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Taormina blindata per l’inizio del G7

Inizia oggi l'incontro fra i leader dei sette paesi più potenti al mondo, ma il rischio che si trasformi in un nulla di fatto è alto. La causa? le politiche ambientali e anti-immigrazione di Donald Trump
Foto di Sean Gallup/Getty Images

Foto di Sean Gallup/Getty Images

Una città trasformata in una roccaforte, tra strade deserte e controlli continui, con quasi diecimila uomini in allerta tra forze di polizia e militari, e il rumore degli elicotteri in perlustrazione che sovrasta il silenzio. A Taormina la tensione è altissima per l’inizio del G7, il meeting in cui oggi e domani si incontreranno i capi di stato e di governo dei sette paesi più ricchi e importanti al mondo.

Dopo l’ultimo incontro tenutosi nel maggio 2016 a Krün, in Baviera, i leader di Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Canada, Italia, Giappone e Germania arrivati nelle scorse ore in Sicilia discuteranno in sostanza di tre tematiche: innovazione, sostenibilità e sicurezza, ma sarà soprattutto quest’ultimo l’argomento su cui verterà principalmente l’attenzione, divenuto priorità assoluto soprattutto dopo quanto accaduto lunedì a Manchester.

La scelta di Taormina, infatti, era stata una decisione inizialmente voluta lo scorso luglio dall’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi che, spostando l’incontro del G7 dall’inizialmente designata Matera alla città siciliana, aveva inteso sottolineare la necessità che l’attenzione dei media mondiali rimanesse focalizzata sulla crisi dei migranti, in cui la Sicilia continua a detenere un ruolo centrale.

Molto probabile, tuttavia, che la discussione fra i capi di stato e di governo virerà in maniera decisa – e quasi esclusiva – verso la questione del terrorismo internazionale, data soprattutto la posizione di Donald Trump riguardo alla sostenibilità ambientale e all’immigrazione.

Infatti, che il meeting si trasformi in un confronto fra poli inconciliabili è un’ipotesi più che concreta e nessuno, in primo luogo Paolo Gentiloni, si augura che quello che è il primo G7 per cinque dei leader presenti sfoci in un nulla di fatto. Al centro delle preoccupazioni c’è soprattutto la politica protezionista voluta dalla nuova amministrazione della Casa Bianca, tra il neo-isolazionismo minacciato dal presidente – soprattutto riguardo al libero scambio – o le leggi anti-immigrazione dalla dubbia costituzionalità di cui Trump si è reso protagonista, tra muri al confine messicano e accessi bloccati a cittadini musulmani.

Lo stesso vale per l’argomento sostenibilità, soprattutto ambientale, data la netta volontà di Washington di allontanarsi dalle politiche ambientaliste fortemente cercate da Barack Obama nei suoi otto anni di presidenza, cui Donald Trump sta invece preferendo disegni che tornino a favorire le grandi aziende petrolifere e del carbone,  secondo il presidente condizione necessaria  per un immediato rilancio dell’industria statunitense.

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