto grossolanamente da Luca Beatrice in un pezzo su Libero, potrà entrare solo dopo rigida selezione all’ingresso. Non basteranno le Birkenstock, né i pantaloncini corti o il vino naturale, così è facile, sono bravi tutti, pure gli hipster di destra. Toccherà sottoporsi a un test attitudinale sui seguenti argomenti: Bjork e la micologia, Pauline Olivero e il deep listening, Mourinho e il patriarcato, Paky e le rivolte di piazza in Francia. Le ragazze entrano gratis, meglio se in coppia, ora e per sempre, con altre ragazze.

AP: Ma è praticamente Tuba!, la mia libreria-bar di riferimento al Pigneto, coi tavolini al sole di fronte al banco del mercato dove compro i broccoletti. Parlando seriamente trovo davvero diabolico il meccanismo con il quale la destra ha stravinto imponendo questa ossessione della cancel culture. All’epoca i fascisti veri si esercitavano contro la Resistenza e via Rasella, lo sappiamo. Poi Berlusconi ha resuscitato i comunisti, che erano defunti da un bel pezzo. Adesso si vaneggia su questa psicopolizia di sinistra che cancellerebbe le parolacce dei libri, e la cosa che mi fa incazzare davvero sono le persone perbene e gli amici che ci cascano, scrivono parole di circostanza sui social, rimpiangono il bel tempo andato quando “si poteva dire tutto”, se la prendono con il nuovo moralismo. Alla fine sono indistinguibili dai bot russi che dominano veramente il dibattito, ti insultano, dicono di ripassare la grammatica, la sintassi, ti danno del decerebrato e salutano con “buona giornata”. Che tristezza. Che paura.

GR: A proposito, ho letto sui social molti commenti negativi al trailer del nuovo film di Nanni Moretti, Il sol dell’avvenire. Ce l’avevano con i soliti cliché: la canzone di Battiato, gli intellettuali di sinistra, il simbolo del PCI, la crisi di coppia borghese, il cinema romano impegnato. Ok, massimo rispetto per Nanni, “ha una certa” e per me può fare quello che vuole, anzi, più vetero e più nostalgico è, più funziona. Vorrei solo ricordare a tutti i suoi nuovi hater che il dissing più famoso della storia recente l’ha inventato lui, e funziona ancora. Un esempio: “Ve lo meritate Marco Mengoni! Ve lo meritate Beppe Fiorello! Ve li meritate i Måneskin!”. Solo, se posso permettermi, un piccolo appunto Nanni: il titolo del film! È sbagliato… Il sol dell’avvenire sembra una marca di prodotti bio, un titolo sfigato della dozzina del Premio Strega, una canzone di Colapesce e DiMartino. Senti se ti piace, magari sai ancora in tempo a cambiare: “Ecce Boomer!” col punto esclamativo. Bello, no?

AP: Aspetta aspetta, stavo pensando ancora alla nostra pizzeria okkupata. Portiamoci avanti, guardiamo al futuro: nella biblioteca mettiamoci anche dei classici della cultura occidentale con un sacco di pagine bianche. Per farci sopra i disegnini, meditare sul colonialismo e lo schiavismo. E qualche vecchio dvd di Friends, però vuoto. All’entrata una bella statua di Montanelli tutta verde e senza testa, tempestata di conchiglie, come fosse stata ripescata dalle acque stile Damien Hirst. Quasi quasi con Montanelli decapitato ci farei il logo, almeno degli sticker. Che ti pare?

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