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‘The Brexit is on the table’: è iniziato ufficialmente l’addio

Tra la sterlina che vacilla, negoziati col coltello fra i denti e la Scozia che grida vendetta, è iniziato il fatidico "Io esco" con cui il Regno Unito saluterà l'Europa, anche se la strada è ancora lunga...
Foto di Mike Kemp/In Pictures via Getty Images

Foto di Mike Kemp/In Pictures via Getty Images

Sono passati circa 280 giorni dal fatidico referendum con cui il popolo britannico affermò, senza se e senza ma, il proprio “Io esco“, dichiarando impetuoso la netta volontà di dire addio all’Unione Europea. Per cui, dopo mesi di speculazioni, è arrivato il momento di dare inizio ai saluti.

Infatti, previa l’approvazione del Parlamento Britannico, negli ultimissimi giorni la premier Theresa May ha ufficialmente avviato la procedura per l’uscita del paese dall’UE, firmando e consegnando a Donald Tusk la richiesta formale per avvalersi dell’ormai celebre Articolo 50 del Trattato di Lisbona, che in sostanza regola le procedure qualora uno stato membro dell’Unione decida di fare dietrofront.

Per cui, dopo la tanto attesa richiesta formale, l’appuntamento è fissato per il prossimo 29 aprile, quando i leader europei si riuniranno per iniziare a stabilire le linee guida dei negoziati – innanzitutto economici – in partenza a giugno in vista dell’addio che diventerà definitivo, presumibilmente, per la primavera del 2019. Nel frattempo a Londra saranno impegnati a varare disegni i legge interni che andranno a occupare il vuoto lasciato dalle normative comuni stabilite dall’Unione anche se, fra i tira e molla che andranno in scena nei prossimi anni, non è detto che verranno rispettati i tempi; in caso contrario la palla passerà all’Europa, cui verrà rimessa la decisione se prolungare i due anni concessi per i negoziati dall’Articolo 50.

Insomma, nei prossimi anni il governo britannico avrà un bel da fare, fra le trattative per nuovi accordi commerciali – che già si preannunciano con il coltello fra denti – senza dimenticare i grattacapi ‘interni’ relativi a chiarificare quale sarà lo status della vastità oceanica formata dai cittadini europei che lavorano o vivono in UK, e viceversa.

Si aggiunga poi che dalla Scozia è tornato alla carica il grido separatista: si ricordi, infatti, che la grande maggioranza degli scozzesi aveva risposto un secco “no grazie” alla proposta avanzata dal fronte del Leave. Non stupisce, quindi, che la proposta di un nuovo referendum per l’indipendenza avanzata dal primo ministro Nicola Sturgeon sia stata appoggiata dal parlamento in men che non si dica. Ironia della sorte, dato che la decisione di due anni e mezzo fa, quando gli scozzesi decisero di rimanere nel Regno Unito, fu dettata principalmente dalla paura che l’indipendenza sarebbe costata l’uscita dall’UE.

Ciliegina sulla torta, la svalutazione sempre più repentina della sterlina rispetto al dollaro americano, inevitabile data l’incertezza che regna sovrana sui destini dei mercati e degli accordi con l’Europa, anche se è ancora troppo presto per previsioni a lungo termine. C’è infatti chi, come Trump prevede l’inizio di “Make UK Great Again” mentre chi, come Junker, non è così ottimista a riguardo, tanto da tuonare con un minaccioso “rimpiangeranno la loro decisione”. Per il nostro Paolo Gentiloni, infine, per quanto dolorosa, la Brexit sarà un’occasione per dare la scossa ai cittadini europei, rinsaldare i valori di unità, i legami di fratellanza e chi più ne ha più ne metta.

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