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Unioni civili in paese civile

Ricapitoliamo la storia di una legge – con molti compromessi – che finalmente è diventata realtà, dai Pacs al "canguro", alla vittoria a metà delle associazioni LGBT

Foto dalla manifestazione del 23 gennaio 2016 di Milano a favore delle unioni civili per le coppie dello stesso sesso. Foto di Michele Bisceglia

Foto dalla manifestazione del 23 gennaio 2016 di Milano a favore delle unioni civili per le coppie dello stesso sesso. Foto di Michele Bisceglia

Nella giornata di ieri la Camera dei Deputati ha approvato (con 372 voti a favore, 51 contrari e 99 astenuti) la legge che introduce, per la prima volta in Italia, le Unioni Civili tra persone dello stesso sesso e regolamenta le coppie di fatto. Si tratta di un passaggio storico, che riduce un ritardo decennale che il nostro paese aveva accumulato rispetto all’Europa. L’Italia, infatti, fino alle ore 20 dell’11 maggio 2016, era l’unico tra i principali stati dell’Unione Europea a non avere nessun tipo di legge a tutela delle unioni tra persone dello stesso sesso.

Per arrivare a questo primo successo si sono incontrati tantissimi scogli. Vi ricordate le altre forme di regolamentazione che i governi di centrosinistra hanno cercato di approvare nel corso degli ultimi anni? I Pacs, i Dico, i Cus, i Didore. Tutti, a vari livelli, molto timidi. Tutti, per vari motivi, rigettati. È un dibattito che impegna la politica dal 2002 ed è uno degli imbarazzi storici della sinistra italiana. Mentre molti paesi europei – e non – approvano o inseriscono nei loro programmi il matrimonio egualitario, l’Italia fa fatica. Questa legge, infatti, arriva priva di una parte fondamentale, quella relativa alle adozioni dei figli del partner: la famigerata stepchild adoption. Un intervento chirurgico privo di anestesia reso necessario dopo giornate parlamentari degne di House of Cards. In un febbraio tesissimo, una delle forze politiche disposta a votare la legge al Senato (il Movimento 5 Stelle, che non supporta il governo) toglie l’appoggio perché non vuole votare un emendamento proposto dal Pd – il cosiddetto “canguro” – che taglia diverse migliaia di emendamenti ostruzionistici proposti dalle opposizioni di destra (soprattutto Lega Nord). Al Senato mancano i numeri e il Pd non può fare forzature. Per far passare la legge, infatti, si è ritenuto necessario cercare il voto di fiducia della maggioranza di governo rinunciando alla disciplina sulla adozioni, indigeribile per gli alleati dell’NCD – Matteo Renzi è il Primo Ministro di un governo di “larga coalizione” che si regge sullo strano asse Partito Democratico-Nuovo Centrodestra.

Ieri la legge è stata votata alla Camera dei Deputati, sempre con la fiducia. È passata con i voti favorevoli di Partito Democratico, Nuovo Centrodestra, Scelta Civica, SEL (che non supporta il Governo e nelle prossime elezioni amministrative spesso corre separata dal Pd) e pezzi sparsi di Forza Italia. Astenuto il Movimento 5 Stelle. Contrarie le destre “scettiche” tipo Lega Nord e Fratelli d’Italia. Tanto si è discusso in queste settimane su alcuni nodi cruciali che hanno portato questa legge alla sua attuale forma. Dalla mancanza di qualsiasi riferimento all’istituto della “famiglia” (non si parla di “famiglie omogenitoriali” ma di “specifica formazione sociale”) all’aver tolto l’obbligo di fedeltà, mossa simbolica che, secondo le opposizioni, discrimina chi attiva un’unione civile. Dalla questione dell’adozione alla polemica relativa all’utero in affitto, secondo cui introducendo la stepchild adoption la comunità LGBT avrebbe cominciato a comprare figli in provetta come se fossimo al supermarket. Chi segue l’attualità politica ricorderà il dibattito di questi mesi come uno dei più violenti e di basso livello della sua storia recente.

Secondo associazioni LGBT come Arcigay e Certi Diritti questa non è una legge perfetta e va intesa come un primo passo. L’umore che si percepisce è quello dell’argine che si è finalmente rotto. Lontani dai trionfalismi del Presidente del Consiglio e dal catastrofismo di chi pensa che oggi si sia votato un provvedimento inutile, bisognerà fare un lavoro per la piena uguaglianza. L’Europa produce ogni anno rapporti in cui viene monitorata la situazione dei diritti e l’Italia è sempre in posizioni non troppo lusinghiere. Grazie a giornate come ieri la rotta potrebbe invertirsi. Da ieri, infatti, due persone dello stesso sesso avranno garantiti il diritto alla reversibilità della pensione, il diritto all’eredità, all’assistenza morale e materiale (gli alimenti), il congedo matrimoniale, gli assegni familiari e il diritto a costruire una vita assieme. Per essere un inizio, poteva anche andare peggio.

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