La valanga repubblicana prende tutto, ma potrebbe non essere così facile | Rolling Stone Italia
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La valanga repubblicana prende tutto, ma potrebbe non essere così facile

Pur intascandosi Casa Bianca, Congresso e Senato, non è detto che i prossimi quattro anni saranno tutti rose e fiori per il nuovo Presidente degli Stati Uniti

La valanga repubblicana prende tutto, ma potrebbe non essere così facile

Donald Trump è il nuovo presidente degli Stati Uniti. Una valanga che ha sorpreso tutti. Un exploit che segna definitivamente la Storia. Non è solo un’elezione, è la definitiva delegittimazione di un modello politico in un sistema, quello americano, da sempre visto come un esempio di rispetto reciproco, democrazia e fair play. Al di là delle analisi politiche che avremo tutto il tempo di fare, dobbiamo considerare come questa valanga abbia coinciso con la vittoria totale del Partito Repubblicano. In questo caso, the winner took it all. Casa Bianca, Congresso e Senato. Una egemonia culturale che ha dello straordinario. Perché i repubblicani sono sempre stati forti anche quando non esprimevano il presidente (Barack Obama, ad esempio, ebbe nel congresso repubblicano un temibile avversario). Adesso, invece, siamo davanti alla ‘tempesta perfetta’. Trump sembra avere le condizioni di partenza ideali per portare avanti il suo programma, ma potrebbe anche essere un boomerang. Vediamo perché.

Come sapete, Donald Trump ha vinto le primarie repubblicane attestandosi come l’underdog. Il partito non lo vedeva di buon occhio e temeva che radicalizzare i toni a destra fosse una scelta suicida. Sbaragliando la concorrenza, l’imprenditore e star televisiva ha anche spostato l’intera bussola politica di un soggetto che, pur conservatore, manteneva una vocazione ‘governista’ e ‘di sistema’. Trump ha fatto saltare l’asse, andando se possibile ancora più in là di quanto già aveva cercato di fare John McCain (che pure non ha votato per Trump) portando come candidata vice-presidente nel 2008 Sarah Palin, allora governatrice dell’Alaska e paladina di quella che di lì a poco sarebbe diventato il movimento del Tea Party, l’ultra-destra ultra-conservatrice il cui programma politico si poteva riassumere in “Dio, patria e famiglia”. Secondo alcune recenti analisi del voto, la vittoria di Trump è stata la vittoria dell’America profonda, della alt-right fuori da qualsiasi radar classico.

Le sparate di Trump, durante la campagna elettorale, hanno provocato imbarazzo tra i membri del partito. Soprattutto quelli più legati a un’idea tradizionale di politica. Man mano che l’Election Day si avvicinava, sempre più esponenti del GOP (Grand Old Party) hanno preso le distanze da Trump. Addirittura l’ex presidente George W. Bush, lo stupid white man di Michael Moore, ha dichiarato che non avrebbe votato per lui. Il dato, però, esiste: l’elettorato repubblicano si è spostato a destra. E nonostante questa destra abbia conquistato praticamente tutto quello che c’era da conquistare, molti dei senatori e deputati eletti fanno parte di quella vecchia ‘nomenkaltura’ che temeva l’ascesa del tycoon.

Se Casa Bianca, Camera e Senato sono tutte in mano al partito repubblicano questo può far pensare a un primo periodo di amministrazione in preda alla ‘rivincita’ dopo otto anni di amministrazione Obama, da sempre tacciata di socialismo per aver – orrore! – attaccato la libertà personale degli americani con riforme quasi ‘comuniste’ come quella del sistema sanitario. Una luna di miele interna che da sempre caratterizza le destre di tutto il mondo: quando si governa, si governa compatti (a riguardo sarebbe interessante rileggersi le tesi di George Lakoff contenute in Non pensare all’elefante). Ma è anche vero che, nonostante nel discorso della vittoria The Donald abbia mostrato dei toni leggermente più distesi rispetto alla ‘guerra’ elettorale, il partito repubblicano si dovrà preoccupare di arginare le sparate del suo presidente, visto quasi come un corpo esterno, una sorta di “indipendente” dentro il partito, il vero maverick.

Adesso per Trump comincia la partita vera, quella più difficile, quella che distrugge tutte le principali velleità e carriere dei grandi innovatori e rottamatori. Il governo. L’esercizio dello stato. Un lavoro logorante e quotidiano che si basa tutto su rapporti di forza e bilanciamenti interni. Quando guadate House of Cards dovete ricordarvi che siete davanti a una serie televisiva sostanzialmente realistica. Puoi far saltare il tavolo finché vuoi e avere i cittadini dalla tua parte, ma quando si vota con il calcolo politico, la sorpresa è sempre dietro l’angolo. Trump ha delle condizioni favorevoli, ma ha anche un partito che aspetta solo un suo passo falso per ritornare all’equilibrio di sempre e al suo status quo. Avere tutto dalla sua parte potrà essere un boomerang. La politica, si sa, non perdona praticamente mai.