Il referendum Brexit: cos'è, chi lo vuole e chi no | Rolling Stone Italia
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Il referendum Brexit: cos’è, chi lo vuole e chi no

Elton John, Victoria e David Beckham vogliono restare in Europa, Roger Daltrey degli Who e John Cleese dei Monty Python invece no. E poi ci sono gli indecisi come Noel Gallagher

Il referendum Brexit: cos'è, chi lo vuole e chi no

Il referendum Brexit: cos'è, chi lo vuole e chi no

Oggi 47 milioni di cittadini britannici sono chiamati alle urne per esprimersi sulla Brexit, il fondamentale quesito per restare o meno uno stato membro dell’Unione Europea. Non si decide solo il futuro del Regno Unito, ma di tutto il continente. Concedendo il referendum, David Cameron – che pure voterà per restare – ha di fatto già delegittimato il “progetto europeo”. Anche qualora dovesse vincere il fronte di chi vuole restare (dai recenti sondaggi dati in lieve maggioranza). Da domani, infatti, ogni paese potrà indire un referendum sulla permanenza o meno nel consesso dei 28 di Bruxelles.

Quello su cui si vota è un “patto di fiducia”. Chi vota per il remain decide di sposare il progetto politico europeo e, magari, rilanciarlo. Chi vota per l’exit non sa a cosa andrà incontro se non un pur vago “nuovo giorno dell’indipendenza” (come hanno dichiarato sia Boris Johnson, ex sindaco di Londra e coltissimo storico, sia Nigel Farage, il capo della formazione di euroscettici di destra UKIP, che a Bruxelles fa politica assieme al Movimento 5 Stelle). Quando è stata costruita l’Unione Europea non sono stati previsti meccanismi per l’uscita. È stato un tema molto dibattuto ai tempi della discussione sull’uscita o meno della Grecia (il potentissimo ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble aveva addirittura aperto alla possibilità di un’uscita a tempo per 5 anni: una sorta di squalifica) e spesso anche in Italia se ne parla, soprattutto dalle parti di chi sostiene sia necessario un ritorno alla Lira e alla sovranità monetaria. Nessuno sa cosa possa succedere ed è il motivo per cui sia le campagne per restare, sia quelle per andare sono state incentrate sul sentimento, sull’empatia e sul concetto di “paura”. Paura dell’ignoto per chi vuole restare, paura per la limitazione della libertà per chi vuole andarsene.

Una vicenda isterica dove gli inglesi hanno perso il loro proverbiale aplomb. Colpi sotto la cintura, scorrettezze, minacce fino ad arrivare al tragico omicidio di Jo Cox, deputata di sinistra uccisa da uno squilibrato all’urlo di «Britain First». Una guerra quasi identitaria che ha visto un intero partito – il Labour di Jeremy Corbyn e del neo-sindaco di Londra Sadiq Kahn – riscoprire una vocazione europeista e socialista (potremmo quasi dire internazionalista) anche nelle ragioni del “sì” (per un’Europa più forte, che combatta per l’uguaglianza) e non è un caso che il principale giornale progressista, il Guardian, sia tra quelli più apertamente esposti alle ragioni del remain. È una sfida tra il “sopra” e il “sotto”. L’Europa infatti viene vista, anche dall’Inghilterra – che, ricordiamolo sempre, non è solo la Londra che raggiungiamo comodamente coi low cost – come un moloch liberticida che pone lacci e lacciuoli, che impedisce la crescita smisurata e tarpa le ali alle ambizioni dei singoli dando norme su faccende come l’inquinamento, l’ambiente e la regolamentazione finanziaria (tra l’altro l’Inghilterra ha già accordi particolari su determinati temi e non ha voluto rinunciare alla potentissima sterlina). Il “popolo”, infatti, sembra supportare le ragioni della Brexit (e lo si vede anche sui giornali: il Sun ad esempio è un convinto sostenitore del leave): le vittime – reali o percepite – delle disuguaglianze sono naturalmente spinte a cercare un capro espiatorio e l’Europa, in questo, è il bersaglio perfetto (e ne sappiamo qualcosa anche in Italia considerando la retorica anti-europeista di 5s e Lega Nord). I sondaggi ci raccontano un paese diviso in due. 50-50. Una sfida all’ultimo volto per un risultato che non si conosce. Si è andati all-in senza sapere che cosa ha in mano quello davanti a noi.

Non ci resta che stare a guardare. Intanto le personalità inglesi hanno preso posizione. A partire dai Portishead che hanno messo una frase di Jo Cox nel video della cover di SOS, sul fronte del remain possiamo contare Benedict Cumberbatch. Avete ancora dubbi da che parte stare? Ecco allora Ian McKellen, J.K. Rowling, David Beckham, Idris Elba, Jude Law e Elton John, Stephen Hawking (che è l’uomo più intelligente del mondo, eh), Billy Nighy, Cara Delevingne, Keira Knightley e Lily Allen. Per quanto riguarda il fronte leave piange il cuore a vedere Michael Caine, Roger Daltrey degli Who e John Cleese dei Monty Python (forse è una gag e non ce ne siamo accorti). Poi c’è anche gente come Sol Campbell, Liz Hurley, Joan Collins e Vladimir Putin (sì, ok, non vota, ma Obama sta dall’altra parte) oltre a David Icke, quello dei rettiliani e Bernie Ecclestone. Tra gli indecisi/non parlano Noel Gallagher, che al momento ha detto che Brexit sembra il nome di una marca di cereali.

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