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Il porno sta rendendo i giovani impotenti?

Sono migliaia i casi di giovani con disfunzioni erettili attribuite al consumo di porno online. La comunità scientifica, però, è scettica

Foto IPA

È un pomeriggio di marzo e Tony, 27 anni, sta accedendo a PornHub per masturbarsi, come fa sempre tornato a casa da lavoro. Si è appena lasciato con la ragazza, e per riempire il tempo guarda un sacco di porno, «anche diverse ore al giorno, soprattutto per noia». Questa volta, però, non riesce ad avere un’erezione. Ci ha riprovato il giorno dopo, poi quello ancora. Niente. «Tutto è cambiato nel giro di una notte», ha detto.

Tony, il nome è fittizio per ragioni di privacy, si è rivolto a diversi dottori (anche a uno specialista), e nessuno è riuscito a dare un senso alla sua situazione. Hanno verificato i suoi livelli di testosterone, e non hanno trovato nessun problema. «Era chiaro, le mie disfunzioni non erano provocate da qualche trauma socio-economico-emotivo o da una patologia», dice. «Sono un giovane uomo in salute, e sono anche felice».

Uno dei dottori gli ha prescritto il Viagra, e neanche quello ha funzionato: il farmaco ha effetto se c’è un principio di erezione, e la sua situazione era ben più complicata. Tony, allora, si è messo a cercare su Google. Ha trovato Reboot Nation, un sito creato da un bel texano dagli occhi blu, il 29enne Gabe Deem. Attraverso una serie di video, Deem racconta una storia molto simile alla sua: un giorno si è ritrovato incapace di eccitarsi, e con il tempo si è convinto che la causa scatenante fosse il porno online. Ha creato il suo sito per aiutare chi soffre dello stesso problema e offrire la sua soluzione: astinenza totale dal porno online, un “reset” dei cervelli di chi ne vede troppo e troppo spesso.

Per Tony è stato un momento-eureka. «Ho scoperto che il porno faceva male al mio cervello», dice. «Mi sentivo come una gomma consumata».

Quello che Tony, Deem e altre centinaia di giovani online si sono diagnosticati è una sindrome che chiamano disfunzione erettile da pornografia (PIED è l’acronimo inglese). La malattia non è in nessun manuale diagnostico, e non ci sono studi comprensivi sull’argomento. Molti giovani, però, sono convinti di soffrirne e si rivolgono a siti come Reboot Nation – 10,000 utenti unici al mese – per cercare aiuto. Hanno tutti una cosa in comune: guardano tonnellate di porno online.

«Lo sanno tutti che un teenager si eccita anche con un soffio di vento», spiega Deem, «ora ci sono 14enni che non riescono a farselo venire duro di fronte a una ragazza nuda». Il porno, però, è in giro dall’alba dei tempi: all’inizio erano quadri, poi film muti di pompini… perché il problema si presenta solo adesso? La chiave è l’accessibilità: siti come PornHub sono a portata di smartphone e offrono contenuti davvero di tutti i tipi. Per molti adolescenti è un miracolo, per alcuni, come Deem, un disastro.

«Il porno online non è Playboy», mi dice. «Se voglio posso vedere 10,000 ragazze che succhiano cazzi tutto il giorno… Il porno online offre novità costanti, è diverso da tutto quello che c’era prima». I problemi di Deem sono arrivati nel pieno dei suoi vent’anni. Era sessualmente attivo da parecchio, e da un giorno all’altro si è ritrovato di fronte all’amara verità: niente porno online, niente erezione. «Mi sentivo un 90enne».

Si è messo a cercare informazioni sulla porn addiction. Ha trovati studi sull’eccesso di dopamina, paragoni tra tossici e porno-dipendenti e tutto il resto, soprattutto il famoso Ted Talk di Gary Wilson, Your Brain on Porn, dove si spiega come un cervello che produce tanta dopamina tende a stancarsi, rendendo necessari stimoli più frequenti e più intensi.

Se un ragazzo si masturba troppo spesso, dice Wilson nel video, il suo cervello cambia e lo porta a cercare «contenuti più hardcore e aggressivi, estremi, anche lontani dal suo orientamento sessuale». La soluzione? Smettere di masturbarsi con il porno, così da “invertire il gusto” e tornare alla normalità. Così ha fatto Deem, si è “resettato”. Dopo nove mesi di astinenza è riuscito di nuovo ad avere un rapporto sessuale. L’anno successivo ha lanciato il suo sito, così da poter aiutare i giovani in una situazione simile. «Ho parlato con ragazzi con pensieri suicidi, gente che va da dottori incapaci di aiutarli», mi ha detto. «Tutti parlano di ansia, ma il problema è completamente diverso».

Facciamo chiarezza. Non esiste nessun consenso scientifico attorno all’affermazione “il consumo di porno causa disfunzioni erettili”. Qualcuno parla di disfunzioni erettili psicogene – disfunzioni senza cause fisiologiche – e la teoria è sempre più in voga nella comunità scientifica. Secondo uno studio del 2013 del Journal of Sexual Medicine, un paziente su quattro che soffre di disfunzioni erettili ha meno di 40 anni: un risultato sorprendente per un problema che tutti associamo agli over 60.

«Ho visto un drastico aumento delle disfunzioni tra i giovani, soprattutto negli ultimi due o tre anni», spiega la terapista del sesso Vanessa Marin. «I miei clienti-tipo ringiovaniscono a ritmo costante». Un articolo di Vanity Fair USA del 2015 (a proposito delle dating apps) proponeva una serie di testimonianze di donne, tutte sullo stesso tono. «Se uno non riesce a farselo venire duro», ha detto una delle intervistate, «e ti devo dire che succede spesso, sembra la fine del mondo, sono disperati».

Il trend è stato spiegato in mille modi diversi: per alcuni è colpa del cibo industriale, per altri della droga e davvero ce n’è per tutti i gusti. Il porno è citato sempre più spesso ed è da qui che nasce la sindrome di cui parlano Deem e gli altri, teorizzata per la prima volta dal Dr. Abraham Morgentaler, un professore di urologia di Harvard. In generale, la ragione per cui il porno è così spesso legato a questo tipo di problemi è sociale: c’è un panico morale attorno al tema, la nostra è una società puritana e il porno è stato usato come spiegazione per praticamente qualsiasi cosa, dall’aumento dei divorzi fino alla fine della carriera politica di Anthony Weiner. Questo però non significa che le storie di questi ragazzi vadano ignorate. «È più facile incolpare il porno», dice il Dr. Shusterman, un urologo di New York. «È più facile trovare un capro espiatorio che affrontare il vero problema».

«C’è un processo di desensibilizzazione, e ho avuto difficoltà a eccitarmi di fronte a una donna», dice Noah Church, un pompiere 27enne attivista del circuito anti-pornografia. «Ero così abituato a cliccare video su video, in qualsiasi momento». «Da 10 a 23 anni non ho mai pianto», dice l’attivista, «e mi sentivo annebbiato da tutti quei video». Il porno, per Church, era un problema sia sessuale che emotivo. «Vivevo in una realtà grigia», mi dice con la voce spezzata. «Ora invece mi sembra di sentire tutto più intensamente».

Deem non è un terapista (si considera “laureato all’Università di Google”), così come non lo sono gran parte di quelli che credono nel teorema della dipendenza da porno. Anche il Ted Talk di Gary Wilson contiene un disclaimer di un certo peso: “Questo panel contiene diverse affermazioni sulla masturbazione che non hanno base scientifica o accademica. Questo video non è adatto a chi cerca un consulto medico”.

La maggior parte dei professionisti della terapia del sesso ha una posizione a dir poco scettica: Ian Kerner, un dottore che tratta decine di casi del genere all’anno, sostiene che il collegamento tra disfunzioni e porno è più correlativo che causale. «Non credo che il porno causi disfunzioni erettili, penso che sia uno dei tanti fattori», dice Kerner citando l’ansia, la vergogna e problemi di intimità, la maggior parte causati dall’esplosione delle dating apps. «Quello che c’è sotto non è il porno o la masturbazione, è il modo in cui i giovani trattano le relazioni e l’ansia che vivono durante quelle esperienze».

Shustermann, l’urologo, sostiene che chi si auto-diagnostica la sindrome sta vivendo una specie di loop: non riescono a fare sesso, consumano più porno e lo incolpano quando non riescono a soddisfare il partner. «Tutti ce l’hanno con il porno, ma è nato prima l’uovo o la gallina?», dice. «Magari sono le disfunzioni che causano il consumo eccessivo, e non il contrario». Nicole Prause, una neuroscienziata che ha studiato gli effetti del porno sul cervello per anni, è altrettanto scettica. «Ti può condizionare tanto quanto l’utilizzo continuo dello stesso vibratore o la ripetizione di una stessa pratica sessuale per lunghi periodi», spiega citando tre studi indipendenti. «Non c’è nessuna ragione scientifica a sostegno di posizioni diverse da questa». La dottoressa è particolarmente critica verso siti come Reboot Nation e il subreddit r/NoFap, sostiene che siano solo dei catalizzatori per l’ansia. «Penso che sia orribile sfruttare la paura dei giovani, terrorizzarli dicendo che hanno rovinato il loro corpo o la loro vita sessuale», dice.

Certo, non ci sono prove scientifiche che spiegano la disfunzione causata da consumo di porno, ma ci sono tantissimi uomini in difficoltà, migliaia di persone che si rivolgono a Reboot Nation e similari. La loro condizione li fa soffrire, non importa quale sia la spiegazione medica. «Nessuno ha mai affrontato il tema del consumo sano del porno», dice Marin, la terapista del sesso, «è normale che nessuno sappia quale sia il modo giusto per affrontare la cosa. Nel mio lavoro vedo tanti giovani che trattano il porno in maniera pericolosa, hanno difficoltà a gestire la loro sessualità».

Tony, da parte sua, sta ancora combattendo nonostante i vari “reset” (il più lungo è durato 75 giorni). Quando può usa il Viagra, ma lo considera «una stampella. L’osso è ancora rotto, e la stampella mi aiuta a camminare. Ma non posso usarla per sempre». Ha ragione, ma forse il problema non è la gamba.

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